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mercoledì 1 luglio 2020

GIUSY FRISINA LEGGE: "NON E' UN CASO" DI JACOPO CHIOSTRI


RECENSIONE A “NON E’ UN CASO” DI JACOPO CHIOSTRI


Che cosa sono le coincidenze significative? Quand’è che la spiegazione causale non basta ma si introduce qualcosa di inspiegabile tra un evento e l’altro, che banalmente chiamiamo “caso”?
In questo intrigante romanzo, l’ultimo arrivato del prolifico scrittore Jacopo Chiostri, si introduce qualcosa di insolito, che forse per la prima volta salta all’occhio delle sue indagini. La parola chiave è “sincronicità” e ogni tanto sembra richiamare alla memoria dell’inesauribile commissario Gennaro, uno strano discorso che distrattamente aveva fatto col suo predecessore a capo della squadra mobile De Fortis.  Di ciò in seguito gli chiederà ragguagli, impressionato dalla curiosa connessione tra gli eventi che tracciano la vicenda su cui sta indagando, dove una giovane rom scompare durante un furto col fratello in una villa, dopo aver rubato un cofanetto con dentro una pistola che poi si scopre essere stata usata per uccidere a Torino un restauratore di quadri antichi. Di mezzo c’è anche un oscuro pittore ucciso a Firenze mentre cerca di mettere in salvo un misterioso quadro. Si scopre poi che lo stesso quadro si trovava proprio nella villa dove è scomparsa la ragazzina, di proprietà di un famoso medico fiorentino il cui segretario si occupa di acquistare opere d’arte la sua collezione privata. Oltretutto il quadro in questione sembra avere il dono dell’ubiquità fino a che non si scopre … ma non dico assolutamente altro, per non preoccupare i lettori, perché il libro è pieno di intrecci e suspense tipiche del miglior giallo che si rispetti e merita il coinvolgimento totale. Ma, al solito, per il genio di Jacopo Chiostri il libro non è solo questo. Infatti c’è qui un altro racconto dell’esperienza d’anima del commissario, reduce dal bellissimo Hash Md5, dove la condanna della banalità del male si mescolava, in una atmosfera quanto mai surreale, con l’umana compassione per la paradossale disturbata natura dei personaggi. Qui invece si apre la prospettiva di un misterioso senso che lo stesso Gennaro non riesce bene a decifrare, ma che lo guida quasi magicamente ad una… “interiore” soluzione del caso. E per la prima volta Gennaro comincia a pensare che ci sia un legame tra le cose o forse anche un messaggio nascosto che guida la ricerca della verità.
E succede che con la sincronicità degli eventi, con le coincidenze non casuali attraverso cui tutta la vicenda si dipana, ci si muove come su di un’onda che all’improvviso si trasforma in particella, per poi diventare ancora un’onda, e come materia e spirito i fenomeni si alternino e si intreccino , come l’oggetto e il soggetto, o il fatto e la sua interpretazione.
E come nella fisica quantistica vale il principio di indeterminazione di Heisemberg: perché niente si può sapere con assoluta certezza, ma con un certo grado di approssimazione si può immaginare come siano andate le cose, e qui l’intuizione di Gennaro gioca un ruolo fondamentale, molto di più che la concatenazione di cause ed effetti che di solito sembra prevalere nella logica razionale delle indagini. E “non è un caso” che qui entrino anche in gioco i sentimenti di chi indaga.
Succede anche che diversi dei personaggi implicati nella vicenda via via vengano uccisi, per una sorta di nemesi che la giustizia terrena non può che constatare stupita…ed è come se il male, muovendosi tra le più basse e le più alte sfere, si mostri come una drammatica lotta per la sopravvivenza che si capovolge infine in una macabra danza di morte. E qui il pessimismo del commissario -  e dello scrittore che vive profondamente nel personaggio - non può che essere esasperato. Ma intanto il cuore batte di preoccupazione per Lucica, la ragazzina rom, e per quello sguardo intenso del padre di lei che prega con un mesto sorriso senza parole, e per quella povera madre, insieme forte e fragile che non riesce, con tutta la sua intransigenza, ad impedire ai figli di andare a rubare, costretti dalle condizioni di miseria in cui la famiglia vive.  Gennaro spera fino all’ultimo di ritrovare la ragazza, con la paterna complicità di chi non ha figli ma sa vivere con tutta la sua sensibilità l’angoscia di quella famiglia, in fondo brava gente, pensa, diversamente dal potente onorevole di turno implicato nella vicenda. E dalla più larga piega del risvolto umano e sentimentale emerge anche un piccolo ma significativo risvolto di denuncia, nell’implicita riflessione su una società squilibrata dove la legge non riesce davvero ad essere uguale per tutti. E non basta a risolvere il problema la pur grande serietà e umanità di qualcuno. Un’umanità, quella di Gennaro, che va ben oltre lo spirito di legalità a cui lo obbliga il suo ruolo e che trasmette ancora una volta commozione, mentre indirettamente ci rivela il pensiero dell’autore su ciò che davvero conta nelle nostre vite.
                                                                                                 Giusy Frisina

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