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domenica 20 settembre 2020

PREMIO AECLANUM, XXXVIII EDIZIONE, RISULTATI

 PREMIO NAZIONALE DI POESIA AECLANUM XXXVIII Edizione

 

Grazie al Covid-19 silenziosi sono i giorni dedicati al rito del grano in Irpinia. Disdetti voli e traversate per ritrovarsi ai piedi dell’Obelisco di paglia di Mirabella Eclano, non resta che ripercorrere con la mente il festoso ringraziamento al termine della stagione estiva, un omaggio alla dea Cerere, sostituita dalla Madonna Addolorata che protegge i suoi devoti figli. Era consuetudine per l’Associazione Culturale “Linea Eclanese”, legare a questo evento la manifestazione del Premio Nazionale di Poesia Aeclanum, svoltosi per decenni il venerdì prima della grande tirata, ultimamente il sabato della settimana precedente. Ai poeti, accorsi da tutta Italia per ritirare l’ambito premio, la scoperta di una tradizione millenaria lasciava un ricordo indelebile, spesso annotato nei versi di commiato. Un appuntamento che quest’anno si svolge idealmente e a distanza sul filo di internet, che non vede sul palco del Teatro Comunale di Mirabella i volti commossi ed entusiasti di giurati di fama nazionale, né in prima fila poeti che da varie regioni approdano nella verde Irpinia. In nome della poesia che vince le distanze, è doveroso, però, comunicare i vincitori del Premio della XXXVIII Edizione, con l’augurio di riabbracciarsi in presenza il prossimo anno. La Giuria di Merito, presieduta dall’Esimio Prof. Nazario Pardini, Ordinario di Lingua e Letteratura Italiana di Pisa, il Vice Presidente Prof. Antonio Crecchia, Poeta ,Scrittore, Saggista, Critico letterario, il Prof. Mario Iarrobino, Critico letterario, il Prof. Carmelo Consoli, Poeta, Critico Letterario, Presidente della Camerata dei Poeti di Firenze; Prof. Gerardino d’Errico Professore di Chimica fisica Università degli Studi di Napoli Federico II ha stilato la graduatoria dei vincitori. Per la 

sez. A -Poesia Edita primo Premio “Giuseppe Giacalone” a Lorenzo Spurio: Tra gli aranci e la menta, da Jesi (AN), Secondo premio a Pasqualino Cinnirella: Boati dal profondo , da Caltagirone (CT), Terzo premio a Giannicola Ceccarossi:Voci ,da Roma

Per la sez. B - Poesia inedita: Primo Premio a Pasquale Balestriere da Barano d’Ischia, Secondo Premio ad Antonio Lonardo da Modica, Terzo Premio ad Antonio Vitolo da Olevano sul Tusciano (SA)

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Il Premio alla Cultura “Pasquale Martiniello” è idealmente assegnato a tutti coloro che hanno combattuto e combattono contro il Covid -19.

Le note critiche sono state stilate dalla Dirigente Scolastica Prof.ssa Luisa Martiniello per la sezione Poesia edita e dalla Dott.ssa Antonella De Caro per la Poesia inedita.

Note critiche

Primo Premio Sez. Libro edito

Lorenzo Spurio: Tra gli aranci e la menta, Recitativo dell’assenza per Federico Garcìa Lorca, Collana L’Appello, 2020

Non un recitativo dell’assenza, ma un poema che fa riaffiorare alla memoria suoni, umori, colori del mai dimenticato Lorca e tanto più in occasione della ricorrenza degli 80 anni dal suo assassinio.

Accomuna Lorca e Spurio il panismo esistenziale, la concretizzazione degli stati d’animo, la coscienza del tempus fugit oraziona, il credo nel messaggio etico- civile, una parola multi-corde, l’amore nelle varie sfaccettature, la musicalità del verso.

Undici componimenti ripercorrono la tragica fine di una mariposa sul ciglio sdentato di un fosso, che a stento provò il volo ma cadde e ricadde. Nella ripetizione del verbo lo strazio della vittima dinnanzi a maldestri assassini. Con l’uso della personificazione a seguito di una climax discendente più crudo il gesto: Allora i proclami, gli incarichi e le armi/le divise marroni, le folgori acuminate/e

la libertà dissanguata. Gli occhi, stinti per sempre/…/le palpebre impantanate di rena e di miseria/…// e di seguito il disprezzo e la perdita secolare di voce.

Colpa del poeta mostrare la faccia della Spagna, cantare la Sierra, dare voce alle romance e ballate popolari, dichiarare apertamente l’avversione verso le posizioni di estremismo nazionalistico, tipiche di quella destra che prenderà da lì a poco il potere, instaurando la dittatura, ed eccolo indicato nel crocevia della paura, preda di mani che trascinano con sprezzo, brandito, condotto alla morte. Significativi la fissità del sole, la polvere densa delle buche scavate, i pozzi che si disseccano, umanizzati nell’ impietrirsi per l’efferatezza della parola violata. Un quadro impressionista che fa sbocciare sul volto di Lorca un sorriso di gigli.

Una via crucis nella terza lirica, ricalcati i gesti dalle azioni dei verbi al passato: ti trassero, ti condussero, tale era la pericolosità del suo pensiero da imporre un bavaglio intriso di prussiato e il poeta è figurato come una preda, dalla tana ti trassero… /.../ti condussero alla rocca del vescovo scordato. Non gli uomini, ma le piante, i fiori cantati e resi perenni dalle poesie di Lorca sono spettatori di quel giorno, le piante … hanno smesso di parlare/…//…i rami superbi imposero il silenzio. Ammutoliti dinnanzi all’ennesimo sacrificio di innocenti, quel sacrificio continua a perpetrarsi ogni volta che il potere malevolo acquisisce il diritto di stroncare gli oppositori politici, anche se non imbracciano armi. L’arma della parola fa paura più del fuoco, ma ha ali forti.

La preghiera di Spurio al poeta è di alzare per noi, che non è un plurale maiestatis, le rocce a scovar gli scorpioni e/ far sì che la luna rinnovi il solletico della mente!

La lirica Non lontano dal limoneto testimonia il metamorfismo panico: è inutile cercare il luogo della sua sepoltura, rimestare le zolle alla ricerca dei suoi resti, diventati linfa vitale della natura, egli è vivo nei suoi versi. Le foglie dell’acero gli serrano la vista da ciò che perdura e accade e quindi l’invito: Non recidete rose né stropicciate le felci per me, /i miei più cari amici, e non arrecare noia al dispetto/delle lucertole che ricercano antro in me. / Non soggiorno la terra di roccia né le zolle/ non ho imparentato le mie cellule con la polvere/ ma con fremiti verdi, ansiti amari e lucori silvani. /...//Nella lotta della parola io persisto…/

Luisa Martiniello

 

Secondo Premio Sez. Libro edito

Pasqualino Cinnirella: Boati dal profondo, The Writer Edizioni, (CS),2018

Alla memoria risalgono, gorgogliando lievi in bolle di vetro i ricordi, in ognuna un suono, un colore, un profumo, uno spiraglio di luce, che con mani di bambino, ora che si è piegati al grigio degli eventi, si possono mirare con quello stato d’animo che si sofferma tra il sorriso e il pianto e offerte al lettore, perché le faccia proprie anche queste sue sofferte, vissute, intensità emozionali. Un lascito di eredità affettive che calde, ancora, fanno sentire le gocciole sudore/sangue dalla fronte del padre, calato sulla vanga ,cantando ai muli all’aratro, per lui che tra una pazza corsa e una fatica-giuoco / si insaccava di sole e ora reitera il testimone per quei figli che sono senza piume ancora nelle ascelle ,perché sappiano il giogo che li attende: il giogo della vita con le sue fatiche e disillusioni, tanto che nella scalata si sente beduino smarrito/nel caos della metropoli. I dettami della vita sciorinati a sera dal padre con la schiena adagiata allo stipite dell’uscio sono il lievito del giorno: Ama la vita, mi diceva, tutti e tutto, /la famiglia è sacra, tanti amici onore, /il lavoro una benedizione e totale deve essere /il sacrificio per il tuo domani, per la casa e i figli. Punto punto

fermo per arrestare anche il nero delle ombre tra le siepi il canto, le nenie della madre. Nelle vene le radici di quelle spighe col capo basso al vento della piana e nell’eloquio la metafora pronta, la sintesi di un tramandare tipico della cultura orale, intessuta di associazioni, sinestesie, allitterazioni: tante, le volte in solitudine/a chiedermi il conto che sbilancia/come stadera starata in difetto/che più il debito assomma. L’inno alla vita si coglie, come la coglieva il padre di mio padre, nella gemma che divarica la scorza, nel verso di pascoliano riverbero: pigola di nidi il ramo fiorito. Non manca il tormento per il boato che lasciò sangue raggrumato nella conca di Palermo il 23 maggio 1992, il pianto per la terra dalmata, la presa d’atto che solo Caino si rinnova/per rendere ancora vano / quel grido d’amore similare che unisce Golgota e Calcutta. Il poeta che si dipana tra idealità e cruda realtà non ignora che la precarietà e l’inganno,/l’essere mendace e la violenza/sono e rimangono connotati di sopravvivenza ed emblematico il suo approdo sicuro, fermo come solo la fede dei padri insegna e tanto più icastica la riscrittura del “Pater Noster del 3° millennio” ,a monito di altri boati: abbiamo chiuso Tuo figlio a più mandate/nelle chiese vuote a al buio ,/…//liberi di fare - nostra mala volontà//…//il pane è impastato col sale dell’egoismo/e acqua inquinata d’indifferenza.

Luisa Martiniello

 

Terzo Premio Sez. Libro edito

Giannicola Ceccarossi: Voci, Ibskos-Uliveri, Empoli (FI),2018

Voci memoriali, voci ci accompagnano e riportano echi di incantesimi. Cosa è cambiato intanto: l’atteggiamento rispetto al senso del tempo, al valore del vicino, alla funzione benefica della sana pioggia sulla terra e il poeta si chiede cosa è rimasto nel cuore, traditi il grido di risentimento, le braccia innalzate in attesa di risposte e lasciato rinverdire l’indifferenza che bandisce i sogni di un’epoca. Quanti Orfeo incontriamo sulla nostra strada/ che offre solo dolore e morte? L’invito perentorio è ascoltare il fleto dei padri e delle madri, non attendere nel sanare le ferite, ma dannati dall’idea per essa dare voce acuta e dare amore agli invisibili. Non rinunciare alla libertà è il monito, la zattera da affidare alle onde che vada alla ricerca del cuore smarrito nelle rughe della storia, che ha visto innalzare muri. Un invito risuona per i figli: lottate per le vostre intuizioni/sarete così liberi di piangere dormire /entusiasmarvi esprimervi vivere! E’ l’invito a porgere lo sguardo a bambini indifesi, la mano per evitare quella morte in fondo al mare. Lo sconforto si concretizza ne la polvere ci chiude la bocca e gli occhi, nel silenzio sempre più cupo, che deve essere rotto dalle voci di entusiasmo della gente comune/del bambino che sorride e gioca/ delle madri che proteggono e ci ricordano. Non si può restare come vetro incolore dinnanzi alla voce dello sgomento, bisogna colmare quei rumori che ci hanno diviso, far lievitare l’amore che riunisca le fedi e non faccia avere più paura della grandine, annientare il caos di guerre e morti.

La forza è nella voce dei padri, eredità trasmessa ai figli, che giovani di un tempo non tradito si scoprono vulnerabili in un mondo travagliato disumano bugiardo intollerante cieco ed ecco l’importanza di essere vento che insegue le nuvole, fuoco che sprigiona colori e lapilli, aria che ci farà respirare un mondo nuovo, cuore ,tutti elementi che hanno insito un suono che varia e sottende alle azioni volte a superare i solchi bui e profondi della storia anche attuale, a recuperare il canto che inneggi alla brezza del giorno ,alla giovinezza delle idee da concretizzare in una rinascita d’umanesimo.

Ci saranno bagliori e spari, cadranno ancora sul selciato parole e mani, ma la voce non si piegherà come betulla al vento, alle piogge vigliacche che chiedono morte. Non si può essere schiavi di lugubri poteri, non si può solo gridare il dolore, vedere scorrere sangue, soffocare lo sdegno, volgere altrove lo sguardo, necessita una rugiada ristoratrice dell’ animo, che riporti il coraggio di sorridere e di amare e di far rifulgere la voce della preghiera per quel Dio di tutti gli uomini/ che di colpo appaia nelle nostre vite indicandoci/ finalmente il cammino della pace. Il poeta si fa aedo e si fa voce che riverbera e scuote.

Luisa Martiniello

 

Pasquale Balestriere

I Premio Silloge inedita

Un colloquiale riscontro di pensieri tra due poeti: Pasquale e l’amica Carla, uno scambievole concordare che con barricati affetti si ravviva la fiamma ora che l’inverno dei giorni bussa alle soglie del cuore e ai nivei capelli, ma in tasca in una climax ascendente ci sono semi forza e ardore ancora da mettere in campo fiduciosi. Bisogna scacciare, Orazio docet, i pensieri tetri, gustare un vino/ che freme al fuoco di sarcìne secche, giacché costa troppo il tempo e vale la pena giocarsi tutto fino all’ultimo dado per continuare ad andare sin che si può per le strade di un sogno detto vita. Meglio affidarsi al tempo della vita, finché la sorte busserà alla porta e riavvolgere la pellicola dei ricordi, anche se con passo stanco.

Antonella De Caro


Antonio Lonardo 

I I Premio Silloge inedita

“L’ assoluto silenzio di ogni dove” viene lacerato dai pensieri del poeta che immortala attimi di paura angoscia. Il vuoto non rappresenta solo l’assenza apparente delle persone nelle città, ma il vuoto interiore delle anime, che non possono toccarsi, abbracciarsi, baciarsi. L’unica certezza è il timore del contagio. Anche le lacrime sono inconsolabili per l’assenza di un tocco, la metonimia simboleggia l’uomo affranto. L’ attardarsi nell’ asciugare “Le bianche perle”, crea l’illusione del conforto, in quanto il vuoto è interrotto dalle personificazioni dei ricordi, anche essi se vogliamo cristallizzati. Fili di Arianna la Speranza, la Preghiera per risorgere dalle ceneri come una Araba Phoenix.

Antonella De Caro


Antonio Vitolo 

I I I Premio Silloge inedita

“La mente stanca vaneggia”, ma trova ristoro nella quiete della notte, interrotta dal “dominio degli anelli, dalle ansie del quotidiano, come il vorticoso viaggiare delle rondoni /che baciano col volo le torri campanarie bizantine. Il fluire conduce all’infinito sul calle della solitudine, ma più agevole è il passo se

terminerà il tempo prima degli affetti. Solo questo pensiero auspica interminabili carezze per il poeta. Sta di fatto che la notte più recente ci serve ,purtroppo, i nuovi martiri di questo secolo, soli nell’approdo edenico.

Antonella De Caro

1 commento:

  1. Nel ringraziare di cuore il caro Prof. Pardini nella qualità di Presidente del premio in argomento, e nel rinnovare i miei sentiti ringraziamenti alla giuria tutta, sento doveroso ringraziare particolarmente la Prof/ssa e Direttrice Scolastica Luisa Martiniello per il suo copioso e lusinghevole persiero critico sul mio Boati dal Profondo. Un pensiero critico che ritengo particolarmente esaustivo, verace e certamente sentito. Grazia Prof/ssa L. Martiniello. Pasqualino Cinnirella

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