PREMIO NAZIONALE DI POESIA AECLANUM XXXVIII Edizione
Grazie al Covid-19 silenziosi sono i giorni dedicati al rito del grano in Irpinia. Disdetti voli e traversate per ritrovarsi ai piedi dell’Obelisco di paglia di Mirabella Eclano, non resta che ripercorrere con la mente il festoso ringraziamento al termine della stagione estiva, un omaggio alla dea Cerere, sostituita dalla Madonna Addolorata che protegge i suoi devoti figli. Era consuetudine per l’Associazione Culturale “Linea Eclanese”, legare a questo evento la manifestazione del Premio Nazionale di Poesia Aeclanum, svoltosi per decenni il venerdì prima della grande tirata, ultimamente il sabato della settimana precedente. Ai poeti, accorsi da tutta Italia per ritirare l’ambito premio, la scoperta di una tradizione millenaria lasciava un ricordo indelebile, spesso annotato nei versi di commiato. Un appuntamento che quest’anno si svolge idealmente e a distanza sul filo di internet, che non vede sul palco del Teatro Comunale di Mirabella i volti commossi ed entusiasti di giurati di fama nazionale, né in prima fila poeti che da varie regioni approdano nella verde Irpinia. In nome della poesia che vince le distanze, è doveroso, però, comunicare i vincitori del Premio della XXXVIII Edizione, con l’augurio di riabbracciarsi in presenza il prossimo anno. La Giuria di Merito, presieduta dall’Esimio Prof. Nazario Pardini, Ordinario di Lingua e Letteratura Italiana di Pisa, il Vice Presidente Prof. Antonio Crecchia, Poeta ,Scrittore, Saggista, Critico letterario, il Prof. Mario Iarrobino, Critico letterario, il Prof. Carmelo Consoli, Poeta, Critico Letterario, Presidente della Camerata dei Poeti di Firenze; Prof. Gerardino d’Errico Professore di Chimica fisica Università degli Studi di Napoli Federico II ha stilato la graduatoria dei vincitori. Per la
sez. A -Poesia Edita primo Premio “Giuseppe Giacalone” a Lorenzo Spurio: Tra
gli aranci e la menta, da Jesi (AN), Secondo premio a Pasqualino Cinnirella: Boati
dal profondo , da Caltagirone (CT), Terzo premio a Giannicola Ceccarossi:Voci
,da Roma
Per la
sez. B - Poesia inedita: Primo Premio a Pasquale Balestriere da Barano d’Ischia, Secondo Premio ad Antonio Lonardo da Modica, Terzo Premio ad Antonio Vitolo da
Olevano sul Tusciano (SA)
-
Il
Premio alla Cultura “Pasquale Martiniello” è idealmente assegnato a tutti
coloro che hanno combattuto e combattono contro il Covid -19.
Le
note critiche sono state stilate dalla Dirigente Scolastica Prof.ssa Luisa
Martiniello per la sezione Poesia edita e dalla Dott.ssa Antonella De Caro per
la Poesia inedita.
Note
critiche
Primo
Premio Sez. Libro edito
Lorenzo
Spurio: Tra gli aranci e la menta, Recitativo dell’assenza per
Federico Garcìa Lorca, Collana L’Appello, 2020
Non un
recitativo dell’assenza, ma un poema che fa riaffiorare alla memoria suoni,
umori, colori del mai dimenticato Lorca e tanto più in occasione della
ricorrenza degli 80 anni dal suo assassinio.
Accomuna
Lorca e Spurio il panismo esistenziale, la concretizzazione degli stati
d’animo, la coscienza del tempus fugit oraziona, il credo nel messaggio etico-
civile, una parola multi-corde, l’amore nelle varie sfaccettature, la
musicalità del verso.
Undici
componimenti ripercorrono la tragica fine di una mariposa sul ciglio
sdentato di un fosso, che a stento provò il volo ma cadde e ricadde. Nella
ripetizione del verbo lo strazio della vittima dinnanzi a maldestri
assassini. Con l’uso della personificazione a seguito di una climax
discendente più crudo il gesto: Allora i proclami, gli incarichi e le
armi/le divise marroni, le folgori acuminate/e
la
libertà dissanguata. Gli occhi, stinti per sempre/…/le palpebre
impantanate di rena e di miseria/…// e di seguito il disprezzo e la
perdita secolare di voce.
Colpa
del poeta mostrare la faccia della Spagna, cantare la Sierra, dare voce alle
romance e ballate popolari, dichiarare apertamente l’avversione verso le
posizioni di estremismo nazionalistico, tipiche di quella destra che prenderà
da lì a poco il potere, instaurando la dittatura, ed eccolo indicato nel
crocevia della paura, preda di mani che trascinano con sprezzo, brandito,
condotto alla morte. Significativi la fissità del sole, la polvere densa
delle buche scavate, i pozzi che si disseccano, umanizzati nell’
impietrirsi per l’efferatezza della parola violata. Un quadro impressionista
che fa sbocciare sul volto di Lorca un sorriso di gigli.
Una
via crucis nella terza lirica, ricalcati i gesti dalle azioni dei verbi al
passato: ti trassero, ti condussero, tale era la pericolosità del
suo pensiero da imporre un bavaglio intriso di prussiato e il poeta è
figurato come una preda, dalla tana ti trassero… /.../ti condussero alla
rocca del vescovo scordato. Non gli uomini, ma le piante, i fiori cantati e
resi perenni dalle poesie di Lorca sono spettatori di quel giorno, le piante
… hanno smesso di parlare/…//…i rami superbi imposero il silenzio. Ammutoliti
dinnanzi all’ennesimo sacrificio di innocenti, quel sacrificio continua a
perpetrarsi ogni volta che il potere malevolo acquisisce il diritto di
stroncare gli oppositori politici, anche se non imbracciano armi. L’arma della
parola fa paura più del fuoco, ma ha ali forti.
La
preghiera di Spurio al poeta è di alzare per noi, che non è un plurale
maiestatis, le rocce a scovar gli scorpioni e/ far sì che la luna
rinnovi il solletico della mente!
La
lirica Non lontano dal limoneto testimonia il metamorfismo panico: è
inutile cercare il luogo della sua sepoltura, rimestare le zolle alla ricerca
dei suoi resti, diventati linfa vitale della natura, egli è vivo nei suoi
versi. Le foglie dell’acero gli serrano la vista da ciò che perdura e accade
e quindi l’invito: Non recidete rose né stropicciate le felci per me, /i
miei più cari amici, e non arrecare noia al dispetto/delle lucertole che
ricercano antro in me. / Non soggiorno la terra di roccia né le zolle/ non ho
imparentato le mie cellule con la polvere/ ma con fremiti verdi, ansiti amari e
lucori silvani. /...//Nella lotta della parola io persisto…/
Luisa
Martiniello
Secondo
Premio Sez. Libro edito
Pasqualino Cinnirella: Boati dal profondo,
The Writer Edizioni, (CS),2018
Alla memoria risalgono, gorgogliando lievi in
bolle di vetro i ricordi, in ognuna un suono, un colore, un profumo, uno
spiraglio di luce, che con mani di bambino, ora che si è piegati al grigio
degli eventi, si possono mirare con quello stato d’animo che si sofferma
tra il sorriso e il pianto e offerte al lettore, perché le faccia proprie anche
queste sue sofferte, vissute, intensità emozionali. Un lascito di eredità
affettive che calde, ancora, fanno sentire le gocciole sudore/sangue dalla
fronte del padre, calato sulla vanga ,cantando ai muli all’aratro, per
lui che tra una pazza corsa e una fatica-giuoco / si insaccava di sole e
ora reitera il testimone per quei figli che sono senza piume ancora nelle
ascelle ,perché sappiano il giogo che li attende: il giogo della vita con
le sue fatiche e disillusioni, tanto che nella scalata si sente beduino
smarrito/nel caos della metropoli. I dettami della vita sciorinati a sera
dal padre con la schiena adagiata allo stipite dell’uscio sono il
lievito del giorno: Ama la vita, mi diceva, tutti e tutto, /la famiglia è
sacra, tanti amici onore, /il lavoro una benedizione e totale deve essere /il
sacrificio per il tuo domani, per la casa e i figli. Punto punto
fermo per arrestare anche il nero delle ombre
tra le siepi il canto, le nenie della madre. Nelle vene le radici di quelle
spighe col capo basso al vento della piana e nell’eloquio la metafora pronta,
la sintesi di un tramandare tipico della cultura orale, intessuta di
associazioni, sinestesie, allitterazioni: tante, le volte in solitudine/a
chiedermi il conto che sbilancia/come stadera starata in difetto/che più il
debito assomma. L’inno alla vita si coglie, come la coglieva il padre di
mio padre, nella gemma che divarica la scorza, nel verso di pascoliano
riverbero: pigola di nidi il ramo fiorito. Non manca il tormento per il
boato che lasciò sangue raggrumato nella conca di Palermo il 23 maggio
1992, il pianto per la terra dalmata, la presa d’atto che solo Caino si
rinnova/per rendere ancora vano / quel grido d’amore similare che unisce
Golgota e Calcutta. Il poeta che si dipana tra idealità e cruda realtà non
ignora che la precarietà e l’inganno,/l’essere mendace e la violenza/sono
e rimangono connotati di sopravvivenza ed emblematico il suo approdo
sicuro, fermo come solo la fede dei padri insegna e tanto più icastica la
riscrittura del “Pater Noster del 3° millennio” ,a monito di altri boati: abbiamo
chiuso Tuo figlio a più mandate/nelle chiese vuote a al buio ,/…//liberi di
fare - nostra mala volontà//…//il pane è impastato col sale dell’egoismo/e
acqua inquinata d’indifferenza.
Luisa Martiniello
Terzo
Premio Sez. Libro edito
Giannicola Ceccarossi: Voci,
Ibskos-Uliveri, Empoli (FI),2018
Voci memoriali, voci ci accompagnano e riportano
echi di incantesimi. Cosa è cambiato intanto: l’atteggiamento rispetto al senso
del tempo, al valore del vicino, alla funzione benefica della sana pioggia
sulla terra e il poeta si chiede cosa è rimasto nel cuore, traditi il grido di
risentimento, le braccia innalzate in attesa di risposte e lasciato rinverdire
l’indifferenza che bandisce i sogni di un’epoca. Quanti Orfeo incontriamo sulla
nostra strada/ che offre solo dolore e morte? L’invito perentorio è
ascoltare il fleto dei padri e delle madri, non attendere nel sanare le
ferite, ma dannati dall’idea per essa dare voce acuta e dare amore agli
invisibili. Non rinunciare alla libertà è il monito, la zattera da affidare
alle onde che vada alla ricerca del cuore smarrito nelle rughe della storia, che
ha visto innalzare muri. Un invito risuona per i figli: lottate per le
vostre intuizioni/sarete così liberi di piangere dormire /entusiasmarvi
esprimervi vivere! E’ l’invito a porgere lo sguardo a bambini indifesi, la
mano per evitare quella morte in fondo al mare. Lo sconforto si
concretizza ne la polvere ci chiude la bocca e gli occhi, nel silenzio sempre
più cupo, che deve essere rotto dalle voci di entusiasmo della gente
comune/del bambino che sorride e gioca/ delle madri che proteggono e ci
ricordano. Non si può restare come vetro incolore dinnanzi alla voce dello
sgomento, bisogna colmare quei rumori che ci hanno diviso, far lievitare
l’amore che riunisca le fedi e non faccia avere più paura della grandine, annientare
il caos di guerre e morti.
La forza è nella voce dei padri, eredità
trasmessa ai figli, che giovani di un tempo non tradito si scoprono vulnerabili
in un mondo travagliato disumano bugiardo intollerante cieco ed ecco
l’importanza di essere vento che insegue le nuvole, fuoco che sprigiona
colori e lapilli, aria che ci farà respirare un mondo nuovo, cuore
,tutti elementi che hanno insito un suono che varia e sottende alle azioni
volte a superare i solchi bui e profondi della storia anche attuale, a
recuperare il canto che inneggi alla brezza del giorno ,alla giovinezza delle
idee da concretizzare in una rinascita d’umanesimo.
Ci saranno bagliori e spari, cadranno
ancora sul selciato parole e mani, ma la voce non si piegherà come
betulla al vento, alle piogge vigliacche che chiedono morte. Non si può
essere schiavi di lugubri poteri, non si può solo gridare il dolore, vedere
scorrere sangue, soffocare lo sdegno, volgere altrove lo sguardo, necessita una
rugiada ristoratrice dell’ animo, che riporti il coraggio di sorridere e di
amare e di far rifulgere la voce della preghiera per quel Dio di tutti gli
uomini/ che di colpo appaia nelle nostre vite indicandoci/ finalmente il
cammino della pace. Il poeta si fa aedo e si fa voce che riverbera e scuote.
Luisa Martiniello
Pasquale
Balestriere
I
Premio Silloge inedita
Un colloquiale riscontro di pensieri tra due
poeti: Pasquale e l’amica Carla, uno scambievole concordare che con barricati
affetti si ravviva la fiamma ora che l’inverno dei giorni bussa alle soglie
del cuore e ai nivei capelli, ma in tasca in una climax ascendente ci sono semi
forza e ardore ancora da mettere in campo fiduciosi. Bisogna scacciare,
Orazio docet, i pensieri tetri, gustare un vino/ che freme al fuoco di
sarcìne secche, giacché costa troppo il tempo e vale la pena giocarsi tutto
fino all’ultimo dado per continuare ad andare sin che si può per le
strade di un sogno detto vita. Meglio affidarsi al tempo della vita, finché
la sorte busserà alla porta e riavvolgere la pellicola dei ricordi, anche se
con passo stanco.
Antonella De Caro
Antonio Lonardo
I I
Premio Silloge inedita
“L’ assoluto silenzio di ogni dove” viene
lacerato dai pensieri del poeta che immortala attimi di paura angoscia. Il
vuoto non rappresenta solo l’assenza apparente delle persone nelle città, ma il
vuoto interiore delle anime, che non possono toccarsi, abbracciarsi, baciarsi.
L’unica certezza è il timore del contagio. Anche le lacrime sono inconsolabili
per l’assenza di un tocco, la metonimia simboleggia l’uomo affranto. L’
attardarsi nell’ asciugare “Le bianche perle”, crea l’illusione del conforto,
in quanto il vuoto è interrotto dalle personificazioni dei ricordi, anche essi
se vogliamo cristallizzati. Fili di Arianna la Speranza, la Preghiera per
risorgere dalle ceneri come una Araba Phoenix.
Antonella De Caro
Antonio Vitolo
I I I
Premio Silloge inedita
“La mente stanca vaneggia”, ma trova ristoro
nella quiete della notte, interrotta dal “dominio degli anelli, dalle ansie del
quotidiano, come il vorticoso viaggiare delle rondoni /che baciano col volo
le torri campanarie bizantine. Il fluire conduce all’infinito sul calle
della solitudine, ma più agevole è il passo se
terminerà il tempo prima degli affetti. Solo
questo pensiero auspica interminabili carezze per il poeta. Sta di fatto
che la notte più recente ci serve ,purtroppo, i nuovi martiri di questo
secolo, soli nell’approdo edenico.
Antonella
De Caro
Nel ringraziare di cuore il caro Prof. Pardini nella qualità di Presidente del premio in argomento, e nel rinnovare i miei sentiti ringraziamenti alla giuria tutta, sento doveroso ringraziare particolarmente la Prof/ssa e Direttrice Scolastica Luisa Martiniello per il suo copioso e lusinghevole persiero critico sul mio Boati dal Profondo. Un pensiero critico che ritengo particolarmente esaustivo, verace e certamente sentito. Grazia Prof/ssa L. Martiniello. Pasqualino Cinnirella
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