Nausicaa sulle rive del Serchio
Ho sempre immaginato che alla foce del
Serchio
nel punto in cui il mio fiume sfocia in
mare
ci fossero fanciulle arzille e gaie
a stendere il bucato sopra i rovi
che si assiepano attorno. E che nel
fosco
delle pinete zeppe di frescura
ci fossero, sepolti dalle foglie,
naufraghi a riposare nell’attesa
di essere destati dalle grida
delle stesse fanciulle intente al gioco.
In ogni luogo delle mie canzoni
ci sono Nausichee a ricordare
lo splendore degli anni. Il bello
dell’amore.
Il fulgore del bello. Nausichee
che si aggirano su spiagge per
cantare
inni di gioia, speranze giovanili,
sogni di dee, immagini di volti.
E nel mio mondo fittizio e nei dintorni,
su consiglio di Atena, giunta in sogno,
Nausicaa appresta il carro; vi dispone
con le ancelle che corrono al richiamo
le vesti da lavare lungo il
Serchio.
Il fiume si disperde e quieto è il mare,
le cui onde carezzano le sponde
con dolce melodia. Da quell’acque
esce spossato Ulisse, naufragato,
spoglio di panni e salvo dagli affanni.
Si addormenta in disparte, ricoprendo
di foglie sparse il corpo affaticato.
Intanto Nausicaa con le ancelle,
nude le forme e tondeggianti i glutei,
si mette a giocare sulla spiaggia
nell’attesa che il tempo renda asciutto
il candido corredo esposto al sole.
Ma la palla non sempre segue il corso
e questa volta dritta va nel fiume
facendo uscire dalle labbra in fiore
un urlo di sorpresa che risveglia
il naufrago assonnato. Egli da subito
strappa una frasca alla ridente acacia
per tappare sul corpo le vergogne.
Fuggono le ancelle in qua e in là
stupite dalla insolita presenza
di un uomo logorato dai marosi.
Ma Nausicaa resta. A lei si volge,
rapito dal fulgore dei suoi occhi,
Ulisse sbigottito, frastornato:
“Sei donna o dea? Incantevole visione?
Dai lividi del mare io scampato
rimasi venti giorni nei suoi flutti.”.
Per un nuovo sentir che la percorre
lei gli si scioglie, sorpresa
dalla vista
di un divino apparire, dalla grazia
di un fisico scolpito dai salmastri.
E insieme
si dirigono alla rocca dei Feaci,
dove suo padre regna.
13/07/2017
Amico mio Poeta magistrale, sai comporre versi ispirandoti al mito - d'altronde anche la scelta dell'Isola leggendaria come nome del blog conferma questa tua propensione -, e crei in modo sorprendente e tenero, come se le parole scivolassero, pure e lievi, su sottile ghiaccio di primo inverno. In realtà il protagonista è sempre il 'punto in cui il tuo fiume sfocia in mare' e da esso immagini nasca
RispondiEliminaNausicaa, che nell'Odissea era la principessa, figlia del re dei Feaci, che si innamorò di Ulisse. Quest'ultimo, in qualità di simbolo del viaggio, incarna le avventure, soprattutto artistiche, di ognuno...
Bellissime le figure delle numerose Nausichee, donne, com'è giusto che sia, visto che se attuiamo la mitopoiesi, i miti sono ben lontani dall'essere figure favolistiche, intente a svolgere i lavori che infinite donne negli anni passati svolgevano nei fiumi. La letizia che queste creature spargono e l'incontro con Odisseo, in perpetuo cammino, sono sublime allegoria dell'esistenza libera dalle catene della modernità. Tutto torna alla leggenda, alla narrazione investita di sacralità relativa alle origini del tempo. E non v'è nulla di desueto. La vita è qui, adesso. Agli Artisti interessano i sensi, i riflessi della vita, non solo la vita in se stessa. La tua opera, stilisticamente perfetta, come sempre, avvolge con la forza di un abbraccio, definisce il finito e l'infinito, è illuminazione. Ogni volta dai volti nuovi all'Amore e l'amore te ne è grato quanto ogni lettore, perchè in questo periodo sente di essere intaccato dal dolore come da una malattia. Voglio sentirmi una Nausicaa, nonostante l'età e tutto il resto. La Poesia rende tutto possibile. Ti ho nel cuore e ti sono grata ogni giorno.
Dopo la lettura di "Nausicaa sulle rive del Serchio"
RispondiEliminaBello è questo entrare nel mito
favola nella favola della vita
di un animo che la Coppiera nutre,
Ebe fanciulla d bellezza eterna
e fresco il tuo viaggio mio Poeta
in mezzo alle memorie del passato
di quell'amore che non passa mai
per gli anni d'una giovinezza eterna
negli studi allevata e ben nutrita.
Quelle "pinete zeppe di frescura"
sono scolpite anche nel mio cuore
a ricordo dell'amore presso il mare
nella Marina ricca di tramonti
che illuse ed allietò i miei giorni.
Amo quel dono tuo prezioso
di giovinezza che non cessa mai
di abbracciarsi nelle splendide parole
forgiate con perenne poesia.
(E' il dono che ci sa portare
nell'incanto di un sogno che non muore...)
Complimenti e grazie, grande Amico.
Edda.
In questa bellissima poesia/canto il N/s Vate credo che abbia raggiunto il massimo della sua titanica fantasia supportata dalla oceanica cultura ed abilità verbale. Mi chiedo come riesce a descrivere in puri versi tanta espressività di pensiero fantasioso e metterlo in versi accattivanti che innegabilmente ti coinvolgono come lettore. In questa lirica c'è fantasia, chiarezza verbale, cultura e sentire poetico che nel loro insieme danno vita ad un testo poetico che ti lascia attonito per quell'innesto perfetto degli elementi. Un cosciente inchino. Pasqualino Cinnirella
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