Rosa Maria Di Salvatore
LE STAGIONI DEL CUORE
Guido Miano Editore, 2020
Recensione di Rossella Cerniglia
Il testo poetico di Rosa Maria Di Salvatore, dal titolo Le stagioni
del cuore, propone, attraverso poesie scelte da
altre sue raccolte, un’analisi dei caratteri peculiari della sua poesia, in un
accostamento - per affinità tematiche o formali, o ancora per similarità di
visione o sensibilità - con la poesia di autori oggi presenti nel panorama
letterario internazionale.
Il suo discorso poetico, sempre aperto alla contemplazione
dello scenario naturale, e della bellezza che è in esso si dispiega, si muove
principalmente sull’onda di questa visione e
su quella del ricordo, e intesse all’elemento naturale la percezione di
un amore che appare un lontano, ma onnipresente riverbero della natura, alito
lieve che percorre l’aria, “eco di un canto / lontano nel tempo” (Nel vento),
ma viaggiante, si direbbe, in una dimensione sovratemporale ed eterna.
La Natura è filtro di sensazioni e ricordi lontani, trasporta
il balsamo amoroso che lenisce l’attesa, il rimpianto, l’ansietà del cuore.
Lenimento che si plasma nelle forme della stessa realtà, attraverso i suoi
costanti richiami fatti d’aria, di profumi, di sentori indefinibili e
pervasivi. Ed è un riposare nel silenzio, e un appagarsi dei sensi nella
quiete, dove la vita sembrerebbe un’attesa di sempre nuove albe e sempre
promettenti risvegli, come è nei versi di In un battito d’ali, e anche in
molti altri testi.
E non vi è nulla di oleografico, nella resa di queste
immersioni nel paesaggio, di queste ubriacature nel seno ubertoso della Natura,
neppure in quelle “viole” e in quelle “primule” che odorano e costellano i
prati, o della “neve” che in essi si scioglie. È un canto modulato da
attraversamenti diacronici, legati alle stagioni e alle tessiture del ricordo
che si addentra nelle profondità dell’essere e riemerge al bagliore del
presente dove tace il rimpianto e cresce la speranza. E la bellezza è dolce
appagamento: “Langue nell’aria / un profumo stremato / di rose ormai sfiorite /
ma dolce... così dolce” (Nostalgiche memorie).
Si ha l’impressione di una vita che contempla se stessa, e
le immagini del passato la costituiscono in proprio, affiorando spesso da un
grigiore diffuso nell’anima, quando insoddisfazione e inquietudine l’assalgono.
Ma infine torna un barlume di sole a illuminare il canto di gioia e bellezza,
di anelito e speranza, e la vita dell’autrice ci appare allora costituita da
questo “contemplare” dove la malinconia è lieve: “...tempi e luoghi lontani /
rimasti nitidi e dolci / come un tramonto / d’autunno […] hanno la soave
bellezza / di un chiostro celato / di un antico monastero [...]” (Come un
tramonto d’autunno).
La carica emotiva si stempera in nostalgiche visioni e
rapite estasi di fronte al Tutto che invade l’anima, l’attraversa, unico
flusso, unico pensiero, unica tensione che palpita di amore incombusto. E il
passato è tutto nel senso dolce-amaro del ricordare che lo riconduce al
presente, tutto intesto di respiri naturali e cosmici che si fondono in uno coi
palpiti del cuore e dell’attesa; nell’unisono verso mescolano le loro acque
sorgive, le loro lacrime, la loro musica, la loro passione, il loro rimpianto,
i desideri stremati e le illusioni sempre risorgenti della vita: “E se tu non
verrai / t’aspetterò ancora / con la pioggia d’autunno / o la neve dell’inverno
/ e sarò lì a chiederti / e a chiedermi: «Perché?»”
(La
radura incantata).
Intessuta delle stesse affabulazioni e di acquietati
sentimenti - dove rimpianto e nostalgia si fanno dolci - è la rivisitazione
memoriale dei luoghi dell’infanzia e della giovinezza, intrisa, talora, del
senso amaro del tempus fugit senechiano, e tuttavia, e in ogni caso, di
quell’anelito di speranza che è il tenue filo che sempre ci lega alla
vita. Perciò, su tutto è profusa una
dolcezza chiara che illumina gli istanti di questo cammino, di questo
peregrinare infinito che tesse la vita tra presente e passato, dove l’Amore è
il balsamo che si mescola ad addolcire e ad abbracciare tutte le cose. Un
sentimento che trascende la temporalità terrena e si dilata in dimensioni
oltreumane, che vive di aneliti e speranze, rimarcate nei titoli di testi
emblematici che riconducono il dettato ai temi di una struggente, appassionata
attesa (Ancora
una carezza, Quando verrai, Ti aspetterò, Palpiti d’attesa). Appassionata attesa,
sottolineata in Ti aspetterò, dall’anafora, che ad
inizio delle tre strofe, ripete questa affermazione con struggente fermezza e
incisività. Mentre in Palpiti d’attesa il desiderio è
così forte che essa diviene inesorabile certezza: “Lo so, so che tornerai / e
quando sarai qui / colorerò ogni attimo / con l’oro di mimosa/ rubato al vento
d’aprile...”.
Ovunque, in queste pagine, siamo, perciò, in presenza di una visione cosmica di bellezza e grazia e amore che le illumina e le attraversa, dove il dettato, meditato e profondo, abbraccia le gioie e le trafitture dell’essere con una sapienza che sconfina dal dato transeunte, per ben più dilatati orizzonti.
Rossella Cerniglia
Rosa Maria Di
Salvatore, Le
stagioni del cuore, Guido Miano Editore, Milano 2020, pp. 86; isbn
978-88-31497-18-3.
Nessun commento:
Posta un commento