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venerdì 23 ottobre 2020

FLORIANO ROMBOLI: "UN AMORE PER LA VITA COMBATTUTO EPPUR VINCENTE" DI RITA FULVIA FAZIO

 

         Un amore per la vita combattuto eppur vincente

 

Floriano Romboli,
collaboratore di Lèucade

Abbandonandomi a un’impressione iniziale, direi che la ricerca poetica di Rita Fulvia Fazio appare animata innanzitutto da un intenso, inesausto amor vitae: “Nel momento in cui/il cuore è spento/c’è un sorriso/ che lo accende:/il tuo, sole, illustre astro/da me ogni istante venerato,/ogni istante che respiro;/gioia tonda, leggera, esplosiva che/abbraccia l’eterea fresca giovinezza”(Frammenti di meteora, vv. 1-9); e l’Amore (sentimento primario e irrinunciabile, il cui nome l’autrice scrive costantemente con la lettera maiuscola) ne è l’aspetto più emblematico e coinvolgente: “L’omaggio dei fiori,/che l’ardore/imponeva alla tua timidezza,/ammiravo;/mentre io, timida,/raccoglievo con umiltà,/ogni volta sorpresa,/ogni volta emozionata./Della ricchezza di quelle emozioni/ora è ricolmo il vuoto/che ti prego,/tempo,/di non imitare./Il deserto non appartiene/all’Amore/e dell’aridità/non ne conosco la misura”(Raccoglimento, vv. 8-24).

Evocare le “impressioni di lettura” potrebbe risultare rischioso in una stagione culturale dominata dalla preoccupazione di un’interpretazione distaccata e contraddistinta da rigore tecnico e scientifico, e incline immediatamente a squalificare un approccio differente a un’opera letteraria, magari fatto anche di partecipe sensibilità, attraverso la presuntuosa e disinvolta degradazione di quest’ultima ad abito superficiale e “dilettantesco”.

Coloro che pensano in tal modo ignorano che il più grande critico italiano dell’Ottocento, Francesco De Sanctis, dichiarò in un suo saggio che la “scienza critica” doveva basarsi “sulla freschezza delle prime impressioni”; inoltre uno studioso del valore di Attilio Momigliano – il quale nei suoi lavori, è noto, assegnava una funzione importante alle osservazioni di carattere impressionistico-intuitivo – difficilmente sarebbe passibile dell’accusa di “dilettantismo”.

Credo piuttosto che le “impressioni” soggettive non debbano essere disattese o peggio programmaticamente censurate, bensì criticamente ragionate in un procedimento di attenta e concreta verifica testuale.

Nel caso della raccolta Metamorfosi e sublimazioni già dai versi citati in precedenza è agevole constatare quanto il vitalismo della poetessa ligure non conosca l’ingenuità e l’approssimazione di una condizione idillica e a-problematica, poiché gli è intimamente connesso l’inquietante contrappunto e contrario del nulla, della morte, della privazione, del dolore: “Se non vuoi partecipare/l’ansia e la paura del nulla,/annullare/la trasparenza dell’istante/presente,/ nel senso del vuoto/che illude/l’oggi del Potente,/il tuo merito sarà/consegnare al fato/l’ultima verità” (Empatia, vv.1-11, corsivi miei);  “Anche oggi/una giornata morta:/ il cuore è spento./Una prigione senza confini/confina la mia anima./Cristalli di lacrime,/nei disincantati sorrisi,/soffrono una nenia/senza paradiso” (Assenza di stelle, corsivi miei); “Se consideriamo/quanto sia grande/la mia, la tua pena/e sproporzionato/il mio, il tuo aiuto…/Incolmabile inutilità”(Pena incolmabile, cors. mio); e il motivo è ulteriormente evidenziato dall’enjambement:   “ In scintillio di luce e di stelle/conduci l’oscurità della notte/eterna,/infinitezza gentile” (Eco di bellezza, vv.1-4, corsivi miei).

I corsivi nell’ultima citazione mettono in risalto una delle tante antitesi (“luce/buio”) che pervadono i componimenti di Rita Fulvia Fazio; mi permetto di segnalarne altre, senz’alcuna pretesa di esaustività (tutti i seguenti corsivi nei testi sono miei): “presenza/assenza”( “E’ straziante il sorriso/che accoglie e/che non c’è, seppur presente,/perché è assente tenerezza,/l’altro, dolce e nostro”(Certezza assoluta, vv.3-7);   “gioia/dolore” (“E piango/di gioia e di bellezza/nell’espressione del dolore/che è vita e plauso”(Ritmo tra sogno e realtà, vv.13-16);  “lassù/quaggiù”(“C’è la sola fatica delle nuvole/lassù, a reggere il peso/di tutti i giorni/ di quaggiù ” (L’assillo, vv.4-7); “sogno/realtà” (“Non tu puoi usare artifici/ a placare i ferventi sogni (…) E se la realtà ha sepolto/il vigore dell’Amore/che non trova sbocco,/che non viene accolto,/col cuore puoi ancora ragionare (La virtù, vv. 5-6 e 8-12).

Le correlazioni antitetiche costituiscono la diretta conseguenza sul piano stilistico-formale di una concezione manifestamente contraddittoria, della quale è cifra allegorica il cielo di Parigi (“In quel di Parigi, nel cielo/vivace è l’avvicendarsi delle nuvole/nel giocare a rimpiattino:/si rincorrono perdendosi e ritrovandosi (…) E a tratti, nell’aria del bistrot/si distende la pace:/è nel raggio di sole/che attraversa il vetro” (Fascino a Parigi, vv.1-4 e 8-11), e al cui interno è invero arduo giungere a una composizione armoniosa, a una  sintesi pacificante, giacché ciascun momento della diade conflittuale afferma la propria necessità, rivendica una specificità urgente e ineliminabile: “Panni distesi/distesi al sole della verità (…) Panni distesi, umidi,/al loro dondolarsi,/tra luce e oscurità,/chiudono e aprono porte/nel divenire dell’oggi” (La voce del silenzio, vv. 1-2 e 10-14, corsivi miei).

Nella rappresentazione sofferta di tale vivace antinomia il linguaggio dell’autrice rivela un solido impianto logico, che si obiettiva nell’adozione frequente della tecnica della “ripresa”, nell’impiego assiduo di serie iterative denotanti una vocazione critico-analitica, un vigile scrupolo esplorativo. Un esempio di quanto si è detto è nel primo verso del brano lirico appena sopra riportato, e la documentazione può facilmente proseguire (al solito i corsivi sono miei): “Ma non riguarda…/non ti riguarda/nella scommessa/che la tua meta/non vuol restare senza./La differenza è nell’indifferenza./La differenza /è non restare/ senza scommessa (Cautela di tempo rifiorente, vv. 3-11);   Penserai di tornare libera,/ scossa dai freddi brividi (…) Penserai/ di spalancare, finalmente,/ la porta della paura” (Purtuttavia, vv.15-16 e 18-20);  “Al mare di avvolgersi/ nell’onda del sapore/ di salsedine,/salsedine ad inebriare i gabbiani/nei vorticosi voli/della divina libertà” (Scintille d’eternità, vv. 10-15); “Urlava il vento,/picchiava lacrime/dignitosamente,/incessantemente ripeteva lacrime/ il vento incessante/ sul cuore di ghiaccio/percosso da vele lacerate” (Umido amore, vv.1-7).

Ne deriva la peculiarità di una versificazione contratta, caratterizzata da un lessico volutamente ridotto e da cadenze nominali e perentorie, da un gioco ritmico secco ed essenziale, pur nella sorvegliata eleganza: “Ambra d’oro/è il riflesso che sei/e che innalzi a te/da me/perché ora che in cielo tu sei…/ma non solo io sono…/Insieme alla vita di qua/è frammista la vita di là”(Ambra d’oro, vv. 8-20);  “Una volta ti amavo./Una volta di te./Una volta che il tempo/resta al senso di te./Una volta il tuo bacio/era il bacio di me./Una volta il mio bacio/era il bacio di te”( Nel e fuori dal tempo, vv. 1-8).

Comunque l’atteggiamento etico e culturale-artistico della scrittrice non rimane bloccato nella contemplazione compiaciuta della fondamentale ambiguità dell’esistenza; essa aspira con convinzione al superamento delle contraddizioni (“Togliti dalla contrapposizione/cambia prospettiva/costruisci la pace/esci dal paradigma/cambia visione delle cose” (Creatura di preghiera, vv.1-5), e prospetta al riguardo due possibilità.

La prima consiste nel proposito di vivere con impegno la quotidianità, nondimeno coltivando interiormente una preziosa tensione “verticale”, una sollecitazione ascendente e “sublimante”: “Però del grifone,/nelle divergenti due alterità,/per i suoi voli pindarici/egli sfrutti solo/le calde correnti ascensionali ” (Florilegio a due voci, vv.15-19, cors. mio);   “All’uomo, che possiede ed ha,/ è necessario coraggiosamente/ sublimarsi/ per sua stessa virtù/all’illuminazione dello spirito” (Sublimazione, vv. 5-9, cors. mio).

L’altra privilegia un particolare trattamento del “tempo”, rivolta com’è a conferire ad esso quei tratti di intensità e di profondità spirituali tali da sperimentare, quand’anche nella  temporalità storica, barlumi di “eternità”: “Sì, chiedere luce e bellezza/perché se viva/io voglio essere,/nell’eterno sentimento/che tutto consuma e placa,/di te ho bisogno tempo, tempo/clemente e veritiero,/nell’istante atteso e/sconfessato/della luce metafisica” (Scintilla d’eternità, vv. 60-69).

Si tratta in fondo di quel concetto di eternità come plenitudo vitae elaborato nel primo Medioevo da un filosofo quale Severino Boezio, il quale, pur attribuendo il tempo eterno soltanto a Dio, nel De consolatione philosophiae (circa 523 d.C., libro V, cap.6) ne teorizzava  la possibilità altresì per chi vivesse nella realtà terrena, precaria e transeunte, ove questi fosse in grado di percepire “la presenza dell’attimo fuggitivo”(“praesentia huius exigui volucrisque momenti”), che reca in sé l’ “immagine di quella immutabile presenza”(“manentis illius praesentiae imago).

Rita Fazio è ben cosciente che conseguire un risultato siffatto è decisamente impegnativo; sa poi che è quasi impossibile garantirgli durata e quindi resistenza al trascorrere “metamorfico” del tempo comune, e tuttavia a questa eventualità la poetessa non è disposta a rinunciare: “Custodire l’ebbrezza vitale/nell’emozione che non ha nostalgia/e non ha sogno./E’ purezza di vita/dell’attimo libero,/dell’essere;/è purezza di quell’attimo/ineluttabile, impalpabile/che ami di te,/libera di essere” (Fisicità dell’essere, vv. 6-16).

 

  Floriano  Romboli

 

Rita Fulvia Fazio, Metamorfosi e sublimazioni, Milano, Miano Editore, 2019.

1 commento:

  1. Ringrazio sentitamente il dottor Floriano Romboli del suo tempo, del suo impegno esegetico sul mio testo "Metamorfosi e sublimazioni". Mi è subito piaciuta l'introduzione nel rilievo alle "impressioni" che già i critici letterari della portata di F. De Sanctis e A. Monigliano esaminarono. Condivido quanto lei esprime, signor Floriano: esse devono sussistere "criticamente ragionate in un procedimento di attenta e concreta verifica testuale". Conferiscono la personale impronta del critico. La sua avvalora splendidamente questa pregevole lettura. I miei complimenti e ringraziamenti per la gradita sorpresa. Nazario, ringrazio anche lei di cuore. Cordialmente. Fulvia

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