Un
amore per la vita combattuto eppur vincente
Floriano Romboli,
collaboratore di Lèucade
Abbandonandomi
a un’impressione iniziale, direi che la ricerca poetica di Rita Fulvia Fazio
appare animata innanzitutto da un intenso, inesausto amor vitae: “Nel momento in cui/il cuore è spento/c’è un sorriso/
che lo accende:/il tuo, sole, illustre astro/da me ogni istante venerato,/ogni
istante che respiro;/gioia tonda, leggera, esplosiva che/abbraccia l’eterea
fresca giovinezza”(Frammenti di meteora,
vv. 1-9); e l’Amore (sentimento primario e irrinunciabile, il cui nome
l’autrice scrive costantemente con la lettera maiuscola) ne è l’aspetto più
emblematico e coinvolgente: “L’omaggio dei fiori,/che l’ardore/imponeva alla
tua timidezza,/ammiravo;/mentre io, timida,/raccoglievo con umiltà,/ogni volta
sorpresa,/ogni volta emozionata./Della ricchezza di quelle emozioni/ora è
ricolmo il vuoto/che ti prego,/tempo,/di non imitare./Il deserto non
appartiene/all’Amore/e dell’aridità/non ne conosco la misura”(Raccoglimento, vv. 8-24).
Evocare
le “impressioni di lettura” potrebbe risultare rischioso in una stagione
culturale dominata dalla preoccupazione di un’interpretazione distaccata e
contraddistinta da rigore tecnico e scientifico, e incline immediatamente a
squalificare un approccio differente a un’opera letteraria, magari fatto anche
di partecipe sensibilità, attraverso la presuntuosa e disinvolta degradazione
di quest’ultima ad abito superficiale e “dilettantesco”.
Coloro
che pensano in tal modo ignorano che il più grande critico italiano
dell’Ottocento, Francesco De Sanctis, dichiarò in un suo saggio che la “scienza
critica” doveva basarsi “sulla freschezza delle prime impressioni”; inoltre uno
studioso del valore di Attilio Momigliano – il quale nei suoi lavori, è noto,
assegnava una funzione importante alle osservazioni di carattere
impressionistico-intuitivo – difficilmente sarebbe passibile dell’accusa di
“dilettantismo”.
Credo
piuttosto che le “impressioni” soggettive non debbano essere disattese o peggio
programmaticamente censurate, bensì criticamente ragionate in un procedimento
di attenta e concreta verifica testuale.
Nel
caso della raccolta Metamorfosi e
sublimazioni già dai versi citati in precedenza è agevole constatare quanto
il vitalismo della poetessa ligure non conosca l’ingenuità e l’approssimazione
di una condizione idillica e a-problematica, poiché gli è intimamente connesso
l’inquietante contrappunto e contrario
del nulla, della morte, della privazione,
del dolore: “Se non vuoi
partecipare/l’ansia e la paura del nulla,/annullare/la trasparenza
dell’istante/presente,/ nel senso del vuoto/che illude/l’oggi del Potente,/il
tuo merito sarà/consegnare al fato/l’ultima verità” (Empatia, vv.1-11, corsivi miei);
“Anche oggi/una giornata morta:/
il cuore è spento./Una prigione senza confini/confina la mia anima./Cristalli
di lacrime,/nei disincantati sorrisi,/soffrono una nenia/senza paradiso” (Assenza di
stelle, corsivi miei); “Se consideriamo/quanto sia grande/la mia, la tua pena/e sproporzionato/il mio, il tuo
aiuto…/Incolmabile inutilità”(Pena
incolmabile, cors. mio); e il motivo è ulteriormente evidenziato dall’enjambement: “ In
scintillio di luce e di stelle/conduci l’oscurità della notte/eterna,/infinitezza
gentile” (Eco di bellezza, vv.1-4,
corsivi miei).
I
corsivi nell’ultima citazione mettono in risalto una delle tante antitesi (“luce/buio”) che pervadono i
componimenti di Rita Fulvia Fazio; mi permetto di segnalarne altre, senz’alcuna
pretesa di esaustività (tutti i seguenti corsivi nei testi sono miei):
“presenza/assenza”( “E’ straziante il sorriso/che accoglie e/che non c’è,
seppur presente,/perché è assente tenerezza,/l’altro, dolce e
nostro”(Certezza assoluta,
vv.3-7); “gioia/dolore” (“E piango/di gioia e di bellezza/nell’espressione del
dolore/che è vita e plauso”(Ritmo tra sogno e realtà,
vv.13-16); “lassù/quaggiù”(“C’è la sola
fatica delle nuvole/lassù, a reggere
il peso/di tutti i giorni/ di quaggiù ”
(L’assillo, vv.4-7); “sogno/realtà”
(“Non tu puoi usare artifici/ a placare i ferventi sogni (…) E se la realtà
ha sepolto/il vigore dell’Amore/che non trova sbocco,/che non viene
accolto,/col cuore puoi ancora ragionare (La
virtù, vv. 5-6 e 8-12).
Le
correlazioni antitetiche
costituiscono la diretta conseguenza sul piano stilistico-formale di una
concezione manifestamente contraddittoria, della quale è cifra allegorica il
cielo di Parigi (“In quel di Parigi, nel cielo/vivace è l’avvicendarsi delle
nuvole/nel giocare a rimpiattino:/si rincorrono perdendosi e ritrovandosi (…) E
a tratti, nell’aria del bistrot/si distende la pace:/è nel raggio di sole/che
attraversa il vetro” (Fascino a Parigi,
vv.1-4 e 8-11), e al cui interno è invero arduo giungere a una composizione
armoniosa, a una sintesi pacificante,
giacché ciascun momento della diade conflittuale afferma la propria necessità,
rivendica una specificità urgente e ineliminabile: “Panni distesi/distesi al sole
della verità (…) Panni distesi, umidi,/al loro dondolarsi,/tra luce e oscurità,/chiudono
e aprono porte/nel divenire dell’oggi” (La
voce del silenzio, vv. 1-2 e 10-14, corsivi miei).
Nella
rappresentazione sofferta di tale vivace antinomia il linguaggio dell’autrice
rivela un solido impianto logico, che si obiettiva nell’adozione frequente
della tecnica della “ripresa”, nell’impiego assiduo di serie iterative denotanti
una vocazione critico-analitica, un vigile scrupolo esplorativo. Un esempio di
quanto si è detto è nel primo verso del brano lirico appena sopra riportato, e
la documentazione può facilmente proseguire (al solito i corsivi sono miei):
“Ma non riguarda…/non ti riguarda/nella scommessa/che la tua meta/non vuol restare senza./La differenza
è nell’indifferenza./La differenza /è
non restare/ senza scommessa (Cautela di tempo rifiorente, vv. 3-11); “Penserai
di tornare libera,/ scossa dai freddi brividi (…) Penserai/ di spalancare, finalmente,/ la porta della paura” (Purtuttavia, vv.15-16 e 18-20); “Al mare di avvolgersi/ nell’onda del sapore/
di salsedine,/salsedine ad inebriare i gabbiani/nei vorticosi voli/della divina libertà”
(Scintille d’eternità, vv. 10-15);
“Urlava il vento,/picchiava
lacrime/dignitosamente,/incessantemente ripeteva
lacrime/ il vento incessante/ sul cuore di ghiaccio/percosso da vele lacerate”
(Umido amore, vv.1-7).
Ne
deriva la peculiarità di una versificazione contratta, caratterizzata da un
lessico volutamente ridotto e da cadenze nominali e perentorie, da un gioco
ritmico secco ed essenziale, pur nella sorvegliata eleganza: “Ambra d’oro/è il
riflesso che sei/e che innalzi a te/da me/perché ora che in cielo tu sei…/ma
non solo io sono…/Insieme alla vita di qua/è frammista la vita di là”(Ambra d’oro, vv. 8-20); “Una volta ti amavo./Una volta di te./Una
volta che il tempo/resta al senso di te./Una volta il tuo bacio/era il bacio di
me./Una volta il mio bacio/era il bacio di te”( Nel e fuori dal tempo, vv. 1-8).
Comunque
l’atteggiamento etico e culturale-artistico della scrittrice non rimane
bloccato nella contemplazione compiaciuta della fondamentale ambiguità
dell’esistenza; essa aspira con convinzione al superamento delle contraddizioni
(“Togliti dalla contrapposizione/cambia prospettiva/costruisci la pace/esci dal
paradigma/cambia visione delle cose” (Creatura
di preghiera, vv.1-5), e prospetta al riguardo due possibilità.
La
prima consiste nel proposito di vivere con impegno la quotidianità, nondimeno
coltivando interiormente una preziosa tensione “verticale”, una sollecitazione
ascendente e “sublimante”: “Però del grifone,/nelle divergenti due
alterità,/per i suoi voli pindarici/egli sfrutti solo/le calde correnti ascensionali ” (Florilegio a due voci, vv.15-19, cors. mio); “All’uomo, che possiede ed ha,/ è necessario
coraggiosamente/ sublimarsi/ per sua
stessa virtù/all’illuminazione dello spirito” (Sublimazione, vv. 5-9, cors. mio).
L’altra
privilegia un particolare trattamento del “tempo”, rivolta com’è a conferire ad
esso quei tratti di intensità e di profondità spirituali tali da sperimentare, quand’anche
nella temporalità storica, barlumi di
“eternità”: “Sì, chiedere luce e bellezza/perché se viva/io voglio
essere,/nell’eterno sentimento/che tutto consuma e placa,/di te ho bisogno
tempo, tempo/clemente e veritiero,/nell’istante atteso e/sconfessato/della luce
metafisica” (Scintilla d’eternità,
vv. 60-69).
Si
tratta in fondo di quel concetto di eternità come plenitudo vitae elaborato nel primo Medioevo da un filosofo quale
Severino Boezio, il quale, pur attribuendo il tempo eterno soltanto a Dio, nel De consolatione philosophiae (circa 523
d.C., libro V, cap.6) ne teorizzava la
possibilità altresì per chi vivesse nella realtà terrena, precaria e transeunte,
ove questi fosse in grado di percepire “la presenza dell’attimo fuggitivo”(“praesentia huius exigui volucrisque momenti”),
che reca in sé l’ “immagine di quella immutabile presenza”(“manentis illius
praesentiae imago).
Rita
Fazio è ben cosciente che conseguire un risultato siffatto è decisamente impegnativo;
sa poi che è quasi impossibile garantirgli durata e quindi resistenza al trascorrere
“metamorfico” del tempo comune, e tuttavia a questa eventualità la poetessa non
è disposta a rinunciare: “Custodire l’ebbrezza vitale/nell’emozione che non ha
nostalgia/e non ha sogno./E’ purezza di vita/dell’attimo libero,/dell’essere;/è
purezza di quell’attimo/ineluttabile, impalpabile/che ami di te,/libera di
essere” (Fisicità dell’essere, vv.
6-16).
Floriano Romboli
Rita
Fulvia Fazio, Metamorfosi e sublimazioni,
Milano, Miano Editore, 2019.
Ringrazio sentitamente il dottor Floriano Romboli del suo tempo, del suo impegno esegetico sul mio testo "Metamorfosi e sublimazioni". Mi è subito piaciuta l'introduzione nel rilievo alle "impressioni" che già i critici letterari della portata di F. De Sanctis e A. Monigliano esaminarono. Condivido quanto lei esprime, signor Floriano: esse devono sussistere "criticamente ragionate in un procedimento di attenta e concreta verifica testuale". Conferiscono la personale impronta del critico. La sua avvalora splendidamente questa pregevole lettura. I miei complimenti e ringraziamenti per la gradita sorpresa. Nazario, ringrazio anche lei di cuore. Cordialmente. Fulvia
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