Maria
Rizzi su “INNESTI” di Marisa Cossu
Tracce
Edizioni
Ho ricevuto
“Eccomi dove l’abito è rimasto impigliato,
dove si staglia l’isola allo sguardo,
il
luogo a me più caro,
dove il cuore è sepolto nell’incàvo
delle rocce e la sabbia
è
bianca più del volto”
(tratti
da “Saffo”)
L’Opera
è prefata in modo magistrale dall’Amico Franco Campegiani, che definisce il
lirismo di Marisa: “Poesia filosofica, estremamente raffinata, dove senza forzature
compaiono tocchi epicurei e oraziani di sorridente saggezza e freschezza”.
Mi sembra
giusto partire dal titolo, che può sembrare atipico, ma risponde esattamente
alla scelta di alcune poesie dell’Autrice. Gli innesti rappresentano
l’inserimento in una pianta di una porzione d’altra pianta della stessa specie
o di specie diversa, allo scopo di migliorarne la qualità.
“Iniziò il breve secolo mio padre
piantando un tronco tra una guerra e l’altra,
tra l’inferno e il ritorno; e fu così che il legno
esalò infine un palpito di foglia,
un
segno esile e sacro
aperto a meraviglia”
(tratti da “Innesti”)
L’ottimo
Franco ha intitolato
“Cammina il tempo, né mai si riposa.
Il
mondo muta, tutto giunge a quiete,
cadono stelle e l’ombra di ogni cosa
segue
la scia di flebili comete”
(tratti dal sonetto “Cammina il
tempo”)
Molto
caro a Marisa il tema della conoscenza, inteso in senso epicureo, ovvero come
primato dei sensi sull’intelletto, laddove le sensazioni rappresentano lo
specchio della realtà e possono dirsi vere. Le sue poesie lasciano sulla
battigia della vita le impronte del nostro essere eterni, visto che l’esistenza
è un passaggio e solo la memoria eterna potrà rappresentarne una testimonianza.
Ella dilata l’orizzonte poetico in corrispondenza dell’espansione della sua esperienza.
“Dalla morte nasce la vita nuova:
il
futuro indugia nel gran mistero
di
un contorto tronco che soffre e prova
dolore vero”
(tratti dalle strofe saffiche
di “Nascite”)
Il
tema dell’innesto resta presente, diviene metaforico, simbolizza spesso
l’inserimento di costumi nuovi su antiche tradizioni, la volontà di recuperare
la sapienza dei filosofi per applicarla alle storie di oggi. Ma il lirismo di
Marisa è anche volo. Ci troviamo di fronte a una Poetessa che riempie con la
sua presenza - assenza tutto lo spazio dei versi, a tratti è corporea, carnale,
spesso vaga, inafferrabile come un’anima. La donna carnale è immersa nella concretezza
quotidiana, nella vertigine della semplicità.
“Dell’apparenza non mi prendo cura,
poco
mi basta: son senza dimora,
compagni occasionali, se mi gira,
e
fischiettando una giornata intera
son
cicala che mai niente impara”
(tratti da “Vita grama”)
La
creatura dalle ali spalancate, incorporea, si rivela nelle liriche visionarie,
splendenti di immagini. Sembra di assistere a una reimmersione nel ciclo
perenne di morte e rinascita, a una discesa negli alvei percorsi da linfe sorgive.
Borges asseriva: “Nessuno è la patria. La patria è un atto perpetuo come il perpetuo
mondo” e Marisa, talea degli affetti, amante degli innesti, sa lasciarsi andare,
è desiderosa di comunicare la sua consapevolezza, umana, oltre che filosofica,
che alla fine del nostro vagare finiremo per conoscerci per la prima volta o
per non conoscerci mai.
“M’ illumina di nera inconsistenza
l’essere balbettante
immerso nel mistero
che
qui compare immenso
abbracciato alle cose
cui
dà nome il mio cuore.
E
mentre scrivo già la notte cade”
(tratti da “Si spengono le luci”)
Difficile
trovare le parole per definire l’acrostico che
Mi ha
avvolta come un turbine di scirocco, mi ha stordita come un soffio al cuore.
Tutti
concepiamo versi dedicati ai genitori, ne ho letti centinaia e spesso ho
avvertito gli occhi inumidirsi. I territori della memoria danno senso alle
nostre storie, ma creano slivellamenti negli equilibri acquisiti e, visitandoli,
si scivola sull’olio dello scontato. E’ un rischio inevitabile. Marisa ha composto
un acrostico, che di per sé crea un’ossatura forzata, ma nessuno se ne accorgerebbe
se non l’avesse precisato sotto al titolo. La lirica è un miracolo di compiutezza,
di originalità, di amore.
“Poi scenderai dal quadro
Appeso
alla parete della stanza
Dove solevi stare alla finestra
Rileggendoti il libro
Evanescente dei nostri ricordi.
Mi
troverai ad attenderti
Intenta ad osservare
Ogni tuo gesto caro, ogni parola”
(tratti da “Padre mio”)
La nostra
Autrice, come sottolinea Franco Campegiani, sa viaggiare su molti altri
registri, si concede di giocare con la lingua, di toccare corde ‘scherzose e
ammiccanti’, di tessere liriche d’amore prive di enfatiche morbosità. Scrive
per passione, senza esaltare le indubbie qualità di studiosa; scrive ispirata
da un fuoco creativo che non finisce di stupire; scrive per amore e ogni
lettore riceve le vibrazioni di tanto amore. L’ho assorbita con tanta avidità
che ho provato la sensazione di saccheggiare i suoi desideri, le sue
speculazioni, la sua sofferenza, i suoi sogni. Ho temuto di compiere una
sottrazione… non mi era mai successo. Forse desidererei
scrivere come lei… per infiniti dolci motivi
Maria
Rizzi
Ringrazio di cuore Nazario per il suo immenso altruismo e Marisa, che sopravvalutandomi, gli ha inviato il mio tentativo di recensire il suo splendido testo. E li abbraccio entrambi.
RispondiEliminaCarissima Maria,
RispondiEliminasono davvero commossa e onorata della bellissima, accurata nota critica al mio libro "Innesti". la tua lettura ha colto il nucleo della mia significazione poetica in una pregevole disamina della mia opera. Con grande riconoscenza e umiltà d'animo, ti rendo omaggio per la tue doti creative, professionali ed umane. Straordinaria amica, cercherò di tornare al "Voci", da te magistralmente diretto, per il piacere di incontrarti con il gruppo dei tuoi infaticabili collaboratori.Quella magica esperienza rimarrà impressa tra i più significativi eventi della mia vita poetica. Abbi tutta la mia ammirazione per le molteplici attività di scrittrice, poeta e di promotrice della cultura. Ti auguro il meritato successo. Con gratitudine ed affetto
Marisa Cossu