Presso il Museo Civico
"Mario Antonacci"
di
Albano Laziale
LA FORMA MOBILE
Dal 3 al 24 ottobre, mostra postuma di opere dello scultore Lamberto Limiti
Tra i ricordi più significativi che ho di Lamberto Limiti, artista e amico da poco scomparso, spiccano quelli legati alla sua partecipazione alla Fiaccolata dionisiaca, kermesse ideata dall'Accademia Castrimeniense nel 2009, con animazioni di poeti, musici e artisti chiamati a sfilare in corteo per le vie del centro storico di Marino ad apertura della 85^ edizione della Sagra dell'Uva.
Torce in mano, in orari
serali, poeti giunti da ogni parte d'Italia si esibirono a declamare i loro
versi in angoli suggestivi del borgo antico, dove erano state collocate
sculture (tra cui quella di Lamberto) realizzate con materiali deperibili e poi
bruciate in un falò scenografico ed altamente simbolico al termine della
manifestazione, arricchita dalla partecipazione dell'attore Gianni Musy e di
noti personaggi del mondo musicale e dello spettacolo.
Atmosfere da happening, con un indubbio richiamo al
retroterra di tradizioni orali e gestuali che tendono da tempi remotissimi ad
avvicinare artisti e spettatori, facendo del risultato estetico una sorta di environment, con pantomime e parodie, performances destinate ad esaurirsi in
se stesse, entusiasmarono il colto corteo e i visitatori bacchici, nonché la
gremita platea appesa alle finestre e ai balconi del centro storico. Il tutto
ispirato a Dioniso, ai temi festosi e tragici dell’effimero, del contingente,
del caduco, mandando al macero l’egocentrismo che tende a irrigidire in formule
e schemi fissi e statici l'opera dell'uomo, mentre ogni vero artista sa che la
sua creatura può essere viva per un solo istante, dopodiché precipita nel rogo
del tempo, per fare spazio a nuove primavere della creatività.
Fu grande, Lamberto,
in quella circostanza. In disparte, con gli occhi lucidi, assistette commosso,
tra la commozione generale, alla distruzione del suo Mascherone di cartapesta, mentre prendeva fuoco scoppiettando nel
grande piazzale antistante le cave di peperino, dove si svolse l'atto finale
dell'evento dionisiaco nel mezzo di una spettacolare danza del ventre. Aveva
aderito con entusiasmo allo spirito della manifestazione, intimamente convinto
del fatto che l'opera oggi creata deve essere bruciata a fine giornata
dall'artista, come dall'uomo in generale, chiamato domani ad avviare nuovi
processi della propria creatività. Ed è in tal modo, sacrificando il proprio
narcisismo, che egli può avvicinarsi al modus
operandi della natura, riconducendo la propria storia evolutiva entro
l'ambito della crescita naturale.
C'è, nella poetica e
nell'opera di Limiti, la felicità per l'incontro e per l'intesa intima e
profonda dell'uomo con il creato. C'è la ricerca inesausta di una forma archetipa,
mobile ed essenziale a un tempo, principio inesauribile della nascita e
dell'espansione della vita. Il tutto prediligendo la linea ondulata, flessuosa,
maternale, che muovendosi crea il proprio spazio, assorbendo la linea retta e
mascolina che invade e modifica esplosivamente dall'esterno uno spazio già
dato. Una visione sacrale della vita, dall'erotismo panico, con
rappresentazioni di anatomie emblematiche, deputate alla continuazione perenne
della vita. Una poetica biomorfica, organicistica, dall'intenso movimento
plastico che non conosce interruzioni e si sviluppa in moti curvilinei con
respiro unitario costante.
Forme duttili,
tentacolari, aperte a ventaglio, che nascono da un'unica spinta e si sviluppano
fluidamente in mille direzioni. Masse proteiformi, alludenti alla cellula
organica, alla forza genetica interna della vita. L'artista è giunto a questo
vitalismo festoso dopo avere attraversato fasi estetiche di indagine
scientifico-matematica del mondo, alla ricerca delle architravi portanti ed essenziali
della realtà fisica e sviluppando gradatamente il geometrismo iniziale in uno
strutturalismo organico che ricorda l'armonia di opposti propria dei processi
creativi del creato. In tal modo la sua poetica si è depurata di ogni
apriorismo umanistico, assimilando la creatività dell'uomo a quella della
natura; il suo fare (da poiein, poesia) al fare del
creato; la sua opera a quella del fulmine tra gli alberi, la sua poesia al canto degli animali.
Un lavoro, quello di
Limiti, fortemente influenzato dalle avanguardie storiche - di ascendenza
surrealista, più che futurista - con quella scoperta di una natura artifex che sancisce un netto
distanziamento dalle estetiche umanistiche dei secoli trascorsi e spinge ad
un'arte vitalistica, tendenzialmente anonima, modellata dalla natura stessa, da
cui la mano dell'uomo si lascia docilmente guidare. Il tutto nel solco di
artisti come Arp (ma anche Brancusi e Moore), dominati da un demone che li
spingeva a lavorare come il vento tra le nuvole
o tra le scogliere il mare. Una visione della natura non più naturalistica, ridotta ossia ad oggetto dell'osservazione umana, come accadeva in
passato, bensì fondata sul coinvolgimento diretto dell'uomo con le cose.
Diplomatosi
presso l'Istituto Statale d'Arte di Roma nel 1963, Lamberto ebbe Maestri eredi
delle avanguardie più accreditate, i quali non fecero che esaltare il vitalismo
di cui la sua visione estetica era istintivamente imbevuta. Tra costoro Ettore
Colla, con la sua lezione del recupero in senso estetico di materiali scartati
da una cultura altera e dissennata; o Lorenzo Guerrini, con la sua tensione
all'essenzialità rupestre che lo aveva
portato a scolpire direttamente in cava; o Carlo Lorenzetti, con il
senso spaziale ed aereo della sua arte metallica. O ancora Giuseppe Mazzullo
per l'arcaismo petroso ed archeologico delle sue sculture; o Alberto Gerardi
per la sapienza artigianale e per la stretta aderenza del fare artistico ai
materiali (il legno, per Lamberto, in prima fila).
Un altro ricordo che
ho dell'artista è la sua partecipazione alla Rassegna Regionale d'Arte Giovanile svoltasi a Marino nel 1962
presso l'antico Tempio Gotico di Santa Lucia, ora Museo Civico "Umberto
Mastroianni", dove venne premiato fra le giovanissime promesse regionali
dell'arte, dando inizio a un interessante percorso di mostre organizzate in
Italia e all'estero. Finiti gli studi si dedicò all'insegnamento, in un primo
tempo presso l'Istituto Statale d'Arte di Tivoli nelle discipline di cesello e
sbalzo, e successivamente, dal 1971 al 2000, presso l'Istituto Statale d'Arte
"Paolo Mercuri" di Marino, come Docente di Forgiatura e Tiratura
nella Sezione Metalli. Molte attenzioni Lamberto dedicò all'arte orafa e va qui
ricordato il progetto di una grande mostra di monili di cui volle informarmi
prima dell'insorgere della lunga malattia che infine lo consegnò alla morte.
Sono gioielli, i
suoi, a tre dimensioni, ori e argenti dal sapore arcaico, con rari e suggestivi
innesti ceramici, lavorati con raffinatissima maestria in un primitivismo simbolico
rude e gentile nello stesso tempo. Minisculture che comunicano l’idea della
metamorfosi, della trasformazione, della crescita, le cui rotondità alludono
all'equilibrio dinamico della natura. Una natura non idilliaca o bucolica, ma
dall'indomita forza che genera, si, morte, ma anche e soprattutto vita. E fu il
legno, come già detto (mogano, frassino, noce, ulivo, eccetera; anche se non
solo il legno) il materiale largamente prediletto dalla sua musa affascinata
dal mistero vegetale. Né è qui fuori luogo accennare, al di là del suo impegno
estetico, alla passione di Lamberto per l'agricoltura (ovviamente biologica)
cui dedicò amorevoli cure nell'arco della vita.
Un amore per la natura a trecentosessanta gradi. E memorabili i legni con cui egli partecipò, nel 2007, alla ricognizione artistica intitolata Profili, organizzata dal Comune di Marino nel Museo Civico "Mastroianni". Un artista immerso nella potenza tellurica della terra sulla scia dell'avanguardismo in generale. Quell'avanguardismo che, dopo millenni di storia tesa all'affrancamento dell'uomo dalla natura, profetizzava il tutt'uno dell'uomo con le cose, in un progetto che avrebbe potuto e dovuto essere di collaborazione cosmica, ma che sta invece degenerando in un processo di annullamento e di reciproca fagocitazione. Ci troviamo oramai nel Postmoderno, in uno scenario che sta repentinamente cambiando e che richiede sforzi titanici per evitare sia all'uomo che al mondo di imboccare la strada senza ritorno di una definitiva uscita di scena.
Franco Campegiani
OPERE DELL'AUTORE (Foto tratte dall'archivio personale di Franco Campegiani)
Non sono potuta andare al Museo Civico di Albano Laziale, ma conosco le doti esegetiche del nostro Franco e la sua immensa capacità di rendere valore alle mostre d'arte, in quanto in passato ho presenziato a numerosissimi eventi inaugurati dal mio amico. Leggendo la sua introduzione alla Mostra di Limiti, artista e amico del Nostro, da poco scomparso, resto avvinta da ogni parola, dagli infiniti messaggi lasciati dall'Artista. Di grande valore il richiamo alle 'atmosfere da happening, con un indubbio richiamo al retroterra di tradizioni orali e gestuali';il suo infinito amore infinito per la Natura. Franco asserisce che era 'immerso nella potenza tellurica della terra sulla scia dell'avanguardismo' e tramite la forza tonante delle parole di Franco e le foto esposte, si ha la sensazione di vedere questo Scultore - Orefice, di celebrarlo e di trovarci in questo scenario post -moderno eppure caldo, avvolgente, vicino alle tradizioni. Pagina che stordisce e consente di sentirsi fusi con l'Arte. Ringrazio Franco, mi scuso per l'assenza e lo stringo insieme al nostro immenso Condottiero.
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