Piero Ferrari
NOTE CRITICHE SU “IPOSTASI DI BUIO”, DI ROSSELLA CERNIGLIA
Piero Ferrari
NOTE CRITICHE SU “IPOSTASI
DI BUIO”, DI ROSSELLA CERNIGLIA
Già
nel titolo che presenta ed annuncia l’opera, “Ipostasi
di buio”, è sincreticamente contenuta la natura aporetica della
poesia di Rossella
Cerniglia.
Il
termine ipostasi, infatti, sottende una semantica assai complessa e
contraddittoria. All’interno della cultura ellenistica, e specificamente nel
lessico plotiniano, identifica un sostanziale ente metafisico che, nella sua
triplice ripartizione, esaurisce e rappresenta l’intero campo dell’Essere. Ipostasi
è ciò che “sta sotto”, la condizione di possibilità dell’esistente, ovvero,
l’essenza ontologica del fondamento. Con il passare del tempo, tuttavia, il
lessema assume un significato assai differente, fino ad essere utilizzato, nel
nostro contempo, come sinonimo di ciò che appaia pretestuoso e implicitamente
aleatorio: operare un’ipostatizzazione esprime, nell’attuale contesto
linguistico, un’indebita tendenza ad assolutizzare ciò che è relativo, ad
attribuire importanza a ciò che, in
realtà, è da ritenersi secondario e marginale.
Su
tale ambiguità semantica si snoda l’impianto compositivo della silloge che, da
un lato, sembra inclinare verso una concezione universale e cosmica della
negatività dell’esistente (prima e seconda sezione), mentre, dall’altro, (terza sezione) parrebbe proporne
una visione più attenuata ed intimamente vissuta all’interno di una dimensione soggettiva assai tormentata e
sofferta.
Comunque
sia, prevalgono le parole della sconfitta e della resa, il rammarico per un
destino rovinoso, impietosamente sordo ad ogni supplica e preghiera,
ineluttabile nel suo incedere bronzeo e distruttivo. È il cupo orizzonte del naufragio
contro il quale, jaspersianamente, si infrangono le possibilità dell’esistenza
lasciando il posto alle dimensioni del vuoto e dell’assenza.
Così
il testo: “Vennero a riva / barche / piene di buio / […] e nella tenebra
diffusa / nacque un vortice / che non era luce” (Barche);
“Ho visto il fondo / di un’oscurità galleggiante / e non era materia / ciò che
stringevi tra le mani / non era acqua né fiele / era ciò che domani / sarebbe
stato / un colore riempito / del suo essere nulla / solo nera inconsistenza” (Sostanza di un sogno); “Non c’è giorno che
non nasca morto / non c’è morte che risorga in noi una nuova vita / […] Che
resta, alla fine di tutto / di questo
mare sporco di impressioni / di questa luminaria fatiscente / che vorrebbe
gioire e non gioisce / […] Ora dirò: che resta di questo / strepito immane, del
multiforme vuoto / che ci incalza ad un agire vano ed insensato / che resta di
questa misera spoglia della vita / […] A quale mare a quale sponda / approderà
il destino che mi vive / e con me procede nel flusso senza storia? / E tu
inviolabile Demiurgo / quale sorte decidi? Dove risiede / l’ordine perfetto
delle forme / in quale remoto universo parallelo / se qui l’estrema notte del
caos / ancora dura? […] Sarà buio senza stelle oltre il tracollo / senza
sentiero il cammino del mondo” (Profondo inferno);
“Emergono i giorni / e le ore / dal connubio col niente / […] le strade non
conducono / fuori dalle nebbie / da nessun porto salpano le vele / e le case
hanno occhi vuoti / ciechi all’amore / sordi a ogni speranza” (Emergono i giorni).
Buio,
tenebra diffusa, vortice, fondo di un’oscurità, nera inconsistenza, notte del
caos, costituiscono l’alfabeto rovesciato di una poetica del Nulla che si
alimenta di concreta mancanza e si esalta nella privazione. Tali orizzonti senza
stelle, tali occhi vuoti ciechi all’amore, sordi a ogni speranza,
esprimono la metafora di un percorso esistenziale giunto al limite estremo
della rappresentabilità oltre il quale solo un apofatico e
kierkegaardiano salto nella fede potrebbe azzerare le condizioni di
partenza. Malgrado il lessico in parola ricordi il vocabolario dei grandi
mistici, in particolare la Notte oscura di San Giovanni della Croce, non
si riscontrano nel dettato interno a Ipostasi di buio
significative aperture alla dimensione trascendente; piuttosto, l’unica fonte
luminosa in grado di consentire una possibile svolta esistenziale sembra
scaturire dal ricordo, seppur tormentoso, di un amore perduto. Tale traccia
mnestica, maggiormente presente in Amore amaro,
tuttavia, appare caratterizzata da un’ambiguità fortemente conflittuale: la
persona amata rievocata da una nostalgico rimpianto della memoria, appare,
nello stesso tempo, oggetto odiato, non in grado di garantire, né per il
presente, né per il futuro, alcuna credibile speranza di realizzazione e di
fiducioso appagamento.
Come
accadde nel modo di sentire romantico, lo scacco esistenziale si riverbera e si
riflette sugli elementi che compongono il multiforme scenario della natura: il
cielo si fa grigio, le nuvole pesanti, il mare sporco, gli orizzonti bui,
l’azzurro rinchiuso, ciò che resta arido, la terra franta e scoscesa.
Il
respiro del Nulla si distende nel tempo e nello spazio a perdita d’occhio, non
lasciando aperta alcuna via di fuga, se non nella forma infantile del sogno. Le
dinamiche esistenziali si fondono con la storia collettiva, le une e l’altra
affratellate, nella loro inane inconsistenza, dal connubio col niente
(cit.).
Conclusivamente parrebbe lecito porsi la domanda se sia possibile descrivere ciò che l’autrice definisce multiforme vuoto. Il vuoto non è forse parente stretto del Nulla? Su quali basi, allora, argomentare su ciò che, per definizione, non è, né potrebbe, in alcun modo, esistere? Tale paradosso esprime l’essenza autentica della poesia motivando, nel medesimo tempo, l’ultima sfida letteraria di Rossella Cerniglia. Quanto nulla e poesia costituiscano un binomio inscindibile, e come il rapporto intercorrente tra loro sia da considerarsi fondamentale e costitutivo, fu lucidamente espresso da Martin Heidegger in Introduzione alla metafisica: “Il nulla permane fondamentalmente inaccessibile a ogni scienza. Chi vuole davvero parlare del nulla deve necessariamente rinunciare all’atteggiamento scientifico. […] Solo la poesia appartiene al medesimo ordine della filosofia e del suo modo di pensare. Ma il poetare e il pensare non sono a loro volta identici. Parlare del nulla seguita a essere, comunque, per la scienza, un orrore e un’assurdità. Può farlo, al contrario, oltre che il filosofo, il poeta: e questo non per via di un minor rigore che, secondo l’opinione comune, è dato riscontrare nella poesia, ma perché nella poesia (s’intende solo nella più autentica e più grande) sussiste, nei confronti di tutto ciò che è puramente scientifico, un’essenziale superiorità dello spirito”.
Piero Ferrari
Rossella Cerniglia, Ipostasi di buio, Guido Miano Editore, prefazione di Enzo Concardi, Milano 2020, pp. 100; isbn 978-88-31497-17-6.
Stupenda pagina di critica letteraria di Piero Ferrari sul testo di Rossella Cerniglia "Ipostasi di buio", che riesce a essere fruibile, nonostante si cimenti in una Silloge dal contenuto ricco di speculazioni filosofiche. L'Autrice affronta l'affascinante tematica del rapporto di Heidegger con quello che definiva 'il sacro nulla',e quest'ultimo venne accusato da cattolici e protestanti di nichilismo e di ateismo per aver messo il nulla sullo stesso piano dell'essere, anzi a suo fondamento.Ferrari,
RispondiEliminain questa poderosa esegesi sonda il mistero di tale rapporto nel lirismo della Poetessa e asserisce che solo i filosofi e i Poeti possono osare nei territori ritenuti assurdi dalla scienza 'un orrore e un’assurdità', in quanto i versi conservano 'un’essenziale superiorità dello spirito”'.Mi congratulo
con il magistrale Ferrari e con la Poetessa, a me nota per la costante presenza sull'Isola, e li saluto con grato affetto.
Ringrazio sentitamente Maria Rizzi per l'argomentato commento.
EliminaRingrazio, infinitamente, Piero Ferrari per l'analisi colta ed esaustiva del testo, e per la penetrazione profonda dei suoi nuclei fondamentali. Le sue parole rispecchiano in pieno la visione presente nei versi di "Ipostasi di Buio", dedicata alla condizione storica attuale e al suo inevitabile riflesso sull'esperienza individuale. Rossella Cerniglia
RispondiEliminaSono io a ringraziare l'Autrice per il generoso apprezzamento.
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