Anna Vincitorio, collaboratrice di Lèucade |
NAZARIO
PARDINI
Nel
frattempo viviamo
Guido
Miano Editore
2020
Frattempo
è interessante perché indica un intervallo di tempo in cui scorre la nostra
vita. Vivere è importante per ciò che noi siamo e sentiamo. Per un poeta vivere
è poesia. Poesia legata al suo sentire, vibrante come un’arpa celtica. Nella
poesia un percorso può essere avvincente, malinconico ma mai scontato perché le
immagini nel loro scorrere, assumono tonalità cangianti che il lettore adatta
al proprio sentire. Il poeta, anche coi suoi silenzi, trasmette molecole di
luci e di ombre. È importante perché ci introduce nella sua vita. Vita d’arte.
Pennellate più o meno dense di sensazioni.
Con
lui viviamo il suo percorso. In lui ci identifichiamo. Sempre presente in
Nazario la natura in tutte le sue parvenze: “Un colore c’è sempre / e un
movimento / o un canto”. La natura è compagna dei nostri ricordi “di foto ormai
sfumate/ di visi giovanili d’altri tempi”. Tutto ha un corso e nella miriade
degli eventi che hanno dato forma alla nostra vita, noi viviamo. E vita è
amore. Siamo circondati da armonie non sempre visibili; possono confondersi “in
mezzo alle minuzie”; ma è importante che ci siano. L’alternarsi dei giorni dà
corpo alla nostra vita; possono essere anche tutti eguali ma è importante il
loro susseguirsi. Tracciano un cammino che noi percorriamo volenti o nolenti.
E, nel nostro cammino, incontri: il bene e il male, la gioia e la disperazione,
il pessimismo e la speranza. In questo suo ultimo testo poetico, Nazario ci
svela a sprazzi l’ironia quasi a voler mascherare il suo sentire inquieto.
“Come
è scaltro il tempo!/ Mi nasconde il suo passare/ ora con il profumo
del
mare,/ ora con il volare dei passeri/ ora con foglie rame quando autunna”. È
sempre lui cantore del mare e si entusiasma al volare di teneri uccelli. Ama la
terra, la sua origine e i ricordi legati alle cose: … “di mio padre i sogni/
inumiditisi in stanze fredde,/ di mia madre i respiri fiochi/ degli ultimi
sospiri”.
Panta
rei –
la terra si muove; siamo particelle di un universo; ma, il dove andremo non ci
è dato di saperlo. Siamo vecchi ormai, ma, sempre nel frattempo viviamo. Alla
vita agognamo sempre più perché il tempo ci è nemico. Più si allunga, più è
corto il filo che ci resta. Riaffiora nel poeta il bisogno di una presenza.
Accanto a lui, al suo mare e “tra i barbagli dei flutti/ e il maestrale/ la
sagoma dell’isola fatata”. Ogni poeta ha una sua isola irreale ma
irrinunciabile, gioia e rifugio delle proprie fantasie. E ancora ricordi: “i
tuoi campi, i tuoi monti,/ il tuo piano, la pineta…/ là il tuo fiume/ la sua
foce/”. Elementi della vita di Nazario e ogni elemento lo sente di sua
appartenenza e di conseguenza, la paura di perdere ciò che ha corredato la sua
vita. Vita è luce; è sole “ma attento agli strali del sole/ che annientano ogni
lume,/ uccidono le stelle,/ creano ombre, penombre/ o conducono il chiarore di
luna/ vaporoso ricordo di luce”. Sensazioni in noi connaturate ma occorre la
mano del poeta per farle vibrare. In questo testo le liriche sono spesso brevi
ma compiute. Null’altro si potrebbe aggiungere perché i concetti in esse
espressi, sono lapidari. “Siamo incastonati/ solo per un attimo/ in una
immensità di vuoto/ che per non scorarti / finge di essere blu”. Nazario rimane
il poeta dell’amore, condizionato dall’influenza della luna. Amore e luna
personificati. Componenti della sua indole in un dualismo inscindibile. Le
immagini da lui create fluttuano perdendosi nel vento. Poesia permeata di
realtà. Una realtà che è anche fantasia mutevole come le onde del mare. La sua
anima carpisce ogni singola vibrazione e “nel vivaio della poesia” mantiene in
vita i “rumori nell’oceano blu stellare”. Le stelle sono in alto, lontano; in
basso, l’oceano. Ma in un punto remoto si congiungono formano un unicum.
Non si
può parlare di conclusione in un’opera poetica perché il finisce di
parlare
per poi ricominciare nuovamente. “Volai nei cieli,/ libero volai,/ ma dietro mi
portai/ le scalfitture/ che uccisero il mio corpo/ per la via/ da dove io
fuggii di prigionia”.
Gratificanti
le tue parole, Nazario, perché foriere di libertà e la libertà di
vivere
ci fa accettare “il peso della fine”.
E nel frattempo viviamo!
Anna Vincitorio
Firenze,
27 ottobre 2000
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