PREFAZIONE
Giusy Frisina, collaboratrice di Lèucade |
In questa silloge, struggente, di Giusy
Frisina, si realizza un check up esistenziale dai molti significati. Tra questi
il più evidente appare a chi scrive questa nota, la capacità di far coincidere
la stessa materia dei sogni con lo stato d’inerzia della non vita che abbiamo
trascorso, il tutto lacerato dall’impossibilità di tacere, con la parola che
fatica a liberarsi da uno sdegnoso silenzio. La poetessa occupa uno segmento
vuoto, lasciato tale dalla disintegrazione della realtà, potente ancor prima
che nei suoi effetti, nella produzione fantasmatica imposta, giocoforza, anche
ad orecchie abitualmente sorde.
Non tragga però in inganno la tanta
realtà che si respira in questi versi, vero è che alla base della fantasia ci
sono le leggi, severe, della logica, e che un testo simile va ad occupare un
posto in quella memoria collettiva che accompagnerà il nostro domani quasi alla
stregua di una testimonianza giornalistica, ma il canto è epico e la forza lenitiva
non è disgiunta dal vulnus narcisistico della poetessa, il cui pensiero
creativo-evocativo si rivolge non ai posteri o ai contemporanei ma a un altra
sé stessa cui è affidato un messaggio salvifico e a cui spetta il compito di
tradurlo in una ebbra sintesi emozionale di conoscenza del mondo.
La contemplazione della Frisina
esorcizza le paure esplorando una dimensione diversa, per molti aspetti
inconosciuta, della vita, va oltre i segni del visibile, per affrontare il difficile
dialogo con la natura e con la materia. E’ poesia contingente, ci accompagna
nel vuoto, interpreta i nostri bisogni, i nostri istinti, ma reclama una nuova
dimensione dell’essere; fatica a mantenersi razionale anche quando vuole dare
unitarietà al potere soprannaturale della poesia e si fa interprete, autoritaria
ed autorevole, di una volontà divina.
Scrisse Pablo Neruda, a proposito delle
sue ‘Poesie d’amore’: ‘In virtù di un miracolo che non comprendo, questo
tormentato libro ha indicato a molti uomini la strada della felicità. Quale
migliore approdo può un poeta proporre alla sua opera’. L’amore, certo. E forse
è questo che ci sta dicendo la Frisina. Ce lo dice laddove dilata la realtà, la
lacera per riaffermare l’amore per la vita con l’urgenza tipica delle grandi
passioni e con la ricerca di un equilibrio tra il sogno e lo stato cosciente.
Imbalsamando un’epoca, l’autrice,
sembra voler dar retta a Eugenio Montale che a un’operazione simile affidava,
nel suo pensare, la saldezza del perpretarsi dell’espressione poetica. Sono
questi della Frisina, a differenza di cosa abbiamo incontrato in pregressi
lavori, versi potenti, ma immediatamente familiari, affatto ermetici, che
restituiscono al lettore un enunciato scabro, saldo che cresce spinto dall’intensità
che esce dalla caverna per ristutturarne la coscienza. Ma non c’è fatica di
stile, la germinazione, lo si avverte, è spontanea, e anche qui si può
richiamare Montale che, nella sua enunciazione sull’immortalità della poesia
cita soltanto quella ‘che sorge spontanea’.
La Frisina ci accompagna nei tempi
diversi della ‘pandemia’ filtrandone l’angoscia, destrutturalizzandola fino a
esorcizzarla, trasforma le grida di allarme in altrettante possibili, nuove
prospettive e opportunità. I tempi sono scanditi dalle sue antenne recettive, in
una cronologia speculare delle reazioni emotive e non importa se non si segue
l’ordine proposto dalla psicologa Elisabeth Kübler-Ross che ha descritto un
modello a cinque fasi: il diniego, la rabbia, la
negoziazione, la depressione, l’accettazione. Quanto a noi, possiamo, di fronte a
questo, essere insufficienti, certo non sordi.
In ultimo lasciamo Giusy Frisina nella sua isola
addormentata ‘che c’è nel cuore di ciascuno’ perché, ricordando Gabriel Garcia Marquez, anche lei in
fondo, ne siamo certi, vorrebbe dormire ‘non per stanchezza ma per nostalgia
dei sogni’.
Jacopo Chiostri
LUNAL PERIGEO (dalla finestra)
La Luna è una finestra
sulla notte
Ora che finestra davvero
È diventata la vita
Vuoto specchio del mondo
Occhio di sole e nuvola
Sorella un po' matrigna
Che sorride
Nel silenzio abissale del tempo
Quasi ragazza impudica ed ignara.
Ma meno consapevole il tuo sguardo
Che vola oltre i numeri del giorno
E vede dopo il pianto
Come di bimbi mai stanchi alle finestre
Almeno in questa notte
Una giostra di fate
E un nuovo ciclo di vita
NESSUNO
Nessuno c’è
Nella landa deserta
Nel mondo che non credevi vero
Fuori dal tempo malato che
vedi
Trascinarsi nei resti
Di una tempesta imprevista
Nessuno nuota solo
Solo nella striscia di luce
Nessuno era già pronto
Quando il mondo non era pronto
Sapeva tutto quando non sapeva
nulla
Guardava una madonna nera
Arrivare dal mare
Su una barca di legno
E un gabbiano solitario
Volare incontro al tramonto
Viveva come in una visione
Con la gioia nel non senso
Mentre gli altri stavano
facendo selfie
E sembrava che tutto quel
baccano
Potesse durare in eterno
Una perla questa lettura dell'ultima Silloge di Giusy di Jacopo Chiostri. Vola sull'originalità, sull'estro, sulla volontà di affrescare la poetica sublime della mia amica antica, con parole diverse e con straordinari riferimenti a Pablo Neruda e al suo capolavoro "Venti poesie d'amore e una canzone disperata', del quale cita: ‘In virtù di un miracolo che non comprendo, questo tormentato libro ha indicato a molti uomini la strada della felicità' Miracolo che Jacopo identifica con l'amore... E non potrebbe essere altrimenti, visto che l'accostamento è con l'Opera di Giusy, che nella vita e negli scritti trasuda amore. Altro eccellente riferimento è quello a Eugenio Montale, che'affidava, nel suo pensare, la saldezza del perpretarsi dell’espressione poetica'. La chiusa dell'esegesi è la disamina degli argomenti trattati in essa, con lucidità, e con un riferimento al sogno che commuove. Ho ricevuto ieri l'Opera di Giusy e sono intimidita dopo una simile lettura. Complimenti al caro Jacopo e alla mia Poetessa, auguri lievi e dolci a entrambi e un forte abbraccio per ora virtuale... aspettando "Una giostra di fate/ E un nuovo ciclo di vita ...
RispondiEliminaGrazie cara amica antica anche a nome di Jacopo, sai che sei sempre nel nostro cuore. Un immenso augurio di buon anno a te e al il nostro Condottiero, come tu amabilmente lo chiami. Giusy
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