Maria Rizzi su “Sul Confine” di Giusy Frisina – Blu di Prussia Editore
Maria Rizzi, collaboratrice di Lèucade |
L’ultima
Silloge di Giusy Frisina “Sul confine” (Nel tempo – non tempo della pandemia)
edita dai tipi di Blu di Prussia, introdotta da un ottimo Giorgio Linguaglossa
e da un passionario, avvincente Jacopo Chiostri, tocca vertici lirici,
filosofici e umani di raro spessore. Il testo è vicino alle corde della mia
anima già dalla copertina, dove la stessa Giusy ha dipinto un faro: l’allegoria
del molo e del punto di riferimento nella navigazione marittima, ci lega in
modo indissolubile. Abbiamo libri con la stessa immagine di copertina: due fari
che ‘balenano in burrasca’, per usare un verso dei “Gabbiani” di Vincenzo
Cardarelli. Nulla avviene per caso e non si può certo definire una coincidenza
la scelta dello stesso simbolo, nonostante le caratteristiche profondamente
diverse dei libri. Io e Giusy amiamo il mare in modo totalizzante, ci rende
libere e felici… Ma, ripeto, non può
dirsi fortuita la scelta di un faro per una Raccolta di liriche sul tempo
sospeso. Mutuo dal caro Jacopo l’accostamento a Pablo Neruda, uomo del sud,
della pioggia e del legno, legato al suo oceano in modo viscerale, che attrezzò
il Winnipeg, uno scafo piuttosto malandato, per trasferire duemila esuli
repubblicani in fuga dalla Spagna franchista. Poco più che trentenne scrisse
una leggendaria pagina d’amore sul mare, permettendo a tante persone di
superare ‘il confine’. In modo diverso, senza ospitarci materialmente su uno
scafo, Giusy con i suoi versi ci traghetta oltre la vita negata.
“Nel silenzio abissale del tempo
Quasi ragazza impudica ed ignara.
Che vola oltre i numeri del giorno
E
vede dopo il pianto
Come di bimbi mai stanchi alle finestre
Almeno in questa notte
Una giostra di fate
E
un nuovo ciclo di vita” versi
tratti da “Luna al perigeo”
E dopo
l’accostamento al nobel della Letteratura cileno, mi sembra opportuno precisare
che la nostra Poetessa lo evoca solo nel libro citato felicemente da Jacopo,
Ovvero “Venti poesie d’amore e una canzone disperata”, per il resto si
allontana, in quanto Neruda era capace di commuoversi per il dramma dell’uomo,
non di penetrarlo e ricrearlo. Nella sua indole non c’era posto per la
sfumatura, la complessità dell’animo umano e per lo scavo in se stesso. Giusy è
sempre dentro la storia. La incarna, la interroga, ne patisce ogni aspetto. La
sua voce è appassionata e commossa… simile al mare che ama tanto. Il suo
respiro è ampio e inarrestabile, la sua apparente rassegnazione si nutre di
tenerezza, speculazioni filosofiche e ribellione e, sulla cresta dei versi
porta i relitti del nostro tempo – non tempo verso un lido sublime: la poesia
nuova, oserei dire del futuro. Vi è nella Raccolta una lirica centrata sul mare,
sui moli e sul già citato faro, che mette in risalto le voci che
“Adoro il mare
Ma
anche i porti hanno il loro fascino
Per non parlare dei fari
Potessi stare in quarantena in un faro
A
guardare per ore l’orizzonte steso
Sui flutti blu dei desideri!
Ma
importante è avere un porto
Per quanto malsicuro l’attracco
Se
l’anima che vi abita
Vorrebbe sciogliere i nodi
Ma
non ci riusciva neanche prima
Quando poteva salpare
Quando restava in attesa
Chissà di che o chi sa di chi
Ma
ora è l’ora davvero
Di
stringere le funi…
Ora basta far viaggiare
I
pensieri incontaminati”.
La
lirica: “L’ora dei pensieri
incontaminati”
Sembra
un ossimoro eppure per Giusy l’ora di far viaggiare il pensiero, di renderlo
produttivo e vitale, è proprio il periodo di solitudine e di restrizioni. Non è
ossimoro, perché
“Che la morte non sia vana
Che sia chiesto perdono alle vittime
Per l’attentato alla Terra
Per questa furia globalizzata
Che prima poi doveva pagare
Per il buco nell’ozono
E
per la corsa insensata
Per il consumismo sfrenato
E
la mafia dei capitali
Nelle terre dei fuochi
E
nel triangolo industriale
Per i pipistrelli violati
E
per i macelli seriali
Nel caos dell’ecosistema”
versi tratti da “Che la morte non sia vana”
Giusy
fa appello alla morale kantiana, al riconoscimento del dovere come valore, dal
fatto che esistono volontà caratterizzate da un’assoluta universalità e
necessità. Il suo j’accuse è rivolto agli ignavi, a coloro che sanno sposare
soltanto la cultura del lamento, non prendere atto dei propri errori, degli
errori di una società che ha perso il rispetto per la natura, madre – benigna e
per il bene comune. La sofferenza è un mare fatto con le lacrime di coloro che
non sono al potere e subiscono le altrui decisioni.
La
sezione della Silloge intitolata FASE 2 si apre con un tributo al pianista, direttore
d’orchestra Ezio Bosso, affetto da una malattia neurovegetativa, che non gli
impediva di continuare il suo lavoro con straordinaria passione. Giusy dipinge il musicista con tocchi che commuovono e danno
l’idea della sua cifra stilistica, della capacità di esprimere un universo di
suoni, emozioni, colori, disperdendo l’essenza del suo essere nella tensione
verso l’altro.
“Hai scoperto la musica
dell’Universo immane
le
arpe e i tamburi del mare
il
tuono e la tromba a catturare
la
notte incombente,
l’infinita notte che Rilke cantava
con la lirica di Orfeo
nel suo mistero di luce” versi tratti da “Per Ezio Bosso”
Le
liriche si succedono e in esse si scioglie la rabbia, il sangue, ma
Ogni
lirica è in levare, l’Autrice si ferma sul bordo della speranza, il pilastro
che la solleva da terra e la sostiene.
La
terza sezione, ovvero
“L’anima si è oscurata
Nell’ansia di vita
della movida annunciata.
Ma
c’è vita davvero soltanto
nell’acqua che nessuno beve
e
il cielo è rimasto col fiato sospeso
sul bordo del pozzo a guardare”
Questa lunga storia di sottrazione di vita e di vite ci ha
dimostrato, una volta di più, quanto è facile per noi esseri umani adattarci ad
andare avanti all’ombra delle tragedie. ‘Resta
il cielo col fiato sospeso’, non l’individuo, che guarda altrove, si stanca
di aver paura, di rispettare le regole, soprattutto se il male non lo colpisce
direttamente. Siamo anarchici e soffriamo di deliri di onnipotenza. Se il
dolore non abita i nostri giorni, è lontano, forse non è neanche una tragedia,
ma solo un virus come l’influenza. Il passato docet. Nel periodo dell’Olocausto Auschwitz era una
tranquilla cittadina, all’ombra di un lager dove lo sterminio era quotidiano.
Nessuno si chiedeva cosa fosse quell’odore di fumo che infestava l’aria, nessuno
voleva credere che si trattasse di qualcosa di diverso da un campo di lavoro. E
ancora oggi non si contano le persone che negano quell’orrore e che perseguono
un antisemitismo vergognoso. La pandemia è lo strazio di questo secolo, fino a
oggi sono morti nel mondo un milione e mezzo di esseri umani, e in troppi vanno
avanti “Con la gioia nel non senso /
Mentre gli altri stavano facendo selfie / E sembrava che tutto quel baccano /
potesse durare in eterno” – da “Nessuno” – L’ultima sessione del testo è
che non chiude il suo cerchio. Dopo dieci mesi tutto torna
alle origini: si
contano le vittime, si vive distanziati, si evita di
toccarsi, si dovrebbe rimanere a casa. Giusy fa i conti non con l’ira funesta o
con il dramma, ma affidandosi ancora e sempre a ‘quella cosa piumata che viene
a posarsi sul cuore’ – E. Dickinson - ,
“
Volano gli angeli dove nessuno può vederli
Oltre lo spazio-tempo vivono invisibili
mondi
Di universo quantico
Gocce di pura coscienza
Infiniti microcosmi si annidano
Nelle frecce di luce
Imperscrutabili scontri-incontri
Di particelle-onde velocemente
cangianti”
versi tratti da “Speranza
Quantica”
Vi è nella nostra Poetessa il desiderio di trovare
soluzioni nell’esoterismo,
nel magnetismo animale, nella forza odica, e al tempo
stesso nella scienza.
Da filosofa Giusy attinge l’energia dalla necessità di “Inventare un mondo nuovo / tra la verità
delle cose / E la verità del pensiero” – tratti da “Tertium non datur”Energia che risolva, che sia coraggio e ideale.
Che ci ricordi nelle disgrazie quanto può essere eroico sceglie di lottare per
la vita. E di crederci. La mia amica - a questo punto sento il bisogno di dirlo
-in questo testo che incredibilmente coniuga la melodia alla denuncia, il
lirismo puro, incandescente alla rabbia, l’amore disperato per i miracoli della
Natura e per il prossimo alla filosofia,
“Incontrarsi
sulla linea di confine
Ma il confine non c’era
E l’inizio di una poesia
Di cui forse non sapremo mai
L’ultimo verso…”
La
lirica: “Sul confine”
Maria Rizzi
Bellissima esegesi di Maria Rizzi sull' Opera di Giusy Frisina "Sul confine". Avevo già letto alcune liriche della Poetessa che mi avevano entusiasmato e le ho ritrovate nel commento alla silloge.
RispondiElimina"Adoro il mare ma anche i porti hanno il loro fascino...." "Ma è importante è avere un porto per quanto malsicuro l' attracco...".
Versi che esaltano gli spazi assoluti, la libertà ma anche le fragilità umane. Giusy non è solo la voce cristallina del mare, ma anche il grido indignato che risuona "che la morte non sia vana, che sia chiesto perdono alle vittime per l' attentato alla Terra".
Maria ci rivela la poliedricità dell'Autrice che riesce anche a spaziare in altri mondi, da dove arrivano messaggi di speranza. "Volano gli Angeli dove nessuno può vederli, oltre lo spazio - tempo.....".
Congratulazioni sincere ed un abbraccio a entrambe
Loredana D'Alfonso
Lory, meravigliosa Amica, come sempre... Il merito è tutto dell'incredibile Silloge della nostra Giusy. Un cammeo sul tempo - non tempo della pandemia. Vi ringrazio e vi bacio entrambe e nell'abbraccio circolare coinvolgo il Capitano, che ci ospita con generosità e affetto a
Eliminainfiniti.
Intanto carissima Maria...Inutile ripetere che sono commossa dalla bellezza e nobiltà delle tue parole su quello che scrivo. Sai quanta forza e quanta fiducia mi trasmetti, ma stavolta leggo fiumi di parole preziose, quasi un torrente in piena e resto senza fiato. Posso solo fare una considerazione a margine: il dono di una lettura attenta, come sempre è la tua, può rivelare verità più profonde di quanto chi scrive è in grado di cogliere nei suoi stessi testi. Tu sei una preziosa speleologa dell'anima e io sono orgogliosa di essere tua amica e di amare come te i fari e le mareggiate. E di sperare, come te in un mondo migliore, anche se dirlo così può sembrare banale , non con le parole di una poesia che riceviamo dall'Oltre e che tu sai interpretare magicamente. Un caro affettuoso abbraccio anche a Loredana, sempre attenta e sensibile, e al nostro Condottiero. Giusy
RispondiEliminaMi commuovi, Giusy, mi commuovi sempre. Ho le lacrime agli occhi. Vorrei diventare la speleologa che dici, ma sono soltanto una persona innamorata profondamente dei tuoi versi... a prescindere dal legame ci unisce. Tengo a fare quest'ultima precisazione, in quanto l'idea di un filtro affettivo sottrarrebbe valore alla tua Opera, che è a dir poco Unica! Ti ringrazio di queste meravigliose parole e... sai dove abiti...
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