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martedì 16 febbraio 2021

DOMENICO ANTONIO TRIPODI LETTO DA NAZARIO PARDINI

 

DOMENICO ANTONIO TRIPODI IN VIAGGIO VERSO IL CIELO, CON IN ANIMA LE BELLEZZE DELL’UNIVERSO

 

DUE LIBRI DI RARA FATTURA EDITORIALE DA MANTENERE IN BELLA VISTA IN BIBLIOTECA…

 

Domenico Antonio Tripodi nel suo viaggio verso l’infinito ancoraggio del Cielo, si porta dietro le bellezze della terra, quelle che la sua anima già conteneva in nuce, e che il Cielo stesso gli raccomandava, con piena libertà, di trasferire in pittura, in musica, in poesia. E la Natura aiuta il pittore nella sua missione estetica, donandogli i colori, le forme,  i movimenti per la  vita dei suoi esseri. E’ così che nascono le opere di Domenico: non sono altro che volatili, montagne, pianure, che prendono posto su tele, dopo essere state a sedimentare nella sua anima. Lì hanno bevuto e mangiato le sostanze per nutrirsi a livello artistico. Sembra proprio che la Natura l’abbia preso in consegna e l’abbia portato con sé nei posti più arcani del suo esistere; e che gli abbia indicato i luoghi, gli ambienti e i movimenti da reificare. Il pittore, per un tempo giusto, li ha lasciati dentro a ché si contornassero di quelle sfumature da riportare nei dipinti: Mela e uva, Germano reale e Colino della Virginia, Asina curiosa, Gufo Reale, Lotta per la vita, Capriccio, La strada, Figura antica,  Il Filosofo (un vero capolavoro), Giovani cormorani, Rapaci nel cielo dell’Aspromonte, Cormorano, Gallo cedrone, fino a L’Ulisse del 1998. Le figure non sono più le stesse che la Natura ha offerte, che la Natura gli ha indicate; sono passate dall’anima del pittore, si sono intinte nei suoi misteri, nei suoi strati esistenziali, nei suoi colori terrestri e celesti. Ibi omnia sunt: gli esseri rappresentati sono in movimento continuo, non c’è staticità, né isolamento. Tutto si pianifica in un insieme che è vita, che è sentimento e filosofia dell’uomo-pittore, di colui che crea, rinnovando con l’apporto dell’anima, il reale dandogli il succo dell’arte. Quella che gli suggerisce di sfumare, di toccare e fuggire, di cogliere l’essenza con i tocchi dell’inventiva e della creatività. Scrive Domenico Defelice nel suo elegante e polisemico saggio (cogliamo una pericope dell’intera narrazione critica): “… Il pittore si mette dalla parte degli animali, insomma, si immedesima in loro, li fa pensare e parlare. O, meglio, è lui che presta loro il pensiero e la voce….”. E’ proprio vero Tripodi vola in alto, par-dessus le toit direbbe Verlaine, per annotare i movimenti dei volatili, per coglierli nei loro moti, e riprodurli anche quando sono senza vita.  Il linguaggio del pittore è quello che la Natura gli presta  con le sue immagini. E con esse Tripodi parla e dipinge, dipinge e parla in continuo contatto spirituale e fattivo.

Nazario Pardini            

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