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giovedì 18 febbraio 2021

MARCELLA MELLEA LEGGE: "CROMIE" DI VINCENZA ARMINO



Vincenza Armino

CROMIE 

Recensione di Marcella Mellea

 

Frasi spezzate, liriche dense e intense - pur nei pochi versi di cui, in buona parte, si compongono -, caratterizzano la poetica di Vincenza Armino.

La poetessa – con un linguaggio ricco di simbologie e allo stesso tempo semplice e diretto – descrive con forza e profondità la vita, sublimandola: il suo rapido scorrere, gli elementi della natura, le diverse situazioni, tutto quanto è raggiungibile dal suo campo visivo.

I molti aggettivi e verbi di moto, a cui l’autrice ricorre, riproducono movimento e azione. Le pause, che sono parte integrante delle poesie, ci fanno percepire la stasi, il silenzio, la sospensione e ci parlano allo stesso modo delle parole. “A stento va / portando le sue doglie. // Curva, attende, / in un dialogo muto” (Senza nome); “Cercava / nei grovigli / un suo sentiero. // Premeva la vita. // Riprovare, / si ripeteva. // Doveva. // Poteva. // In Alto, / la sua forza, / la voglia / di lottare” (Ferma); “... Come un viandante / il cuore va per rogge / e pei dintorni. // Strana, una chimera / si posa. // Ogni cosa / riposa. // Gli usci son deserti, / le porte son sprangate. //…// Respira una finestra. // Lontano, albeggia” (Albeggia).

Le singole parole usate non hanno un unico significato, non rimandano ad un’unica e semplice simbologia, ma sono particolarmente dense e ricche di significati.  “Guardava. / Correva. / Tornava. / Cercava. // C’era un’arsura, / un’irrefrenabile / inafferrata, / inafferrabile tenzone. // Pescava / in quel suo mare / inaridito, dentro. // L’accompagnava / un che d’indefinito / dolce-amaro” (12 Agosto).

 Oltre all’intensità dei vocaboli, un altro elemento caratterizza la poesia di Vicenza Armino: la forma sintattica, che a volte non si attiene alle norme codificate.

L’uso ricercato di aggettivi e verbi, l’intrinseca musicalità di alcuni versi, danno origine a liriche raffinate: “Rèmigo / nel fresco tintinnar / delle parole. // Vanno / molecole di tristezza. // M’assale / l’origliare di un adùsto / che trasmigrando inquieta /ogni pensare” (Rèmigo).

Alcune liriche offrono un’originale trasposizione di un paesaggio in cui la natura è stravolta con immagini surreali, dettate soprattutto dal dolore. “Aghi, dardi, / ferivano le guance. / Il bianco accecava. / Il respiro era soffocato / da quel gesso. // Vagava / in quel candido oceano / di niente / aggrappata come / a una zattera: / orbite in su, / pupille fisse / in quel cielo ovattato, / trafitto da / ossuti rami / di alberi smarriti” (All’addiaccio).

La varietà tematica delle liriche mette in evidenza come l’autrice sembra non prediligere una tematica in particolare. La Armino, infatti, si concentra su tutto quello che vede o sente, non è interessata alla mera descrizione di una situazione, quanto piuttosto a come quel particolare evento o quella particolare sensazione, modifica il mondo interiore, lo trasforma, lo sublima, creando emozione. Attraverso la memoria, la poetessa rievoca fatti a volte piacevoli a volte tristi, sogni, illusioni, speranze, delusioni. Scevra da ogni liricismo, con abilità nasconde il suo io: in poche poesie, infatti, il suo io emerge e si appella, soprattutto, all’universalità dei sentimenti, delle sensazioni, delle situazioni. “Parlo / nei miei pensieri / affollati. / Parlo nelle mie ore / sveglie, / nei miei momenti / di abbandono. / Nelle mie fughe / nei silenzi, / parlo. / È forte la mia voce. / Dentro” (Senza parole).

Le poesie della Armino sono fortemente impregnate, in buona parte, della poetica del Novecento. Alcune liriche, infatti, sembrano ricordare Montale, Ungaretti o Eliot. L’uso di correlativi, promossi su scala cosmica, senza allusione a situazioni personali, trasmettono emozioni. “Come un camino spento / vuoto e nero, / un panno strizzato che / essuda / le ultime gocce, / un dente tremante / in una gengiva / rattrappita, / il cuore, / chiuso in un gemito / sommesso” (Come).

I ricordi e gli oggetti della vita quotidiana diventano il veicolo per comporre versi e forgiare poesia. Tutto, infatti, è poesia: dove lo sguardo della poetessa si posa crea poesia, forgia liriche, suscita turbamento, suggestione, emotività. Vincenza Armino osserva la vita, la natura, il tempo che fugge e cerca di coglierne l’essenza, lo spirito, il profumo o quello che ne rimane intrappolato. “Nenie e / bianche giunchiglie. // Debordante altalena / di miraggi. // Dolci deliri. // Vita che fugge, / sfugge, / cerca, / anela” (Nenie e…); “Prendeva tempo. / Quel tempo che / non c’era. // Un tempo che / pressava, / scottava. // Un tempo che / aspettava, / un altro tempo” (Prendeva tempo).

Cromie, il titolo della silloge, anticipa la qualità della raccolta poetica. In tutte le poesie l’autrice cattura sfumature e sfaccettature della realtà e ce le restituisce con il suo sentire interiore. Le emozioni scaturiscono da una sensazione, da un ricordo, una serie di eventi, e si condensano in parole ricche di senso, di simbologie, di emozione, di sentimento. “Sagoma evanescente. / Gruccia senz’anima. // Intrappolata in un vortice / che avvita, / la solitudine che scava, / la voce dell’inedia / che fibra, / brancolava / silente / completamente persa / nel suo vuoto” (Fiore sospeso).

I toni evocativi, la voce autentica e impersonale della Armino, nascosta tra i versi, inducono il lettore alla ricerca continua di senso e alla riflessione sui grandi temi della vita e dell’anima. “Un bagliore / frantuma / l’assonnata / parentesi / di vuoto. // Si cerca” (Si cerca).

Marcella Mellea 

Vincenza Armino è nata a Melicuccà (RC) nel 1950 e vive a Polistena (RC). Insegnante di materie letterarie in pensione, ha pubblicato le raccolte di poesie: Pentagramma (2007), A piedi nudi, nell’anima (2009), Percezioni-Ricordi (2010), All’ombra di un respiro (2011), Messaggi sussurrati (2013), Poca voce (2013), Quando (2014, in Alcyone2000. Quaderni di poesia e di studi letterari), La strada (2015), Le dimore informali (2016), Come faville (2020), Spiragli (2020), Cromie (2020) e il libro in prosa: Massime, pensieri, riflessioni (2017). L’attività letteraria di Vincenza Armino è trattata nel quarto volume dell’opera Storia della Letteratura Italiana. Dal secondo Novecento ai giorni nostri, terza edizione Guido Miano Editore, Milano 2020. 

Vincenza Armino, Cromie, con prefazioni di Enzo Concardi e Nazario Pardini, Guido Miano Editore, Milano 2020, pp. 104, isbn 978-88-31497-36-7.

 

 

 

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