Giacomo De Nuccio Sarà inverno domani LuoghInteriori (2021)
Nota di lettura di Annalisa Rodeghiero
“Nulla è più reale di ciò che
percepiamo al di là dei sensi” scrive Giacomo De Nuccio nell’introduzione a Sarà inverno domani ̶
ultima
sua raccolta di poesie scritte tra il 1996 e il 2020 ̶ o forse, potremmo aggiungere, nulla è più
reale di ciò che percepiamo con il senso altro che è proprio dei poeti e
permette loro di vedere oltre le cose raggiungendo, attraverso la poesia ciò
che altrimenti resterebbe inafferrabile. Che l’affermazione di De Nuccio sia
presupposto o risultato del percorso poetico poco importa. Ciò che conta è il
potere salvifico che la poesia ha avuto e continua ad esercitare nella sua vita
diventando negli anni un itinerario irrinunciabile e significativo, compiuto
nella consapevolezza dell’umiltà del gesto e quindi nel rispetto più alto per
la poesia stessa. Un percorso che gli ha permesso di indagare il mistero delle
cose e il senso dell’essere al mondo.
Attraverso e oltre il quotidiano
esistere c’è la scrittura attraverso cui il poeta ripercorre, con forza
emotiva, le stagioni della sua vita. Le poesie si fanno espansioni di stati
d’animo a volte immediati, a volte sedimentati più a lungo prima di trovare
compimento nella pagina. L’itinerario poetico prende avvio dall’estate dell’infanzia
definita “beata”, di lunghi passi tra la
folla ignara e notti chiare/ di
stelle/ sul lungomare e ripercorre i primi giorni di scuola dove non c’è misura/ nel banco che ti accoglie
come se il mondo esterno al suo, fosse troppo grande da esplorare e già il
tempo si percepisce altalenante tra risate
argentine e agitate notti.
Quest’alternanza tra stati d’animo
diversi e spesso opposti è ancora più evidente nella scrittura che rimanda
all’età più difficile, quella dell’adolescenza dove entusiasmo e sconforto si
confondono se la gioia è avara dea che
si dissolve e l’infelicità trova
ululante/ il centro.
La solitudine diventa compagna dei
giorni e il desiderio è tormento: gomitolo
per gatti/ il mio corpo si fa, / ritorno cosa abbandonata/ alla casualità.
Come ha ben sottolineato nella lettera introduttiva Alessandro Quasimodo, si
avvertono “alcuni riferimenti leopardiani, come il contrasto tra illusioni e
delusioni, le aspettative tradite”. In realtà, anche per De Nuccio l’apparente
pessimismo: Pasqua stonata/ nell’eterna quaresima
dei giorni/ che mi consumano sottende
un tormentato amore per la vita - con il suo incanto e il mistero (così scrive
all’amica Alice) - e per la natura a cui egli consegna la sua anima perché
possa nutrirsi di essenze e luce da riversare poi nella scrittura.
Paesaggio e meditazione si fondono nell’anima sensibile, innamorata del
mare che rapisce e restituisce, quello
della sua Sicilia, isola amata e amara, magica
terra/ di irraggiungibili chimere (…) marasmi (…) di oleandro e di limone. Isola
grembo, richiamo delle radici, eco dell’amore per la madre a cui riserva un
affetto esclusivo. Farei per te/
sbocciare un’eterna primavera recita l’incipit di una delle poesie a lei
dedicate. Commovente anche il suo rapportarsi al padre in un tempo solo
immaginato: Vorrei essere un faro/ nel
crepuscolo degli anni (...) sarò l’eterno fanciullo/ che prendi per mano, /
bastone fragile/ di un’era non lontana. L’affetto si allarga alle persone
care come la sorella e il fratello e i pochi preziosi amici che sanno
comprendere la sua anima e gli permettono di essere pienamente se stesso.
I testi dell’età adulta si aprono a
riflessioni profonde. Dentro silenzi che pesano sul cuore, quando sembra
dilatarsi il tempo nel dolore e la vita che comunque fugge sembra fatta di ore
e secoli, Giacomo scandaglia
la sua linfa esistenziale e spirituale e mai si arrende alla stanchezza che
incalza o alla tristezza, tanto che questi sentimenti, seppur presenti non
diventano invasivi o eccessivi. Il suo sentire si allarga al lettore diventando
canto universale dell’esperienza umana che ci illude e disillude, ci cattura e
ci lascia, trasportandoci in percorsi a volte luminosi a volte oscuri e quasi
sempre imperscrutabili.
I contenuti intelligibili permettono al
lettore di cogliere interamente la sensibilità poetica pur celando quella quota
di mistero ritenuta necessaria alla poesia come suggerisce
Ungaretti. La forma mantiene, pur nella modernità del linguaggio, aderenza alle
strutture della tradizione classica nell’utilizzo di alcuni versi metrici e
figure retoriche calzanti.
Sarà
inverno domani traduce
in versi via via sempre più incisivi, il bisogno primario di comunicare. Trasforma
un “disagio” in scrittura, l’indicibile in canto, le prove esistenziali in
voli: Io voglio ancora/ capriole e
volteggi/ tra cielo e mare/ e montagne da scalare/ e piume per le mie ali. Un itinerario poetico - nel tempo non sempre
solidale con le nostre aspettative - che lascia intravedere nell’individuazione
del punto di partenza, quello di salvezza. Sarà inverno domani, forse, ma intanto
si procede con la consapevolezza che - così si chiude il libro - nel passato sia
già contenuta l’idea del futuro:
(…)e
l’eco di una nuova vita
mi
pare di ascoltare.
L’antico
idioma delle mie radici
di
verde tinge le paratie del cuore,
grandi
giorni annuncia.
Annalisa Rodeghiero
Giacomo De Nuccio nasce a Gallarate
(VA) nel 1989. Nel 2010, per completare gli studi si trasferisce a Pisa dove
nel 2014 consegue la laurea triennale in lettere Moderne e nel 2017 la laurea
magistrale in Lingua e Letteratura Italiana. Al suo attivo le seguenti
pubblicazioni: Ali di parole (poesie
1995-2002), Oèdipus Edizioni, Salerno/ Milano 2002; Il posto di Giacomo (prosimetro), EricksonLIVE, Trento 2010; La gioia ha i piedi scalzi, Edizioni
ETS, Pisa 2014 (raccolta di foto e poesie; Nicoletta Prandoni e Fabio Scarso
autori delle foto); Il presente oltre il
passato, Edizioni ETS, Pisa 2017; nel 2002 l’Associazione “Via Montereale”
di Pordenone gli dedica il n. 10 dei suoi Quaderni; dal 2007 al 2016 collabora
a “Cicoria”, pubblicazione quadrimestrale della medesima associazione.
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