IL NAZARIO PARDINI DELLE OMBRE CREPUSCOLARI
Marco dei Ferrari, collaboratore di Lèucade |
È
una sinfonia di ombre luminose rapite nella sera.
È
una lirica di delizie raffinate e inaspettate che il poeta abbandona al
messaggio dello Spirito spalmato su ogni dettaglio di presenze attivissime e
molto incisive.
Rondini,
cose, campi, filari, canti (di Maria), amori, melodie, lampioni... congiurano
nel situarsi delle ombre vigilanti a sostegno di un amore recluso dal ricordo,
ma libero nella propria espressività fuggiasca che condiziona oggetti e
persone, umanizzandone le rispondenze.
La
liricità di questi versi Pardiniani è sinonimo di luminosità ancestrale,
resistente nelle feritoie delle anime che solo lo "Spirito" riconduce
e riallinea anche solo per poco.
L'inquietudine
dell'artista infatti "spiritualizza" il presente nel passato (il lampione
controluce...) quale momento finale di un percorso limite del buio esistenziale
che incombe sulla Natura della luce.
Il
"gioco" poetico si identifica nella dialettica dell'Essere che si
compone anche di sospiri amorosi melodiosamente aggrediti da solitudine perdute
in una sequenzialità di volatili (...gazzarre...) e di violini crepuscolari.
Ma
il crepuscolo è prodromico alla notte della luce dove la luce rinasce nel verso
libero di un'anima melodica forzata dallo "Spirito" di essere per esistere:
"accosti" di incredibile fluidità significante ed allusiva, "affinità"
di inconcepibili azzardi dal compatibile all'incompatibile che solo un artista
totale come Nazario Pardini può offrire a se stesso nella sfumatura diffusa da
versi puri e lineari senza figure retoriche spesso inutili (assonanze o
consonanze che siano).
E
Pardini, in controtendenza, celebra il trionfo dell'imprevedibile "oggettualità"
di presenze/assenti (dai filari ai campi, dalla sera alla notte..., dal buio all'amore...)
con le "essenze" giudicate imprescindibili nel contesto emotivo/suggestivo
articolato su scenari paralleli/sovrapposti (altra discrasia in chiave
dialettico-temporale) di coscienze incoscienti senza saperlo.
Scenari
soffici di intensa leggerezza spirituale che si ritrova sempre ad ogni variante
che Maria (la dolce giovinetta) riconduce al sentimento di eccellenza
definibile nell'amore tra gli "esseri" nell'Essere.
Quell'amore
assente/presente che Pardini glorifica narrando, memorizzando, significando con
particolare profondo, intenso, livello partecipativo l'incombenza crepuscolare.
La
dedica poi della lirica ad un pittore (Renato Natali) induce il Poeta a trovare
nell'atto pittorico un "ponte" artistico di comunanza similare
suffragata da musicalità e strumenti d'opera che "descrivono" una
realtà immaginaria ma nel contempo "visiva".
Ecco
l'originalità di Pardini: immaginare liricamente quale mezzo visivo ineludibile
che trasforma tutti i versi in scenari frazionati da fusioni
"segniche" sistemiche unitarie.
Senza
comprendere quest'unità spirituale e materica di "umanizzazione"
figurale non è possibile attualizzare il lavoro poetico "rivoluzionario"
di Nazario Pardini che "Crepuscolo" evidenzia nettamente e proclama
suggestivamente.
Di
qui l'approccio/interprete di una nuova "realtà" contemporanea
complessa e difficile da viversi esistenzialmente nella "nudità"
dell'essere/presenza senza fine
Marco
dei Ferrari
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