GUIDO MIANO EDITORE
NOVITÀ EDITORIALE
È uscito il libro di poesie:
SENZA SPAZIO NE’ TEMPO di ANNA D’ARISTOTILE GALIFFA
con prefazione di Enzo
Concardi
Pubblicata la raccolta poetica dal titolo “Senza spazio né tempo” di Anna D’Aristotile Galiffa, con prefazione di Enzo Concardi, nella prestigiosa collana “Alcyone 2000”, Guido Miano Editore, Milano 2021.
La
poetessa abruzzese Anna D’Aristotile Galiffa ripropone con questa antologia dal titolo Senza
spazio né tempo, i suoi messaggi poetici contenuti in varie pubblicazioni
precedenti: Grani di sabbia (1959), Alberi e radici (1990), Le
strade dell’acqua (2014), Nei silenzi della sera (2018);
si aggiunge la raccolta inedita Senza spazio né tempo, risalente al 2019, che conferisce
il titolo generale alla presente opera. Già agli esordi con Grani di sabbia era
stata notata dalla critica per il suo canto che «...è tutta una fioritura di
immagini, che trova nella parola la sua musicalità in ritmi polimetri, regolati
da una interiore melodia con i suoi crescendi, i suoi adagi, le sue pause...»
(dalla presentazione di Alfredo Luciani).
Ed anche lo scrivente - nella
prefazione alla silloge Nei silenzi della sera - metteva in
risalto «... la persistenza tematica che attraversa tutta la sua poetica,
attestandosi nelle evocazioni memoriali - sia esse legate alla filosofia del
tempo, che ai luoghi del passato, o alle persone significative dell’esistenza
personale - e nel lirismo della natura, variegato ed articolato, spesso intrecciato
nella recherche delle stratificazioni dell’io. Appare qua e là qualche
cenno alla tematica del divino, sufficiente per farci intuire la sua visione
spirituale e religiosa della vita...». Ed è da qui che vorrei ripartire per una
rivisitazione dei suoi testi, nell’intento di far luce sul suo stile conciso,
essenziale; sul linguaggio cristallino in equilibrio armonico tra concetti ed
immagini, talora fulminanti; sullo sguardo profondo rispetto all’interiorità,
alla vita, al reale nel suo complesso. La sua è una poesia che tocca, con
levità, le corde profonde dell’essere, non trascurando nessun contenuto
fondamentale per il vivere umano.
Così il senso del mistero che
aleggia sulle cose umane è metaforicamente reso nei brevi versi della lirica Di
sera a Firenze: «Sulle colline fiesolane / tremano le luci nella sera. /
Alle finestre / di un vicolo scuro / ombre di vite sconosciute / appaiono e
scompaiono. / La speranza riposa / sul primo raggio di luna». Ad accentuare
l’enigma esistenziale vi sono l’anonimato delle figure e l’indefinitezza delle
loro azioni, mentre è affidato alla romantica luce della luna non si sa quale
futuro. È tutto in sospeso, come nella lezione pascoliana, appresa felicemente
come in alcuni versi del Gelsomino notturno: «Splende un lume là nella
sala. /…/ Passa il lume su per la scala / brilla al primo piano: s’è spento… /
si cova / dentro l’urna molle e segreta / non so che felicità nuova». Le stesse
atmosfere rarefatte, le stesse sfumature ed immagini impalpabili, la medesima
conclusione onirica indefinita.
Da scenari intimistici agli
spettacoli della natura il tema del mistero rende la sua poesia accattivante e
suggestiva. Il richiamo del mare è forte: la schiuma dei marosi, il volo dei
gabbiani, le vele al vento e lo scoglio dialogante con l’uomo, «…che dall’alto
di queste pietre scalfite / dall’ingiuria del tempo / contempla / le maree
erranti / e si perde / nel mistero dell’universo» (Lo scoglio),
compongono un quadro classico dove i destini della natura e quelli umani
sembrano accomunarsi. Dopo il mistero, s’affacciano nella poetica dell’autrice
tematiche sulla realtà contemporanea, che ne rispecchiano le contraddizioni:
immagini come «eremo dei ricordi», «deserto della solitudine» (Una parola) - da un
lato - e «…La speranza, / sorella della fede, / illumina la storia» (I segni
del tempo) - dall’altro - ne sono testimonianza.
Ma è nel Terzo momento della
triade di Duemila, che la poetessa esprime il suo totale dissenso nei
confronti della nostra società, del nostro stile di vita e tanto è marcato qui
il ‘furore poetico’, che vale la pena centellinarlo integralmente:
«Distruggemmo mura e fondamenta, / alberi e radici. / Un selciato vuoto, / una
bandiera senza nome / è il nostro orizzonte. / Edificammo bianche cattedrali /
del silenzio senz’anima / e come falsi profeti / cantammo l’epopea / della
morte e del nulla. / Su questo scenario vuoto / siamo maschere dal volto di
pietra, / grigi manichini / senza lacrime e senza sorriso». E continuano i
motivi esistenziali in Radici, dove invece il giudizio severo si
trasferisce dal mondo all’io, all’interno di una autoanalisi per nulla
compiacentesi: si sente come un albero divelto dalle sue radici, disperso nel
vento a ricercare barlumi d’identità; c’è qualcuno che pare amarla, o forse no,
che la chiama, ma ella non capisce e appare la figura di un uomo deluso e
abbandonato, inerme. E ritornano le costruzioni, sì affascinanti poeticamente
ed emotivamente, ma sfuggenti razionalmente: così è la lirica che cerca la sua
ragion d’essere nelle sfere analogiche. Ed ancora con l’immagine del seme
portato lontano dal vento che infine germoglia in altre terre (Un seme)
e con la metafora del destino che passa osservato nella sua ineluttabilità
dalla materia che ci circonda (L’anima della strada), l’autrice afferma
questa nostra fragile, effimera, monca, dipendente condizione umana, che solo
negli orizzonti divini e trascendenti può trovare speranza di riscatto.
Ecco
dunque l’approdo, la necessità di certezze indiscutibili, come l’esistenza di
Dio: «Tu solo esisti, mio Dio, / quando, nel silenzio della notte, / gli occhi
cercano / la luce ormai spenta / e i battiti del cuore / sembrano passi del
destino. / Tu solo / in questa lotta / fra la luce e le tenebre / il finito e
l’eterno / sei la pace. / Vieni quando l’anima / annega nel tormento / o è
vicina alla morte. / Vieni in ogni inquieta creatura: / noi nulla e Tu tutto!»
(Tu solo). Versi eloquenti, che non hanno bisogno di nessun commento, se
non quello che sottolinea la loro decisa risoluzione come fossero scolpiti nel
marmo. È una poesia religiosa che esprime una fede autentica, come in altre
liriche in cui la presenza del Risorto fra il dolore degli uomini non è messa
in discussione (In corsia, Resurrezione).
Tra memoria e natura si sviluppano altri motivi poetici della nostra autrice, come nell’ungarettiana A mia madre, come nei ricordi di un’infanzia difficile, di un passato di lotte e battaglie, di una verde età che rimane comunque sempre l’età migliore. E con l’immersione nella natura la poetessa si concede momenti di contemplazione, evasione, sogno: l’uomo, il mare, la luna, una nevicata di farfalle bianche in una torrida estate, l’avventura onirica di nuotare con un delfino per essere sempre più leggere, più libera.
Enzo Concardi
Anna
D’Aristotile Galiffa è nata a Corropoli
(Teramo), vive a Pescata. Ha pubblicato le raccolte di poesie: Grani di sabbia (1959), Alberi e radici (1990), Le strade dell’acqua (2014), Nei silenzi della sera (2018), Sulle alte vetrate (2009). La sua
attività poetica è recensita nelle seguenti opere: Dizionario Autori Italiani Contemporanei, quinta edizione, G. Miano
Editore, 2017; Contributi per la Storia
della Letteratura Italiana, quarto volume, terza edizione, ivi 2020.
Anna D’Aristotile Galiffa, Senza spazio né tempo, pref. Enzo
Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 76, isbn 978-88-31497-59-6,
mianoposta@gmail.com.
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