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giovedì 22 luglio 2021

CLAUDIO FIORENTINI: "VACCINARSI CONTRO IL GIUDIZIO AFFRETTATO"

 Vaccinarsi contro il giudizio affrettato

Claudio Fiorentini,
collaboratore di Lèucade

L’uomo contemporaneo è stato condizionato moltissimo dalla TV: stando seduto ha vissuto emozioni, pensato, approfondito, viaggiato, tifato e… ha assorbito passivamente uno schema spaventoso proposto da quelle serie e quei film dove buoni e cattivi si confrontano, dove si ama e si odia, dove si spara e si insegue, dove si indaga e si mettono bombe. In altre parole, stando comodamente seduto ha subito un bombardamento di violenza e pubblicità senza che potesse ricorrere a meccanismi di difesa. È vero che con la TV, finita la strage, ci si rialza dalla poltrona, si guarda l’ora e si va a letto, ma è anche vero che quelle immagini, inevitabilmente, continuano a lavorare nella mente.

Ma se con la TV la sola interazione possibile è l’interruttore, l’uso di tablet, PC e smartphone, invece, ha introdotto una nuova variante, che consente interazioni di base e, a volte, anche di qualità. Purtroppo, però, l’uso generalizzato di questi strumenti, è diventato l’apoteosi della vigliaccheria in quanto consente di “dire la tua” senza contraddittorio. Insomma, questi strumenti che portano la tua voce in rete hanno la grande virtù di trasformarti in “protagonista” della “serie” o del “film” che stai vivendo, di illuderti che con un banale “mi piace” o con un post, con una foto o con un commento sulle reti (a)sociali, sei parte di una dinamica di pensiero, quando in realtà non fanno altro che trasformare la vita in videogioco, e tu la vivi dietro un display. E lo fai anche se sei in autobus o in una sala d’attesa, con i tempi ristretti che non ti consentono di fare eventuali verifiche. L’importante è dire la tua. Solo che in gioco rientrano molti fattori come il tempo, la vita stessa e le relazioni umane per le quali si delega una rete che, messi in moto i suoi algoritmi, ti mette in contatto con quelli che la pensano come te e ti consente di dare dello scemo, insultare o addirittura “bannare” (atto di violenza estrema e manifestazione di coraggio) quelli che non la pensano come te. Tutto virtuale, comunque.

Questo ha effetti deleteri anche sulla memoria perché si dimenticano le notizie, il percorso storico e l’evoluzione degli eventi che ci hanno portato dove siamo oggi.

È paradossale: la rete contiene tutto, ma proprio tutto, la rete è la memoria dei fatti, ed ha la grandissima virtù di rendere accessibile l’informazione che contiene, ma l’utente della rete dimentica e, pur avendo a disposizione la memoria, non si cura di cercare risposte. La memoria dei fatti è inutilizzata, importa solo il “click” di quel momento di protagonismo, per cui la memoria dell’utente diventa come quella dello scoiattolo che non ricorda dove ha nascosto le ghiande.

Qui entra in gioco l’individuo (utente della rete, giornalista o altro): prima di prendere per buona una notizia dovrebbe cercare informazioni sul tema. È difficile, anzi, utopico, ma è così. Inoltre, dato che il lettore ha la tendenza a isolare una frase da un discorso per poi riportarla spacciandola per verità assoluta, si dovrebbe ricordare sempre che questo comportamento comporta una grande responsabilità: qualsiasi intervento nella rete può diventare bacillo di disinformazione e riportare una citazione, senza curarsi del discorso o del contesto in cui è immersa, può diventare un atto di manipolazione dell’informazione.

Intendiamoci, citare i grandi della storia non è errato, del resto i grandi hanno il dono della sintesi, ma non va bene leggere un articolo su un giornale ed estrapolare una frase dal discorso per poi scudarsi dietro quella frase, prendendola per verità assoluta, quando magari nello stesso discorso si articola un pensiero assai più complesso.  

Oggi sarebbe opportuno, per come si tende ad assorbire le informazioni, vedere la rete come un potenziale generatore di confusione che, approfittando dell’ignoranza e della pigrizia che ci impediscono di approfondire titoli, citazioni o notizie, non fa bene alla comunità. Già, perché ragionare per citazioni oggi è diventato una patologia, direi che ormai è endemica, che si manifesta nelle reti (a)sociali, e che porta a dire a chi pubblica e condivide quella citazione “questa è la verità, il resto sono fesserie”. Per questo credo che le reti (a)sociali andrebbero frequentate solo dopo aver fatto un vaccino contro il giudizio affrettato.

Questo vaccino forse è l’educazione, o forse lo studio, ma sembra che sia stato perforato da una variante assai aggressiva, quella che oggi ci fa dire “adesso te lo spiego io perché tu non hai capito una mazza” o anche “noi siamo bravi, loro non capiscono” invece di dire “sentiamo cosa hai da dire e discutiamo”.

 

Claudio Fiorentini

 

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