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giovedì 26 agosto 2021

NAZARIO PARDINI LEGGE: "L'INCANTO DELLA NATURA" DI ESTER FRANZIL



Ester Franzil

L’INCANTO DELLA NATURA 

Recensione di Nazario Pardini


 







SANTA CHIARA 

Povera signora

adamantina, dolce vergine

splendente creatura

soave amica.

Ardente sogno del poverello

arpa del giullare divino

nella calda tua tenerezza

il cantico sbocciò

dalla sfolgorante cecità.

Intrepida e coraggiosa

fluida fonte di carità

specchio limpido dell’amore di Cristo.

 

Iniziare la mia lettura da questa poesia incipitaria significa andare fin da subito nell’animo fecondo e ispirato dell’autrice che fa della Natura la reificazione di un essere tutto vòlto a respirare aria di campo, voci di rami, fremiti di vento, per farne alito di Dio. Tutto è naturale, tutto è frullio di suoni, tutto è sacralità, spiritualità, ontologico abbrivo in questa silloge. Sembra che la poetessa in braccio alla Natura abbia scorso prati e monti fioriti, che lasciano il segno nella sua vicissitudine, per cui lo stesso memoriale si fa canto, armonia, quando rincasa dalla sua corsa su mari di erbe e di acque di emozionate inclusione. Questa è la poetica di Ester Franzil: un canto pieno di abbrivi e di scosse vertiginose che giocano un ruolo determinante nel corso della silloge. Fino al punto che lo stesso autunno si riveste di grazia e spiritualità da dismettere la sua funzione poetica di fine per assumere quella della rinascita “di un’autunnale lacustre alba”. Un respiro tremulo di una irreale mattina limpida, elettrica sulla linea dell’orizzonte. Tutto è sereno, cristallino in questa vicenda esistenziale, tutto assume carattere di spirituale richiamo, di escatologico connubio divino. La Natura si fa calda e coinvolgente, tanto che ogni suo palpito è fremito di un Creatore che tutto avvolge e significa: “Immenso tremulo respiro/ incipiente letargo autunnale/ irreale mattina/ limpida, elettrica/ incise le pure vette/ sulla linea dell’orizzonte.// Assonnata ti sveli/ al timido sbadigliante solicello.” (Autunnale lacustre alba).

Il vezzeggiativo rende ancora più iconica l’immagine della fusione in un panismo riposante e sereno. Il chiarore e il lucore si fanno interpreti principali, attori primi, nella reificazione di un animo negli àmbiti naturali. Amore, armonia, creazione, e volo verso un mondo di totale fratellanza, dove la Natura rivela tutte le sue cromatiche pulcritudini per assecondare la confessione di uno spirito che in essa vede la sua realizzazione: “Ardente grembo/ abbaglio luminoso/ vitale vampa.// Colori di spiagge/ arsura di stoppie/ vertigine di meriggi/ ebbrezza di aromi/ schianto di tempeste.// Esplosione di luce nel cosmo/ perdermi in te…/ Come nell’amore/ ritrovarmi nell’oceano/ di un mistero gaudioso.” (Estate). Tutto si fa luce, splendore, ardente grembo, abbaglio, ebbrezza, esplosione; l’estate dà il meglio di sé per assecondare il respiro epigrammatico che fuoriesce da un animo in preda ad una totale fusione. Ed è nell’attesa di un nuovo giorno, di una nuova luce che la poetessa vive gli attimi superbi dell’amore divino: “Nella dormiente radura/ conchiglia di quiete/ pascolo l’anima mia.// Nel trepidante bosco/ la mia tristezza ho smarrito…// Il cuore della notte/ rugiada stilla/ d’amore la foresta palpita.// Gli uccelli notturni/ silenzio piangono.// Il religioso raccoglimento/ la nuova alba attende.// È un solo fremito/ il tenero mattino/ ai lembi dell’aurora sono inginocchiata;/ per me sboccerà il sole.” (Attesa). Forse è in questa lirica che la poetessa raggiunge il meglio della sua ispirazione; è qui che ogni lembo della Natura offre i suoi palpiti per concretizzare gli input emotivi che dentro le covano: inginocchiata all’aurora in attesa della luce del sole, il tenero mattino è un solo fremito, la foresta palpita, gli uccelli notturni piangono silenzio. Un’armonia di suoni di colori, di luci verso cui è diretta l’intenzione di Ester Franzil. È una sinfonia in crescendo che attraverso l’Euforia delle rose: “…Cielo di glicine…/ Dolci i miei sospiri,/ miele la mia voce.”; Il Bosco invernale: “Ma già sui turgidi apici/ di nere trame fremono gemme.// In dormiveglia stregato, il bosco/ l’annunciata primavera sogna.” (Bosco invernale); l’Autunnale sinfonia: “… Abbaglia il nuovo giorno/ in trasecolato splendore/ da gelido vento arpeggiato.” (Autunnale sinfonia), si prolunga mantenendo il solito tema musicale, fatto di andate e ritorni, tipo coro muto della Butterflay o tristezza di Chopin, fino all’esplosione finale in cui la poetessa dà tutta se stessa all’immagine di una neve che si scioglie alla stregua di un sogno: “Neve birbante/ troppo presto ti sciogli/ svanito sogno.”.

Nazario Pardini


Ester Franzil, L’incanto della Natura, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 70, isbn 978-88-31497-44-2; mianoposta@gmail.com.

 

2 commenti:

  1. Ah, ogni pagina è melodia... Stupenda questa prefazione del nostro Vate, che si libra sui versi della Poetessa Ester Franzil. li lega ai miracoli del creato, mettendo a fuoco la loro ragion d'essere e chiude in musica classica recitando: "si prolunga mantenendo il solito tema musicale, fatto di andate e ritorni, tipo coro muto della Butterflay o tristezza di Chopin, fino all’esplosione finale". Un plauso all'Autrice della Silloge e un abbraccio grato e ammirato al Nume Tutelare!

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  2. Errata corrige: recensione non prefazione

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