Ester Franzil
L’INCANTO DELLA NATURA
Recensione di Nazario Pardini
SANTA CHIARA
Povera
signora
adamantina,
dolce vergine
splendente
creatura
soave
amica.
Ardente
sogno del poverello
arpa
del giullare divino
nella
calda tua tenerezza
il
cantico sbocciò
dalla
sfolgorante cecità.
Intrepida
e coraggiosa
fluida
fonte di carità
specchio
limpido dell’amore di Cristo.
Iniziare
la mia lettura da questa poesia incipitaria significa andare fin da subito
nell’animo fecondo e ispirato dell’autrice che fa della Natura la reificazione
di un essere tutto vòlto a respirare aria di campo, voci di rami, fremiti di
vento, per farne alito di Dio. Tutto è naturale, tutto è frullio di suoni, tutto
è sacralità, spiritualità, ontologico abbrivo in questa silloge. Sembra che la
poetessa in braccio alla Natura abbia scorso prati e monti fioriti, che lasciano
il segno nella sua vicissitudine, per cui lo stesso memoriale si fa canto,
armonia, quando rincasa dalla sua corsa su mari di erbe e di acque di emozionate
inclusione. Questa è la poetica di Ester Franzil: un canto pieno di abbrivi e di
scosse vertiginose che giocano un ruolo determinante nel corso della silloge.
Fino al punto che lo stesso autunno si riveste di grazia e spiritualità da dismettere
la sua funzione poetica di fine per assumere quella della rinascita “di
un’autunnale lacustre alba”. Un respiro tremulo di una irreale mattina limpida,
elettrica sulla linea dell’orizzonte. Tutto è sereno, cristallino in questa
vicenda esistenziale, tutto assume carattere di spirituale richiamo, di
escatologico connubio divino. La Natura si fa calda e coinvolgente, tanto che
ogni suo palpito è fremito di un Creatore che tutto avvolge e significa: “Immenso
tremulo respiro/ incipiente letargo autunnale/ irreale mattina/ limpida, elettrica/
incise le pure vette/ sulla linea dell’orizzonte.// Assonnata ti sveli/ al
timido sbadigliante solicello.” (Autunnale lacustre alba).
Il
vezzeggiativo rende ancora più iconica l’immagine della fusione in un panismo
riposante e sereno. Il chiarore e il lucore si fanno interpreti principali,
attori primi, nella reificazione di un animo negli àmbiti naturali. Amore,
armonia, creazione, e volo verso un mondo di totale fratellanza, dove la Natura
rivela tutte le sue cromatiche pulcritudini per assecondare la confessione di
uno spirito che in essa vede la sua realizzazione: “Ardente grembo/ abbaglio
luminoso/ vitale vampa.// Colori di spiagge/ arsura di stoppie/ vertigine di
meriggi/ ebbrezza di aromi/ schianto di tempeste.// Esplosione di luce nel cosmo/
perdermi in te…/ Come nell’amore/ ritrovarmi nell’oceano/ di un mistero
gaudioso.” (Estate).
Tutto si fa luce, splendore, ardente grembo, abbaglio, ebbrezza, esplosione;
l’estate dà il meglio di sé per assecondare il respiro epigrammatico che
fuoriesce da un animo in preda ad una totale fusione. Ed è nell’attesa di un
nuovo giorno, di una nuova luce che la poetessa vive gli attimi superbi
dell’amore divino: “Nella dormiente radura/ conchiglia di quiete/ pascolo
l’anima mia.// Nel trepidante bosco/ la mia tristezza ho smarrito…// Il cuore
della notte/ rugiada stilla/ d’amore la foresta palpita.// Gli uccelli
notturni/ silenzio piangono.// Il religioso raccoglimento/ la nuova alba
attende.// È un solo fremito/ il tenero mattino/ ai lembi dell’aurora sono inginocchiata;/
per me sboccerà il sole.” (Attesa). Forse è in questa lirica
che la poetessa raggiunge il meglio della sua ispirazione; è qui che ogni lembo
della Natura offre i suoi palpiti per concretizzare gli input emotivi che
dentro le covano: inginocchiata all’aurora in attesa della luce del sole, il
tenero mattino è un solo fremito, la foresta palpita, gli uccelli notturni
piangono silenzio. Un’armonia di suoni di colori, di luci verso cui è diretta
l’intenzione di Ester
Franzil. È una sinfonia in crescendo che attraverso l’Euforia delle
rose: “…Cielo di glicine…/ Dolci i miei sospiri,/ miele la mia
voce.”; Il Bosco
invernale: “Ma già sui turgidi apici/ di nere trame fremono
gemme.// In dormiveglia stregato, il bosco/ l’annunciata primavera sogna.” (Bosco invernale);
l’Autunnale sinfonia: “… Abbaglia il nuovo giorno/ in trasecolato splendore/ da
gelido vento arpeggiato.” (Autunnale sinfonia), si prolunga
mantenendo il solito tema musicale, fatto di andate e ritorni, tipo coro muto
della Butterflay
o tristezza di Chopin,
fino all’esplosione finale in cui la poetessa dà tutta se stessa all’immagine
di una neve che si scioglie alla stregua di un sogno: “Neve birbante/ troppo
presto ti sciogli/ svanito sogno.”.
Nazario Pardini
Ester Franzil, L’incanto della
Natura, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano
Editore, Milano 2021, pp. 70, isbn 978-88-31497-44-2; mianoposta@gmail.com.
Ah, ogni pagina è melodia... Stupenda questa prefazione del nostro Vate, che si libra sui versi della Poetessa Ester Franzil. li lega ai miracoli del creato, mettendo a fuoco la loro ragion d'essere e chiude in musica classica recitando: "si prolunga mantenendo il solito tema musicale, fatto di andate e ritorni, tipo coro muto della Butterflay o tristezza di Chopin, fino all’esplosione finale". Un plauso all'Autrice della Silloge e un abbraccio grato e ammirato al Nume Tutelare!
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