Fabio Recchia
IL LIBRO DELLA VITA
poesie e dipinti
Recensione di Enzo
Concardi
Leggendo dapprima la prefazione dell’amico Nazario Pardini
– incentrata essenzialmente sull’efficacia della parola poetica, sul viaggio
con il dio Pan tra poesia e pittura, sulla forza evocativa ed artistica della
memoria, sul desiderio d’infinito – m’introduco all’ultima pubblicazione di Fabio Recchia,
ovvero Il
libro della vita, uscita recentemente per i tipi della
Casa Editrice Miano, nella collana Parallelismo delle Arti. Questo
eclettico personaggio trentino, molto legato alla sua Levico, spazia nel mondo
dell’ispirazione creativa dalla poesia alla pittura – e ne abbiamo
testimonianza nel testo che stiamo analizzando – dalla musica ai mosaici alle
icone. Tutto quanto avevo già scritto in passato sulle sue opere, come nella
prefazione alla raccolta Inno alla natura (G. Miano Editore, 2014) o
come nelle pagine della Storia della Letteratura Italiana (IV volume, G.
Miano Editore, 2020), trova puntuale conferma e sviluppo ne Il libro della
vita, segno inequivocabile di coerenza artistica rispetto ai valori
estetici e contenutistici fondamentali della sua anima sensibile alle
dimensioni spirituali che possono esistere oltre la tangibilità della materia.
Qui le immagini poetiche trovano riscontro
nelle raffigurazioni pittoriche e si crea un unico spartito nel quale si coglie
l’antica verità degli artisti greci e latini, ovvero l’animo poetico del
pittore e lo spirito immaginifico-figurativo del poeta. In particolare Fabio
Recchia in questo “libro” visita in compagnia della poesia le stanze della
memoria, della natura, della meditazione esistenziale, del sentimento, mentre
insieme alla pittura s’attarda con maestria sulle trasfigurazioni oniriche
della natura e del cosmo. Un’analisi critica dei testi poetici non può che
partire da alcune liriche sulla “parola”, le cui valenze sono sia formali che
sostanziali. Per un poeta la parola è l’unico strumento di comunicazione a
disposizione, quindi è su di essa che deve lavorare per ottenere esiti lirici
convincenti, specchio grafico e fonetico dei propri sentimenti: l’autore è
consapevole dunque dell’importanza del linguaggio nel “fare poesia” e - nelle
liriche Le
parole, E’ l’ora delle parole, L’attimo fugace - ne
richiama le suggestioni. Esse sono la luce dell’esistenza, colpiscono nel
profondo, arricchiscono l’essere: “... / s’infrangono silenziose / sul foglio
del cuore, / colorando le pagine del libro della vita”. Inoltre quelle che
rimangono per sempre sono come alleate del poeta, perché sono il frutto dell’ispirazione
notturna, il momento magico della creazione. E non bisogna cadere nella
tentazione della fretta, della fugacità di tante parole, tocca a noi
conservarle: “E’ breve il tempo / delle parole, / troppe le cose da dire / nell’attimo
fugace, / non scordarle, / tienile strette. / Il momento arriverà”. Sono spunti
di semantica e semiotica resi con versi comprensibili, con una semplicità già
richiamata dal critico Luciano De Carli nella sua prefazione alla silloge Riflessione
(2009): “... Egli si affida a versi semplici, ma evocativi di sentimenti,
situazioni, ricordi, propositi e mete che riesce a controllare efficacemente
dal di dentro”.
Il parallelismo con la luce diffusa dalle ‘parole’
è evidente nel dipinto I raggi (2020), in cui fasci
di colori dal cielo alla terra formano larghe rette comunicative, veicolando l’idea
che le parole sono come raggi solari che ci illuminano. E’ opportuno allora
introdurre il discorso sui quadri inseriti nel libro che, in generale,
presentano simili caratteristiche: spiccanti e vivaci policromie; aloni
luminosi intorno ai soggetti; reale trasfigurato, rappresentato metaforicamente
e oniricamente con alla base elementi della natura che si evincono anche da
titoli significativi (Fiori boreali, Farfalle, Tramonto, Fiori, Lago di Levico, Notturno,
Alba nordica…).
Inoltre l’autore sposta a piacimento tra loro tali elementi: valga per
tutti l’esempio di Farfalle, dove il minuto corpicino
dell’insetto è costituito da felci sparse. Nell’insieme l’occhio è colpito da
visioni surreali, liriche, suggestive, delicate, racchiuse in dimensioni
pneumatiche, dove il cosmo e il particolare vivono complicità con sorprendenti
effetti. Le tecniche dei dipinti si avvicinano spesso a quelle dei “writers”
urbani trasferite in studio (‘colori spray su tela’), oppure all’acquarello
su carta’ o ancora gli esiti pittorici sono affidati ad una ‘tecnica mista’.
La poesia scorre fluida e leggera nei testi
ispirati dalla natura, con la quale il poeta crea simbiosi e immedesimazioni:
osserva la fatica delle creature nella loro crescita (Il piccolo passero); coglie
con tenerezza il volo delle farfalle come pensieri sui fili d’erba (Come tremore);
ci conduce nel simbolismo de Il solitario abete, le cui lacrime
di ghiaccio sono tante preghiere silenziose mentre “fiocchi di neve cadranno, /
come angeli imploranti”; è incantato dai riflessi del lago che trasformano ogni
cosa fino a mutare i colori, svelando lo scrigno infinito della natura (I riflessi);
ci porta ai confini del cielo dove è felicità delle altezze (Lassù);
e ancora vede nel classico volo del gabbiano un simbolo di libertà (Il gabbiano)
ed è catturato dalle smisurate grandezze e lontananze dell’universo (La cintura).
Così le pagine di pittura de Il libro della vita sono quasi
tutte dedicate a soggetti appartenenti al mondo naturale; oltre a quelli già
citati, possiamo soffermarci su altri esempi, tra cui: Nuvole colorate (2018),
Il mondo
a colori (2020) e Galattica (2020) che ci proiettano
negli spazi siderali in prospettive cosmiche e metafisiche.
Le contemplazioni del poeta spesso si
tramutano poi in riflessioni su vari aspetti esistenziali del vivere terreno,
come nella lirica L’orologio, chiara metafora del
fuggire del tempo fino all’ora decisiva dell’incontro con la morte e di quello
che verrà dopo; o come nella poesia L’orizzonte, dove il veleggiare
verso l’ignoto di una barca sul mare rappresenta il nostro destino; e via
andando con l’incertezza sul futuro che ci accompagna ogni giorno (L’incognita),
con le ombre della sera che giungono alla fine della corsa (La tremula
fiamma), con la speranza e il desiderio di trovare quel che da
sempre ha cercato (La spirale), con il librarsi delle ali della fantasia
e del sogno: “Soltanto il pensiero / può volare dove non arrivano le ali, / e
io volo alto, / lontano, / dove il sogno mi sospinge, / dove tutto è possibile,
/ dove la fantasia diventa realtà” (Il sogno mi sospinge). Come segnala
puntualmente Luigi
Ruggeri nella prefazione a I colori delle parole (2017):
“Tutta l’arte di Fabio e in particolar modo la poesia … induce ad una vera e
propria presa di coscienza dell’esistenza di mondi diversi e più vasti, uno
dentro l’altro come le scatole cinesi ...”, grazie - aggiungiamo noi - ad una
spiritualità verticale che ci libera dalla schiavitù del dato di fatto.
Il libro della vita continua ad
essere sfogliato dal poeta che completa le sue tematiche con liriche della
memoria e canti d’amore, mantenendo il suo stile lineare e diretto. La memoria
per l’autore non è una ricerca problematica nei meandri del passato, ma
semplicemente un “album dei ricordi, / come figurine da collezione”, dove
raccogliere i momenti più belli “per non dimenticare” in una “vita così
sfuggevole” (Figurine
da collezione) e tutto avverrà come in un eterno ritorno dei
sentimenti e degli affetti non ricevuti ma poi ripresi (Le ali dei ricordi). La
memoria è anche un vaso nel quale coltivare fiori che sembravano appassiti, per
farli rivivere ora (Il giardino dei ricordi). Siamo quindi in
presenza di una visione positiva del vissuto, serbatoio di energie e
suggestioni per l’oggi. Il canto d’amore si dipana sulla falsariga dei
bellissimi e romantici versi della sestina che compone La notte senza luna: “Risplendono
/ come stelle nella notte senza luna / i tuoi occhi. / Svelano l’universo che
nascondi / e io come astronauta navigo in te / alla ricerca dell’amore
primordiale”, e con le convinzioni espresse attraverso le anafore di Amare è
aspettare: “Amare non è stringere, / toccare,
accarezzare, / amare non è baciare / chi ti manca. / Amare è sentire la voce, /
vedere un volto. / Amare è aspettare”. E’ dunque un amore delle profondità
umane, delle comunicazioni spirituali, della ricerca continua sulle corde della
sensibilità dell’altro. In mezzo ci sono momenti, eventi, fatti in un cammino
di trasfigurazioni: il profumo di lei come essenza del respiro; l’incontro con
lei come fine della solitudine; le parole che vorrei dirti ma che non ti ho
ancora dette; il legame indissolubile che nulla potrà sciogliere; l’inimmaginabile
assenza di te.
Abbiamo sfogliato solo alcune pagine del
nostro libro, altre saranno ancora da scrivere. Intanto ammiriamo i colori di Fabio Recchia
che in Alba
nordica (2019) ci presenta un’aurora boreale ricca di
mistero; nel Notturno
(2020) innalza felci con aloni dorati come danzatrici sinuose
verso un cielo cromatico a plenilunio; nel Tramonto (2020) dipinge di rosso
fuoco l’orizzonte in fiamme tra fogliame verde a chicchi di caffè e cielo
stellato con effetti giallo-blu intenso; e infine in Barche al tramonto (2020)
– che appenderei subito ad una parete del mio appartamento – ci stupisce ancora
con una creazione metafisica e surreale in cui il mare d’un ciano scuro ha le
onde erbose, le vele non hanno la chiglia (per essere più leggere) e sono
sospese nell’aria (condizione umana) e lo sfondo fa da tramonto avanzato con
sciami di stelle sorgenti. Se Il libro della vita contiene tutto
ciò è meglio appropriarsene il più presto possibile.
Enzo Concardi
Fabio Recchia, Il libro della vita, pref. azario Pardini, Guido Miano Editore,
Milano 2021, pp. 80, isbn 978-88-31497-65-7, mianoposta@gmail.com.
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