La poesia
delle radici in
Domenico Distefano
Alla
mesta lezione dell’antico scrittore si sarebbero aggiunte in epoca moderna la
svalorizzazione del rapporto interumano – “l’enfer, c’est les autres” (“gli
altri sono l’inferno”), stando alla celebre battuta sartriana di Huis clos (A porte chiuse) (1944) -, la constatazione amaramente pessimistica
della deiezione esistenziale, della
continua vanificazione dell’aspirazione all’armonia intellettuale e morale
dell’Essere, dell’assenza di una Figura divina provvidenziale e confortatrice.
La
ricerca artistica di Domenico Distefano rivela un animus radicalmente differente, si àncora a una concezione
apertamente ottimistica, che insiste sulla positività della condizione
individuale, sul beneficio inestimabile rappresentato dal fatto stesso di
vivere, sul patrimonio prezioso degli affetti fra le persone, sul valore
primario del legame fra le generazioni, attraverso le quali nel tempo si
perpetua e si rinnova l’umanità: “Nel vibrare di attese senza fine,/voi due, innestati
all’Amore,/crescerete i figli, che verranno,/ai valori degli affetti e del
rispetto,/della dignità dell’onesto lavoro,/a sentire fratello ogni uomo,/ad
amare la natura e la pace (…) Nutrite sempre la speranza/di un domani
migliore./Non temete qualche nebbia sul cammino,/il primo sole la disperderà./Abbiate
fiducia in voi stessi/e della storia degli uomini/non imitate gli
errori,/perché non lasciano echi gioiosi,/che scaldano i cuori” (Agli sposi Nicola e Agnese, vv. 3-9 e
12-20).
L’autore
intende consegnare al figlio che si sposa le idealità trasmessegli dai
genitori, a cui dedica versi toccanti, non casualmente contigui nella struttura
complessiva dei testi; il ricordo incancellabile di essi vive nella nobile
eredità spirituale che lasciano: “Ti rivedo nel passato: (…) Nel cuore
conservo/i valori: la fede,/l’affetto, il rispetto,/il senso di giustizia,/il
desiderio di pace,/la dignità del lavoro,/la gioia di vivere”(A mio padre, vv. 29 e 35-41); “Tu sai che la vita è un dono,/una continua
meraviglia,/un’occasione unica e irripetibile,/che non si può sprecare (…) Mi
sono accorto anch’io/che sono solo due o tre/le verità che contano,/i grandi
principi della vita/e sono quelli che tu/mi hai insegnato da bambino” (La mia vecchierella, vv. 12-15 e 32-37).
L’instaurazione
di solidi vincoli affettivi (“Continueremo a coltivar speranze/in questa terra
piena d’incantesimo/e avremo più tempo e più bisogno/di tenerci per
mano/sull’arenile della nostra sera”, A
mia moglie: ieri, oggi, domani, vv.52-56)
radica l’uomo nel suo spazio e nel suo tempo, conferisce significato alla sua esistenza e, attraverso la sedimentazione memoriale, dà stabilità e serenità psicologiche e sentimentali,
assicura un saldo orientamento etico-culturale: “Talvolta, dai meandri del
cuore,/sgorgano volumi di ricordi,/distinti
come fotogrammi di un film;/aleggiano presenze
impalpabili/sempre vive, fresche e limpide,/come acqua gorgogliante di
sorgente./Ripercorro una strada che conosco;/erro in linea retta verso i
miei avi,/senza mai perdere la direzione(…)
Qui continuo a stupirmi,/a sognare, a illudermi, a sperare/e a riempirmi di gioia/ per le piccole cose”( Montalbano, paese natio, vv.161-169 e
199-202, corsivi miei).
Componenti
fondamentali, motivi decisivamente integranti di questa visione vitale e
positiva – che tuttavia non ignora le molte ingiustizie e il grave e
increscioso condizionamento dei pregiudizî – sono le profonde
convinzioni religiose (“Ti farà scorgere/quell’ineffabile Luce,/consolatrice,/custode
del germe della vita/e spiraglio di certezze,/in cui hai sempre creduto/e che
hai sempre pregato”, Or sembri quasi un’ombra,
vv. 43-49) e la rivendicazione, su questi
fondamenti, di una relazione partecipe e simpatetica con le tante
manifestazioni della dinamica naturale:
“Qui, in ogni cosa,/si scorge con stupore/l’impronta del Divino
Amore:/dalla rosata aurora/all’infuocato tramonto,/dalla calura estiva/al
fioccar della neve,/dalla leggera brezza/al violento temporale,/dal garrire
delle rondini/allo sbocciare d’un fiore,/dalla salubrità dell’aria/alla
freschezza delle sorgenti (…) La sera, quando l’aria imbruna/e inghiotte forme
e colori,/gufi, allocchi e barbagianni,/insonni, rovistano il mistero”(Montalbano, paese natio, cit.,
vv.133-145 e 148-151).
D’altronde
il poeta dichiara con fermezza nella lirica Primavera
(v. 16) che “tutta la natura grida alla vita”, comunicando così felicemente
al lettore il sentimento di un coinvolgente, affascinante vitalismo.
I
componimenti raccolti nel volume Vita nel
cuore dell’amore e della fede pubblicato alcuni mesi fa dall’Editore Miano
sono caratterizzati da soluzioni stilistico-formali piane e scioltamente
colloquiali, eppur non prive di una sobria ricercatezza, che si concretizza in
un ricorrente sistema di rime per lo più accennate (“E’ il tuo passo, amore./Impegnata in lavori
domestici,/cerchi di non fare rumore,/di
non disturbare,/di non svegliare/i nostri due piccoli figli”, L’angelo della casa, vv.6-11, corsivi
miei, come sempre in seguito; “Pregherò
il Signore/di guidare i tuoi passi/verso agevoli sentieri,/dove crescono alberi
annosi,/dai rami sempreverdi/e dai
frutti copiosi”, Pregherò il Signore, vv.5-10),
in scelte lessicali anche auliche
(“…l’armonia,/che sovrana dimora/associata
all’Amore/senza confini”, ivi, vv.17-20;
“ Un incurabil morbo/celatamente
cova/e il tuo penar mi accora”, La mia vecchierella, cit., vv.4-6), in una sintassi talora increspata dal ricorso
all’anastrofe (“E mentre alita la
brezza/profumata di salsedine,/inesorabile miete il tempo le ore”, Sulla spiaggia, vv.16-18; “La Tua casa è il Santuario,/costruito su un
promontorio,/impastato di sole, di vento e mare/per i secoli sfidare”, Madonna a Tindari, vv. 1-4), nella
predilezione delle sequenze iterative: “Riflettete sul cielo azzurro/con il
sole dorato,/sul ticchettio della
pioggia/con le carezze del vento,/sulle notti serene/con le tremule stelle,/sul
rifiorir di viole/con la nuova
stagione”(Agli sposi Nicola e Agnese,
cit., vv. 22-29).
Distefano ama sinceramente la poesia, che per lui – come per gli antichi greci la filosofia – nasce da un atteggiamento di stupita meraviglia; la concentrazione lirica, quando giunge a esiti di schiettezza e di profondità, tocca le corde più intime dell’animo degli uomini, è in grado di sfidare il tempo e di proporsi quale acquisizione perenne: “Tu comunichi emozioni,/adeguate a tutte le culture;/apri orizzonti, risvegli le coscienze,/cogli l’essenza delle cose/e delle esperienze umane (…) Ingialliscono le tue pagine/col passare dei lustri,/ma rimangon fresche e profumate/le rose dei tuoi versi,/sbocciate nei giardini,/ove tacciono i rumori molesti” (Poesia, vv. 23-27 e 40-45)
Floriano Romboli
Domenico
Distefano, Vita nel cuore dell’amore e
della fede, prefazione di N. Pardini, Milano, Miano Editore, 2021, pp.66.
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