LETTERA A NAZARIO PARDINI SUL SUO
"IL MEDIOEVO DI DANTE"
Caro Nazario,
Marco dei Ferrari,
collaboratore di Lèucade
ho ricevuto il tuo "medioevo"
dantesco e l'ho letto con inaudita curiosità e attenzione.
In una brillante, appagante "carrellata"
di "gesti" poetici e analisi approfondite sui tracciati estetico-didascalici
del poema, hai colto la verità dantesca più singolare e difficile da
individuarsi: il "sapere" ontologico che il Poeta "ritrova"
nella "fede" dove l'Essere guida ogni corso individuale/collettivo al
proprio perfezionamento dal micro al macro cosmo, a finalità estetica.
Da qui la "bellezza" come
coincidenza di essere e apparire e come manifestazione di verità.
Tutte le vicissitudini politico-sociali-artistiche
del Poeta si accomunano quindi nella visione di un estetismo totalizzante che
traccia conflitti, esili, desideri, teologie, appelli politico-etici, per
confluire nel suo libro d'eccellenza assoluta: la (Divina) Commedia.
Estetismo che non si limita alla sola
"bellezza", ma intende parteciparne il significato etico (il bene)
nelle forme più diffuse e ascendenti
dell'opera filosofica-politica-lirica del Poeta.
Dal neoplatonismo di Plotino
(ascetismo della "caduta" del mondo per un "ritorno" da
colmarsi con l'amore nella visione della bellezza) all'espressione di una
"storia della salvezza" che occupa complessivamente il pensiero
medievale fondato dalla trascendenza divina, si sviluppa tutta l'Arte poetica
dantesca.
L'Arte cioè dell'unità teologica che si
identifica con l'Essere assoluto (evitando la confusione dispersiva della
finitezza) non solo fonte di piacere mimetico nel bello (diretto) e nel brutto
(indiretto) (come sostiene Aristotele), ma anche "ritmo
musicale" d'incontro tra aristotelismo e neoplatonismo (come rilevano Gerolamo
Fracastoro in un lavoro del 1555 e lo Scaligero nella
"Poetica" - 1561).
Tuo merito ineludibile, caro Nazario, è
quello di aver sottolineato nel Poema una linea filosofico-etica trascendente,
di conduzione oltre il "verso" poetico, oltre il
coinvolgimento passionale politico del Sommo Artista, nell'indirizzo "totale"
della sua pervicace determinazione orizzontale/verticale alla ricerca di un "mondo
nuovo" per un' "età nuova" che il solo Medioevo non
poteva offrire.
In effetti Dante è stato un incompreso
precursore etico-politico (e non solo) per molti secoli "altalenanti"
e solo nel Romanticismo dell'Ottocento ha trovato la riflessione più affine e consona
(quindi dopo circa 500 anni) a comprendere il suo messaggio olisticamente ontologizzato.
Un Leonardo da Vinci "anticipato"
(per alcuni "fondamentali" si potrebbe dire) che tu interpreti con
maestrìa culturale e artistica d'elite.
Grazie.
Marco
dei Ferrari
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