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sabato 13 novembre 2021

ANNA VINCITORIO: "RECENSIONE POETICA"

 


Anna Vincitorio,
collaboratrice di Lèucade

PER DIRE ADDIO 

“C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole

anzi d’antico: io vivo altrove e sento

che sono intorno nate le viole. […]”

                            Giovanni Pascoli

 

Un sole un po’ freddo stamattina. S’insinua luminoso. I vecchi scuri spalancati. Mi affaccio su quel lievitare di verde e di silenzio.

         Mi pare di udire lontano canti che ondulano nel vento. Sfavillante intravedo la Chiesa russa con la cupola d’oro. Dal giardino s’innalza una palma altera che svetta verso l’azzurro che sovrasta. Fu piantata per la nascita di una bambina. Presenza vivente di un passato ormai lontano. Rumori, i più vari, spezzano il silenzio lungo quanti gli anni trascorsi. Mi propendo sul balcone e guardo quell’oasi di verde e di silenzio. Il tempo si è fermato. Terrazzi, panni stesi. Una donna, lontana che si affaccia. Bambini dal capo biondo. Grida gioiose. Rita in giardino che ricama corredi per le spose. Ha vissuto solo nella vita degli altri. Nell’aria mi pare ancora si diffonda l’aroma del caffè tostato. “Ma chi è quella grulla che si mette a tostare il caffè?” La vecchia signora non si offende; sorride e fa girare la manovella. Presto il caffè sarà tostato. Sussurra parola in dialetto napoletano. L’ascolta il suo “glu, glu”. L’amico piccione che, puntuale al mattino sosta sul suo balcone. Poi, lei prepara un tavolino con la seggiolina. È per una testina di riccioli che, felice, mangerà sul terrazzo. Piano piano, tutto sfuma. Tra invisibili nebbie affiorano gli occhi azzurri di Alfeo; la sua mitezza. Il ricordo della vita in miniera nella lontana Francia, non ne attenua la dolcezza. Dalla terrazza sottostante erompe il pianto accorato di una madre per il figlio Oriano che le fu strappato una sera d’inverno e finì in quel di San Salvi.

         Mi affaccio sulle scale: quel pianerottolo di pietra e la morte improvvisa di mio padre nell’attimo straziante di un unico grido. Ma io non c’ero.

         Nel presente: squallore e lunghi anni di dolore alla morte della vecchia signora. La casa ha perso la sua lucentezza e i ricordi, distrutti. Resta l’amaro in bocca. Il dolore assorbito dalle pareti ha spento la claustrale purezza che negli anni passati le aveva animate. In un rimbombo, la voce della casa, profanata, tradita.

         Con scricchiolii si svuota lentamente; i mobili sono portati giù per le scale. Solo sui muri, tracce di ciò che un tempo fu.

         Stringo le braccia. Ho freddo, nonostante il sole, ma ad un tratto la casa mi parla: “Non devi essere triste. Quello che è stato, la vita vissuta, rimane in te come una fiaccola. Abbraccia con lo sguardo il sole che, puntuale, ogni giorno risorge e vivi!”.

         Prima di chiudere gli scuri il mio sguardo insegue ancora da lontano la cupola d’oro della Chiesa. Il vento diffonde nel mio ricordo antichi canti. Mi allontano. Scendo lentamente le scale. Giro l’angolo e di fronte a me il vecchio liceo sempre eguale. Tra le lacrime rivedo i nostri visi giovani. Oh miei compagni ora dispersi!

         Dove adesso?

                                                                 Anna Vincitorio

Firenze, 20 ottobre 2021

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