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domenica 30 gennaio 2022

GIOVANNA FILECCIA LEGGE:" LA SOLITUDINE DEL POETA" DI FRANCO DONATINI




Franco Donatini 

LA SOLITUDINE DEL POETA

Recensione a cura di Giovanna Fileccia

 

“Chi non sa popolare la propria

solitudine, nemmeno sa esser solo in

mezzo alla folla affaccendata.”

Charles Baudelaire

 

La raccolta poetica di Franco Donatini già dal titolo ci catapulta in uno stato d’animo: la solitudine, e coinvolge una figura in particolare: il poeta. La solitudine è una condizione intima e soggettiva, necessaria a colui che ama scorticare l’anima e incidere versi graffianti sulla carta. La Solitudine del poeta ci graffia già dalla prima poesia Serata d’autunno: metafora di un percorso di vita dove ogni incontro resta appeso ai rami spogli di un albero e le foglie cadute rappresentano i giorni passati insieme ai ricordi. Questi ultimi ricorrono tra i versi di molte liriche del Donatini che sembra nutrirsi di quella sottile malinconia per la quale vale la pena vivere.

 

Il languore malinconico attiva il processo creativo della mancanza: il poeta scrive per sottrazione, per divisione, per scissione. Quando mi appresto a recensire un libro le prime poesie mi prendono per mano e mi fanno entrare nel mondo del poeta. La silloge di Franco Donatini mi introduce fin da subito in un mondo riflessivo e nostalgico. Insieme alla nostalgia avverto il desiderio del poeta di protendersi verso per ricevere uno, due, più abbracci. Nella poesia Rotola l’anima torna l’albero dei ricordi, un albero che scorre a ritroso e riconosce eventi già vissuti. Di tutt’altro colore è la poesia L’anfora nella quale la passione lega due corpi e due anime a tal punto da ignorare chi fossero prima di quel momento.

 

C’è attinenza tra la visione poetica di Franco Donatini e la mia, i suoi versi mi sono affini così come i simboli che ritrovo nelle sue composizioni. Trascrivo alcuni versi centrali della lirica Questa vita: “Talvolta è solo un alito di vento \ a muoverti verso un’altra riva \ a spingerti impotente sopra il mare \ a combinare vicissitudini ed eventi \ non contemplati nella propria rotta”. Il vento si impone e soffia refoli che si insinuano nei pori di chi non vuole morire; il vento è l’alito divino che fruscia tra le foglie degli alberi, increspa la superficie del mare e trasporta ciascuno in luoghi nuovi, non contemplati dal volere umano.

 

La scrittura di Franco Donatini risulta fluida e, seppure la punteggiatura sia -quasi- assente, le strofe risultano cadenzate da un ritmo musicale che rende la lettura armoniosa. L’unico segno di punteggiatura che Franco utilizza sono i tre puntini che creano la sospensione e il pathos. La raccolta La solitudine del poeta è divisa nelle seguenti sezioni che ne determinano i temi: Amori, Stati d’animo, Ricordi, Luoghi e Miti, eppure ogni lirica è permeata da ognuna di tali tematiche. Gli stati d’animo, le sfaccettature dell’amore, i ricordi del passato, i luoghi nei quali Franco ha camminato e i miti che ha assorbito, sono presenti dalla prima all’ultima strofa.

 

È una poesia chiara, nitida, senza fronzoli. L’unica concessione è data dalle parole stesse che a volte fioriscono in fiori esuberanti per tendersi verso un sole che scalda, nutre l’anima. E tale nutrimento è l’unica verità che Franco persegue. Ne Un sorriso nuovo l’autore scrive: “Una luce in te che non conosco \ emerge vitale dai tuoi occhi \ mi apre una breccia \ dentro al petto \ come fa il sole tra gli alberi del bosco”. In questi versi intrisi di illusione e amarezza c’è l’ombra di un sorriso contenuto e tenuto quasi a bada da quella sottile mestizia che. La luce è offuscata anche ne Un amore amaro: un componimento che è musica sensuale e aulica, animica e corporea. È una poesia che ben dispiega la visione poetica di Donatini che ama liberare i suoi versi per farli giungere alla natura. Ma l’amore è, per il Nostro, anche desiderato e consapevole, come nella poesia Ti ho visto che recita: “Ti ho visto così \ tra le mie mura \ in silenzio sei giunta \ senza entrare come \ se fossi stata sempre qui \ o una cometa che nel cielo appare”. L’amore danza in un turbine velato e si apre a rischiarare l’oscuro e sospirare in un sole che, imperterrito, splende.

 

Nella sezione dedicata agli stati d’animo, due poesie sono dedicate alla madre: il poeta la cerca tra le stanze di una casa in collina; il richiamo della casa si fa prepotente e lui non vuole più ignorarne la voce che lo trasporta in un passato che è ancora presente nell’ultimo fiato condiviso tra madre e figlio. La madre è foglia che si stacca dall’albero e plana per passare dalla dimensione terrena alla “casa eterna”. Un fuggire senza fare rumore così come la foglia si poggia al suolo silenziosamente. Ma l’albero resta integro poiché le radici sono salde seppure i rami siano spogli. La casa svuotata dalle risa, dai sussurri, dagli strilli è protagonista nella lirica Una casa vuota che lascia nel lettore una struggente malinconia che prosegue nella poesia Cammino piano: dalla casa vuota al cimitero. Tra tombe ornate di fiori recisi, si impongono le foto di vite recise dal respiro. È una poesia piena di rammarico, di tutto ciò che è dolore intimo.

 

La solitudine del poeta nel 2021 è stata premiata in due concorsi letterari. Dalla nota biografica apprendo che il professore Donatini oltre che critico d’arte e poeta, è anche saggista della letteratura classica e non solo. Molti suoi libri sono dedicati a figure storiche del mondo dell’arte e della scienza. Il suo è un approccio introspettivo poiché ama “vedere dal di dentro” e dialogare con i protagonisti dei suoi saggi. Anche tra queste pagine egli dialoga con: Icaro, Dafne, Calipso, inoltre ne Omaggio ai miei poeti immagina un incontro al bar con i poeti “maledetti” Charles Baudelaire, Paul Verlaine, Arthur Rimbaud. Con gli occhi della fantasia li immagino mentre bevono assenzio, discorrono del senso della vita e pronunciano i loro stessi versi:

Franco da Alberi miei sceglie i versi “Alberi miei che avete lottato \ contro i venti e la terra \ che dilava \ Alberi miei \ che avete accompagnato \ anni di sogni \ e passate stagioni \ stremati cadeste \ con le mie illusioni”;

poi Arthur dalla sua L’addormentato della valle recita “È una gola di verzura dove un fiume canta \ impigliando \ follemente alle erbe stracci \ d’argento: dove il sole, dalla fiera montagna \ risplende: \ è una piccola valle che spumeggia di raggi.”;

Paul interpreta un brano della sua poesia Canzone d’autunno “Ansimante e smorto, \ quando l’ora rintocca, \ io mi ricordo \ dei giorni antichi \ e piango; \ e me ne vado \ nel vento ostile \ che mi trascina \ di qua e di là \ come la foglia morta.”;

e Charles da L’uomo e il mare declama “Discreti e tenebrosi ambedue siete: \ uomo, nessuno ha mai sondato il fondo \ dei tuoi abissi; nessuno ha conosciuto, \ mare, le tue più intime ricchezze, \ tanto gelosi siete d’ogni vostro \ segreto.”

 

Franco Donatini è un poeta che vede oltre il visibile, dialoga finanche con i luoghi, le cose, le case, le foto, gli alberi. Diventa parte del tutto: un albero maestoso ben piantato nel suo humus letterario pregno sì, di parole, ma anche di valori. Un albero ben radicato nei ricordi eppure pronto a sperimentare nuovi venti e nuove foglie. Nella lirica Nuova Primavera (2020) l’albero, da spoglio, si veste di colori. Dopo il buio inverno, “oscuro e bieco”, finalmente la speranza arriva insieme alle rondini che sono tornate e volteggiano gioiose sui tetti per salutare le piazze, i campi densi d’aratri in operosa lena: versi volti all’apertura di chi opera, lavora, osserva, ama, vive.

 

La poetica di Donatini possiede le sfumature di un tramonto che ammalia. In copertina vi è un’unica imbarcazione che veleggia a fine giorno: un vascello che pure nel trovarsi solo in mare aperto, ha al suo interno tutto ciò di cui abbisogna -gli strumenti di bordo, le vele e l’equipaggio- per giungere in porto. Anche il poeta nella sua condizione di solitudine possiede in sé tutto ciò di cui ha bisogno per indiàre la sua anima: la creatività, l’interiorità e quella sensibilità che lo proiettano in una dimensione di riflesso-che-ritorna.

 

Ho aperto questa mia con un aforisma di Charles Baudelaire “Chi non sa popolare la propria solitudine, nemmeno sa esser solo in mezzo alla folla affaccendata.” Il poeta popola la sua solitudine, gli è necessaria, la alimenta e ne fa un coro di sillabe e di emozioni. Concludo con un’ultima poesia di Franco dai versi sensuali Tramonto a bocca d’Arno: carezze tra l’acqua e la terra. Un rimescolio interiore, un rigurgito d’amore che si riversa nel mare. Poesia essenziale, parca di parole. Un percorso irruento che ben caratterizza il viaggio della vita. Come il fiume Arno si riversa nel mare, così il poeta di riversa a braccia aperte, a bocca di foce, nel tramonto di un giorno che finisce solo per ricominciare.

Giovanna Fileccia

Terrasini, 27 gennaio 2022

Franco Donatini, La solitudine del poeta, prefazioni di Nazario Pardini e Floriano Romboli, Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 92, isbn 978-88-31497-70-1, mianoposta@gmail.com.

 

 

 

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