Franco Donatini
LA SOLITUDINE DEL POETA
Recensione a cura di Giovanna Fileccia
“Chi non
sa popolare la propria
solitudine,
nemmeno sa esser solo in
mezzo
alla folla affaccendata.”
Charles Baudelaire
La raccolta poetica di Franco
Donatini già dal titolo ci catapulta in uno stato d’animo: la solitudine, e
coinvolge una figura in particolare: il poeta. La solitudine è una condizione
intima e soggettiva, necessaria a colui che ama scorticare l’anima e incidere
versi graffianti sulla carta. La Solitudine
del poeta ci graffia già dalla prima poesia Serata d’autunno:
metafora di un percorso di vita dove ogni incontro resta appeso ai rami spogli
di un albero e le foglie cadute rappresentano i giorni passati insieme ai
ricordi. Questi ultimi ricorrono tra i versi di molte liriche del Donatini che
sembra nutrirsi di quella sottile malinconia per la quale vale la pena vivere.
Il languore malinconico attiva il
processo creativo della mancanza: il poeta scrive per sottrazione, per
divisione, per scissione. Quando mi appresto a recensire un libro le prime
poesie mi prendono per mano e mi fanno entrare nel mondo del poeta. La silloge
di Franco Donatini mi introduce fin da subito in un mondo riflessivo e
nostalgico. Insieme alla nostalgia avverto il desiderio del poeta di protendersi verso per ricevere uno, due, più
abbracci. Nella poesia Rotola l’anima torna l’albero dei
ricordi, un albero che scorre a ritroso e riconosce eventi già vissuti. Di tutt’altro
colore è la poesia L’anfora nella quale la passione lega due corpi e due anime a
tal punto da ignorare chi fossero prima di quel momento.
C’è attinenza tra la visione poetica di
Franco Donatini e la mia, i suoi versi mi sono affini così come i simboli che
ritrovo nelle sue composizioni. Trascrivo alcuni versi centrali della lirica Questa
vita: “Talvolta è solo un alito
di vento \ a muoverti verso un’altra riva \ a spingerti impotente sopra il mare
\ a combinare vicissitudini ed eventi \ non contemplati nella propria rotta”.
Il vento si impone e soffia refoli che si insinuano nei pori di chi non vuole
morire; il vento è l’alito divino che fruscia tra le foglie degli alberi,
increspa la superficie del mare e trasporta ciascuno in luoghi nuovi, non
contemplati dal volere umano.
La scrittura di Franco Donatini risulta
fluida e, seppure la punteggiatura sia -quasi- assente, le strofe risultano
cadenzate da un ritmo musicale che rende la lettura armoniosa. L’unico segno di
punteggiatura che Franco utilizza sono i tre puntini che creano la sospensione
e il pathos. La raccolta La solitudine del poeta è divisa
nelle seguenti sezioni che ne determinano i temi: Amori, Stati d’animo, Ricordi, Luoghi e Miti, eppure
ogni lirica è permeata da ognuna di tali tematiche. Gli stati d’animo, le
sfaccettature dell’amore, i ricordi del passato, i luoghi nei quali Franco ha
camminato e i miti che ha assorbito, sono presenti dalla prima all’ultima
strofa.
È una poesia chiara, nitida, senza
fronzoli. L’unica concessione è data dalle parole stesse che a volte fioriscono
in fiori esuberanti per tendersi verso un sole che scalda, nutre l’anima. E
tale nutrimento è l’unica verità che
Franco persegue. Ne Un sorriso nuovo l’autore scrive: “Una luce in te che non conosco \ emerge vitale dai tuoi occhi \ mi
apre una breccia \ dentro al petto \ come fa il sole tra gli alberi del bosco”.
In questi versi intrisi di illusione e amarezza c’è l’ombra di un sorriso
contenuto e tenuto quasi a bada da quella sottile mestizia che. La luce è
offuscata anche ne Un amore amaro: un componimento che è musica sensuale e aulica,
animica e corporea. È una poesia che ben dispiega la visione poetica di
Donatini che ama liberare i suoi versi per farli giungere alla natura. Ma l’amore
è, per il Nostro, anche desiderato e consapevole, come nella poesia Ti ho
visto che recita: “Ti ho visto
così \ tra le mie mura \ in silenzio sei giunta \ senza entrare come \ se fossi
stata sempre qui \ o una cometa che nel cielo appare”. L’amore danza in un
turbine velato e si apre a rischiarare l’oscuro e sospirare in un sole che, imperterrito,
splende.
Nella sezione dedicata agli stati d’animo,
due poesie sono dedicate alla madre: il poeta la cerca tra le stanze di una
casa in collina; il richiamo della casa si fa prepotente e lui non vuole più
ignorarne la voce che lo trasporta in un passato che è ancora presente nell’ultimo
fiato condiviso tra madre e figlio. La madre è foglia che si stacca dall’albero
e plana per passare dalla dimensione terrena alla “casa eterna”. Un fuggire
senza fare rumore così come la foglia si poggia al suolo silenziosamente. Ma l’albero
resta integro poiché le radici sono salde seppure i rami siano spogli. La casa
svuotata dalle risa, dai sussurri, dagli strilli è protagonista nella lirica Una
casa vuota che lascia nel lettore una struggente malinconia che
prosegue nella poesia Cammino piano: dalla casa vuota al
cimitero. Tra tombe ornate di fiori recisi, si impongono le foto di vite recise
dal respiro. È una poesia piena di rammarico, di tutto ciò che è dolore intimo.
La solitudine del poeta nel 2021 è stata premiata in due
concorsi letterari. Dalla nota biografica apprendo che il professore Donatini
oltre che critico d’arte e poeta, è anche saggista della letteratura classica e
non solo. Molti suoi libri sono dedicati a figure storiche del mondo dell’arte
e della scienza. Il suo è un approccio introspettivo poiché ama “vedere dal di
dentro” e dialogare con i protagonisti dei suoi saggi. Anche tra queste pagine
egli dialoga con: Icaro, Dafne, Calipso, inoltre ne Omaggio ai miei poeti
immagina un incontro al bar con i poeti “maledetti” Charles Baudelaire, Paul
Verlaine, Arthur Rimbaud. Con gli occhi della fantasia li immagino mentre
bevono assenzio, discorrono del senso della vita e pronunciano i loro stessi
versi:
Franco da Alberi miei sceglie i
versi “Alberi miei che avete
lottato \ contro i venti e la terra \ che dilava \ Alberi miei \ che avete
accompagnato \ anni di sogni \ e passate stagioni \ stremati cadeste \ con le
mie illusioni”;
poi Arthur dalla sua L’addormentato
della valle recita “È una gola di
verzura dove un fiume canta \ impigliando \ follemente alle erbe stracci \ d’argento:
dove il sole, dalla fiera montagna \ risplende: \ è una piccola valle che
spumeggia di raggi.”;
Paul interpreta un brano della sua
poesia Canzone d’autunno “Ansimante
e smorto, \ quando l’ora rintocca, \ io mi ricordo \ dei giorni antichi \ e
piango; \ e me ne vado \ nel vento ostile \ che mi trascina \ di qua e di là \ come
la foglia morta.”;
e Charles da L’uomo e il mare declama “Discreti e tenebrosi ambedue siete: \ uomo,
nessuno ha mai sondato il fondo \ dei tuoi abissi; nessuno ha conosciuto, \ mare,
le tue più intime ricchezze, \ tanto gelosi siete d’ogni vostro \ segreto.”
Franco Donatini è un poeta che vede
oltre il visibile, dialoga finanche con i luoghi, le cose, le case, le foto, gli
alberi. Diventa parte del tutto: un albero maestoso ben piantato nel suo humus
letterario pregno sì, di parole, ma anche di valori. Un albero ben radicato nei
ricordi eppure pronto a sperimentare nuovi venti e nuove foglie. Nella lirica Nuova
Primavera (2020) l’albero, da spoglio, si veste di colori. Dopo il buio
inverno, “oscuro e bieco”, finalmente la speranza arriva insieme alle rondini che
sono tornate e volteggiano gioiose sui tetti per salutare le piazze, i campi
densi d’aratri in operosa lena: versi volti all’apertura di chi opera, lavora,
osserva, ama, vive.
La poetica di Donatini possiede le
sfumature di un tramonto che ammalia. In copertina vi è un’unica imbarcazione
che veleggia a fine giorno: un vascello che pure nel trovarsi solo in mare
aperto, ha al suo interno tutto ciò di cui abbisogna -gli strumenti di bordo,
le vele e l’equipaggio- per giungere in porto. Anche il poeta nella sua
condizione di solitudine possiede in sé tutto ciò di cui ha bisogno per indiàre
la sua anima: la creatività, l’interiorità e quella sensibilità che lo
proiettano in una dimensione di riflesso-che-ritorna.
Ho aperto questa mia con un aforisma di Charles Baudelaire “Chi non sa popolare la propria solitudine, nemmeno sa esser solo in mezzo alla folla affaccendata.” Il poeta popola la sua solitudine, gli è necessaria, la alimenta e ne fa un coro di sillabe e di emozioni. Concludo con un’ultima poesia di Franco dai versi sensuali Tramonto a bocca d’Arno: carezze tra l’acqua e la terra. Un rimescolio interiore, un rigurgito d’amore che si riversa nel mare. Poesia essenziale, parca di parole. Un percorso irruento che ben caratterizza il viaggio della vita. Come il fiume Arno si riversa nel mare, così il poeta di riversa a braccia aperte, a bocca di foce, nel tramonto di un giorno che finisce solo per ricominciare.
Giovanna Fileccia
Terrasini, 27 gennaio 2022
Franco Donatini, La solitudine del poeta, prefazioni di Nazario Pardini e Floriano
Romboli, Guido Miano Editore, Milano 2021, pp. 92, isbn 978-88-31497-70-1,
mianoposta@gmail.com.
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