Caro Nazario,
“Ho bisogno di poesia, questa magia che brucia la pesantezza delle parole, che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.” (Alda Merini)
La memoria
Dev’essermi anche lei scivolata via
dispersa in qualche fosso
oppure fuggitiva nella scia
dell’ultima luce mattutina
che corteggia circuisce le piante
neanche loro tutte sane, tuttavia
lungo il viale di acacie
e tigli a settembre mezzo secchi
in libera fuga fino al cuore
più arido e più scuro della terra
dove precipita la pioggia
e dove tu t’immergi nella grotta
della tua coscienza
fra vecchiaia e giovinezza
Poi la chiamano Alzheimer, questa cosa
questa lingua totalmente straniera
senza più stare insieme senza
più ridere scherzare
aspettare con calma
la salvezza che cade
nella tana
Inverno e quaderno
Mi abituo a stare al freddo
e a scaldarmi scrivendo
frasi e parole senza senso
mezze firme, arzigogoli
o gomitoli d’inchiostro
Come un cappotto alla fine dell’inverno
chiudo il silenzio in un quaderno
e lo butto dopo poco nel disgelo
profilo che disegno col gessetto
rasente il muro nero
fra spirito e bisogno
giudizio e terremoto
Alla fine sulla pagina mi muovo,
scivolo cauto, riprovo
fino a quando non so
più cosa farmene di un sogno
Piazza d’Armi
Tutto, qua, è lontano e misurabile,
familiare e indifferente, meraviglioso
e triste. Cammino sulla curva
dell’antica pista di trotto
oggi parco sparuto
e parcheggio sotterraneo
Al posto della sabbia il terreno è
composto
di un asfalto leggero con dentro
sfumature di nero
dove lo zoccolo appoggia sbilenco
C’è qualcosa da aggiustare nel mio passo
ma anche in questa nebbia
che invece di salire
scende col peso di un antico temporale
Modena mi piace
nel cielo di cemento e nel cotto
dei muri che sopravvivono
per le strade un po’ storte del centro
dove asfissiato avvolge il nostro tempo
un seno di pietra
mentre dal portico contemplo
quel vetro che nasconde un segreto
e l’orologio dipinto sul timpano
dell’antico Foro
segna per sempre mezzogiorno
Abbey Road
Se è questo il mio giorno fatale
o un giorno abbastanza importante
da ricordarne alba e colore
tutt’attorno delle piante
secco nelle arie
prima quasi assenti
e poi pungenti
che dobbiamo alzarci i baveri
ricoprire d’unguenti
Se è questo il giorno più importante
per occhi, nasi e sentimenti
è meglio che sia un giorno
di circostanze povere
fra salici sbilenchi
una palude di pozzanghere
questo muretto circondato di sterpaglie
e l’asfalto tutto crepe
dove riconciliarci con la sete
dei fratelli persi chissà dove
A santificare
un giorno uguale
in pegno posso offrire
le mie scarpe ormai cinquantenarie
le stesse di George Harrison
sulla copertina di Abbey Road
Ottobre del ’69
e me quattordicenne senza cielo
di reticoli di tane prigioniero
un autunno di topi nel pensiero
(Le poesie di
Alberto Bertoni, qui pubblicate su autorizzazione dell’autore, fanno parte del
volume “L’isola dei topi”, Einaudi, 2021)
Alberto
Bertoni (Modena, 1955). Insegna
Letteratura italiana contemporanea all’Università di Bologna. Tra le sue
pubblicazioni saggistiche: La poesia contemporanea (il Mulino
2012), Poesia italiana dal Novecento a oggi (Marietti
2019), Una questione finale. Poesia e pensiero da Auschwitz (Book
Editore 2020). Come poeta in proprio ha pubblicato diverse raccolte confluite
poi nel volume Poesie 1980-2014 (Aragno 2018).
La rubrica di
poesia Parole a capo esce
regolarmente ogni giovedì mattina su Ferraraitalia.
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Cover: The
Beatles, Abbey Road (Foto Flickr.com – licenza creative commons)
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