M. GRAZIA FERRARIS,
COLLABORATRICE DI LEUCADE
Il delfino del Serengeti di C. Casabuoni, ed. Sorba.
“Il
mio nome è Zebrato e fin da puledro ho sempre saputo che sarei diventato un
maschio alfa….Avevo sentito dire di una strana razza di scimmie …che avevano
trovato il modo di coltivare i terreni e poi accantonava in rudimentali silos
le sementi. Era come se a noi abitanti del Serengeti si fosse sviluppato uno
stomaco dalla capienza infinita. Nessuno sarebbe stato mai più sazio…”: ecco
l’incipit del nuovo racconto Il delfino del Serengeti del
maddalenino C. Casabuoni.
Una
storia che lo stesso Autore così prova a sintetizzare: “Questa storia assurda e
visionaria ...a me è stata a sua volta raccontata da una roccia che si trova
sul sentiero che porta a cala Napoletana…”
Rifletto
sulle parole di I. Calvino in Introduzione a Fiabe Italiane: “Io credo
questo: le fiabe sono vere. Sono, prese tutte insieme, nella loro sempre
ripetuta e sempre varia casistica, il catalogo dei destini che possono darsi
[...] e soprattutto la sostanza unitaria del tutto, uomini bestie piante cose,
l’infinita possibilità di metamorfosi di ciò che esiste”. Questa citazione mi
sembra adatta a introdurre e capire
l’originale libro di “favole” di
Corrado Casabuoni.
Favole
postmoderne: presentano alcuni elementi di somiglianza con la parabola ed
offrono più chiavi di lettura (naturalistiche,
geografiche, estetiche,
psico-antropologiche, politico-morali) a lettori di gusti diversificati
e varia formazione culturale.
L’Autore ha elaborato racconti caratterizzati
da una testualità ibrida, dove linguaggio verbale e iconico dialogano incessantemente
nel segno dell’umorismo, della fantasia, senza mai perdere la tensione utopica
– fondata sul sogno di rovesciamento, o almeno di trasformazione,
dell’esistente – che ha contraddistinto fin dagli albori il racconto fiabesco,
dandogli una coloritura contestataria, (soprattutto come era avvenuto da
noi negli anni Sessanta e Settanta), ma
nel segno della leggerezza e del consapevole sorriso.
L’immaginazione
è infatti una forma di coscienza del nostro essere al mondo, del nostro
abitarlo e comprenderlo, è la facoltà del possibile, chiamata in causa dalla
dimensione della progettualità.
Il
linguaggio metaforico che connota il testo è proprio della narrazione fiabesca
in quanto tale, «intersezione tra reale
e fantastico, una sorta di zona franca dove il fantastico del reale e il reale
dell’immaginario si intersecano».
Un
originale libro di favole dunque,( favola, dal latino fabŭla (parlare), è una
breve vicenda narrata che vede come protagonisti animali o cose inanimate, il
cui fine è di far comprendere una verità “morale”, in modo semplice).. .Mi
ricorda Luis Sepúlveda, alla fine dello
scorso millennio, quando ci consegnava
la storia di due animali diversi per razza, dimensioni, istinto,
attitudine, e li ‘avvicinavaʼ
in un dialogo nuovo dolce e creativo, in nome della prossimità che tutti
riconosce come soggetti degni di legami e sorrisi.( La gabbianella e il gatto,
animali fuori dalla tradizione favolistica di una puntuale corrispondenza di
pregi, difetti, vizi e virtù attribuibili agli esseri umani, divengono
personaggi di una sorta di ‘trasposizione fiabesca della favolaʼ).
Così è
per Zebrato, il puledro zebra che vive nel paradiso del Serengeti e per il delfino giocoso,
elegante e lucido e il curioso gabbiano Titti, che vola libero nei cieli della
Maddalena e che sfiderà l’avventura di raggiungere il continente africano
aggregandosi ai fenicotteri rosa che compivano regolarmente la trasvolata.
Si
tratta di unʼapertura
della fantasia che diviene paradigma letterario ed auspicio sociale, nelle
tinte di un racconto che dona nuove prospettive di dialogo e accoglienza, di
possibilità e speranza, anche se non privo di pessimismo realistico.
La
favola infatti può e deve rappresentare una forma di esercizio del pensiero
critico e ragionato, al fine di infrangere pregiudizi, preconcetti,
comportamenti e deviazioni che, spesso, non trovano argine in assenza di
strutture interiori compiute e maturate attraverso una consapevole
auto-narrazione. Ci si riferisce, come nei racconti presentati in questo
libro, ad un pensiero che si elabora e
matura attraverso lʼesperienza
e le storie degli altri; con lo scambio costante tra ciò che crediamo distante
e ciò che riconosciamo come prossimo; nella capacità – a tratti magica e
meravigliosa – di rendere fluide e malleabili le linee di confine dei nostri
‘compartimentiʼ
socio-culturali. Ecco allora le audaci
imprese di Zebrado, da stallone nel Serengeti a delfino nel mare
dell'Arcipelago di La Maddalena. Il carattere corso-gallurese del gabbiano
Titti e il suo viaggio per conoscere un nuovo mondo… La sorridente serenità
della roccia lungo il sentiero di Cala Napoletana: immersioni in posti di una
bellezza mozzafiato che l’Autore sa presentarci nella loro singolarità
facendoceli desiderare.
Nella
maggior parte delle fiabe primeggia la metafora del viaggio. Il viaggio è
necessario per diventare se stessi e
tutti i protagonisti delle fiabe devono sottoporvisi. O spontaneamente decidono
di fuggire da casa e talora la decisione deriva dalla curiosità, dal bisogno di
seguire un ideale, di realizzare un sogno…
Fortemente
indicativo come proprio l’AMORE si presenti come uno strumento di conoscenza,
in esso si attua quella inusitata convergenza tra un pensiero raziocinante e l’ emanazione misteriosa di un corpo
d’amore. Per sviluppare questa sapienza che reinventa la vita, riscoprendola in
modo inedito – come quando si dismettono le proprie radicate abitudini –
occorre tuttavia rendersi straniero al consesso, ma soprattutto emanciparsi
dalle cose e dalle esperienze abituali. Ed è quello che accade ai nostri
protagonisti.
Casabuoni illumina come tale sapienza, abbracciando in
pieno l’incanto del racconto, fa scintillare in parole di luce, mettendo a
fuoco una coincidenza inaudita tra dimensioni diverse dell’essere: la parola,
il desiderio, la solidarietà, l’amicizia, l’Idea come luogo della verità e la
bellezza. Ci rivela le sue incredibili, modernissime caratteristiche
–quasi junghiane -, l’ essere appunto
l’anima “creatura anfibia, una sostanza che tocca e riunisce gli opposti,
creando quella relazione che è la trama stessa del mondo”. In modo apparentemente paradossale scopriamo
che tutto questo sembra essere il potenziamento di uno stato emozionale,
tuttavia accresciuto da un immenso valore filosofico. Straordinaria confluenza cui dovremmo più
spesso abbeverarci per sanare una dicotomia che è difficile abbandonare, quella
della differenza e della incompatibilità tra ragione e sentimento, realtà sogno
e fantasia. Un punto di vicinanza è possibile nel concetto del “discorso
vivente”, per cui la parola dovrebbe animarsi di quel calore del corporeo che
manca alla scrittura: “è solo nella vita che accade di essere”.
Linguaggio
ardente e fantastico al pari dei contenuti che esprime, il libro di
Casabuoni assume la funzione
antroposofica di un viatico verso la Vita, l’Assoluto, l’invito sotteso a farne
una sorta di condotta etica, un cammino di abbandono alla pienezza dell’essere
attraverso la sapienza e la felicità dell’amore.
Maria
Grazia Ferraris
Non avendo letto il libro di Casabuoni, non posso pronunciarmi su di esso, ma non posso non restare affascinato da questa riflessione della Ferraris intorno al mondo delle favole. "Le fiabe sono vere", dice Calvino, perché rappresentano "la sostanza unitaria del tutto, uomini bestie piante cose, l'infinita possibilità di metamorfosi di ciò che esiste". Come dire che molteplicità ed unità si co-appartengono, sono l'una nell'altra. Non c'è particolarità senza universalità; realtà e verità si intrecciano, non esistono l'una senza l'altra... Ed è una grande speranza. Casabuoni parla di anima, di quella sostanza, come lui stesso dice, che "tocca gli opposti, creando quella relazione che è la trama stessa del mondo". "Straordinaria confluenza, commenta Maria Grazia, cui dovremmo più spesso abbeverarci per sanare una dicotomia che è difficile abbandonare, quella della differenza e dell'incompatibilità tra ragione e sentimento, realtà sogno e fantasia". Condivido con tutto me stesso.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Ancora una volta splendida la tua pagina, Maria Grazia, che recensisce le audaci imprese di Zebrado, da stallone nel Serengeti a delfino nel testo di C.Casabuoni e ci insegna il senso reale della fabula, una vicenda i cui protagonisti possono essere persone, animali o cose, e il cui fine è di far comprendere in modo facile e piano una verità morale. Ma con le tue ben note, magistrali capacità esegetiche ci dimostri che in questo caso si va ben oltre l'intersezione tra reale e fantastico, in quanto si assiste a "unʼapertura della fantasia che diviene paradigma letterario ed auspicio sociale". Amica mia, dai l'esatto valore dell'Opera in esame e dimostri come non esista genere più difficile della fiaba. Mi ha affascinato il tuo riferimento a Calvino, e soprattutto a Sepùlveda,che con la sua "Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare" costruisce un mondo a misura dell'altruismo... Riesci a dare a noi lettori tutti i riferimenti necessari per entrare nell'universo degli scrittori o dei poeti che presenti e sai illuminare sulla reale valenza dei generi letterari. Ti ringrazio per l'empatia che riversi nel tuo dire. Rappresenta una rete, in cui cadere equivale a essere 'a casa'. Rivolgo i miei complimenti a quest'Autore visionario e ricco di spunti di riflessione e applaudo te con tutto il cuore. Auguri tardi e abbracci cari, amica bella!
RispondiEliminaIl piacere di leggere questa recensione è per me molteplice.
RispondiEliminaDa sempre amo ed apprezzo la perfezione dialettica della pagina critica di Maria G, Ferraris, il suo acume, la sensibilità con cui riesce a penetrare l'opera di un Autore, e questa volta mi sono incantata di fronte alla recensione di un libro che io ben conosco, come ben conosco chi lo ha scritto: il maddalenino Corrado Casabuoni, giovane uomo colto e brillante, scrittore recente ma già molto noto e apprezzato nell'ambiente.
La esegesi de :Il delfino del Serengeti, (Paolo Sorba Editore) che ne ha fatto la Ferraris tocca punti di eccezionale acutezza e interesse, ne esalta il valore culturale e la novità di una scrittura moderna, che unisce la leggerezza allo "esprit" personale e filosofico di una favola di notevole spessore fantastico.
La straordinaria scrittrice ha messo in evidenza tutto lo spirito di questo Autore che in un'opera di polisemica valenza ha dato anche una visione ricca di fascino di un ambiente unico nella sua naturale bellezza.
L'isola della Maddalena è anche per me un paradiso di vita, un angolo appartato al centro di un arcipelago di struggente bellezza.
Io stessa ne ho celebrato lo splendore in un recente libro di Racconti di particolare ispirazione poetica.
Ringrazio Maria Grazia Ferraris per questa pagina che a me suona anche ricca di culturale entusiasmo; mi congratulo inoltre con lo Scrittore per l'ottima riuscita dell'opera.
Edda Conte.
Ringrazio gli autorevoli commentatori che hanno sottolineato -da punti diversi- e proprio per questo validissimi, il fascino di questo romanzo-racconto di C. Casabuoni, che vale la pena di leggere. Certamente una favola colta, brillante ed incantevole che sarebbe piaciuta a Calvino!
RispondiEliminaCi aspettiamo i nuovi contributi!.
Ringrazio la Gentilissima Maria Grazia Ferraris per aver voluto onorarmi con la sua preziosa recensione della mia favola maddalenina. E' stato per me un regalo di inestimabile valore che mi costringerà a continuare a scrivere.
RispondiEliminaI richiami, nella recensione, a giganti della letteratura mondiale, mi fanno arrossire; benché forse troppo generosi, mi ripagano delle difficoltà affrontate durante l'anno trascorso dalla nascita del libro nella mia mente fino a quando ho potuto vederlo in libreria.
Maria Grazia Ferraris non ha solamente interpretato a meraviglia il mio libro, ma anche la mia anima curiosa e rivoluzionaria.
Ringrazio poi singolarmente per i loro dotti commenti:
Franco Campegiani
Maria Rizzi
Edda Conte, che è per me una vera mamma spirituale
Corrado Casabuoni