Carmen Moscariello, collaboratrice di Lèucade |
Poesie e prose
di Nazario Pardini
Prefazione di
Maria Rizzi
Guido Miano
Editore
Copertina:
Maremma di Sauro Pardini
Iam modo iam
possim contentus vivere parvo
nec semper longae deditus esse viae,
sed Canis aestivos ortus vitare sub umbra
arboris ad rivos praetereuntis aquae.
Che io possa finalmente vivere contento con poco, né essere sempre affaticato da lunghi viaggi, fare in modo di evitare l’arrivo della canicola estiva e godermi l’ombra di un albero, presso i ruscelli d’acqua corrente.
Tibullo
con il suo inno al sublime ci rende facile ciò che è quasi impossibile all’uomo
moderno e anche a quello
dell’antica Roma: essere
appagati con poco e godere l’abbraccio
della natura, abbandonarsi ai suoi canti e scivolare in sogni lontani.
Nazario Pardini partendo da questi versi
fin dal titolo dell’opera, sviluppa un filo conduttore che dovrebbe
condurci ad un percorso meno “sconnesso”,
insomma ci suggerisce di evitare
situazioni estreme, ansie e affaticamenti per poter godere di un’esistenza
serena, soddisfatta dal bello, dalla poesia, dalla natura. Fin dal titolo
(versi della prima elegia ) ci guida verso un nirvana struggente che scivola nella sua suadente
malinconia. Così Tibullo stringe in
due congiuntivi esortativa l’etica del suo filosofare. «
contingat » e « possim ».
Pardini, come si sa, è il
raffinato cultore degli autori classici, segue i canone della Poesia Armonica
dei Padri. Ci riferiamo anche al credo dei cristiani e dei musulmani e non
solo: «La pace sia con te». Quest’opera non va certo intesa
come un canto nostalgico di un’etica passata, ma traccia la strada per sé e per
il mondo di un modo di vivere
dell’uomo in pace con la propria coscienza e con l’universo. L’opera
è un concerto d’autunno una sinfonia placida e arguta sui nostri sistemi
discutibili di guardare alla vita. Quel congiuntivo posto come titolo
dell’opera (titolo difficile) è la consegna di un viatico di ciò che il Poeta
Nazario Paedini ha capito della vita, aiutato dai suoi studi immensi e dalla
sua sensibilità di Poeta. Così ci accarezza con un soffio d’amore, sia
nella parte in versi che in quella in prosa, ammonendoci con delicati versi: "ma «dove
correte, perchè vi affannate? la fame di potere e di soldi vi
annienterà» Il verbo utilizzato dal poeta (il titolo, dunque) e la stessa elegia di Tibullo vanno intese in
modo lievemente diverso dallo stesso cantore latino: Tibullo non è
tassativo tra una vita agreste e una vita di potere (in questo caso forse
militare, riferendosi a Messala), ci suggerisce
atarassicamente ciò che è meglio per lui, senza disprezzare l’altra
scelta, ogni uomo stabilisce di vivere la propria esistenza come più gli
aggrada. Nella scrittura di Nazario, con la levità e l’eleganza che gli è
consona, egli sceglie la strada della pace e dunque dell’amore.
Questo mi tocchi : sia giustamente ricco
colui
che riesce a sopportare le tempeste del
mare e le tristi piogge.
Vada in malora tutto l’oro e lo smeraldo
del mondo
piuttosto che una fanciulla pianga per i
nostri viaggi.
A te si addice, o Messalla, combattere per
terra e per mare
affinché il tuo palazzo esibisca le
spoglie nemiche.
Il dono più prezioso che riceviamo dalla lettura dei versi di Nazario è che essa è maestra di eleganza, c’è in lei una figura rara e non certo retorica, essa è il tenero amore per la cultura che forma le coscienze. In essa assistiamo al lento svolgersi di una triade: Pace, Amore, Cultura. Una grande lezione di civiltà che a volte anche qualche intellettuale dimentica. Quello che voglio dire è che la triade non è accademismo, nasce dalla specifica formazione di chi scrive. In queste pagine luminose e accattivanti si aprono le porte anche ad altre meravigliose svolte, vi troviamo una accensione pari a quella di Friedrich Holderlin, citerei a tal uopo i versi della gioia dell’ immenso Poeta tedesco, in essi c’è questa grazia nel saper cogliere tutta la luce del mondo classico, tutto ciò che può rendere felici i nostri passi sulla terra, in altri più duri e successivi c’è la consapevolezza drammatica che quell’età meravigliosa, quella del mondo classico e in particolare quella dell’età di Pericle sia ormai finita, consapevolezza che lo porterà alla follia e a chiudersi in una torre per non incontrare mai più il mondo moderno volgare e violento. Anch’egli cerca e per un attimo trova le divinità del Sole, della Terra, dell’Amore :
Nazario ci dice in modo certo, non può essere
altrimenti, che la pace, l’armonia
potrebbero, se solo lo volessimo essere a portata di mano anche per noi.
Cogli nell’animo
momenti essenziali,
costruisci una storia
senza inutili scorie,
pacato rivivi
decisivi tratti
unisci dolori, tormenti,
gioie superbe;
a fare una vita
e quel poco che resta
serve a pensare,
a respirare aria di mare
fra le voci indistinte
di un’ultima sera.(Vita)
A una Vita serena,
ci invita il Poeta, servono poche cose, soprattutto non servono orpelli, perché questo accada dobbiamo reimpossessarci della nostra purezza originale, certamente così saremmo tutti meni infelici e capaci di
cogliere l’essenza di essere creature di Dio
Carmen Moscariello
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