giovedì 17 febbraio 2022

CARMEN MOSCARIELLO LEGGE: "HOC MIHI CONTINGAT" DI NAZARIO PARDINI

 

Carmen Moscariello,
collaboratrice di Lèucade


Hoc mihi contingat

Poesie e prose di Nazario Pardini

Prefazione di Maria Rizzi

Guido Miano Editore

Copertina: Maremma di Sauro Pardini

 

Iam modo iam possim contentus vivere parvo 
nec semper longae deditus esse viae,
sed Canis aestivos ortus vitare sub umbra
arboris ad rivos praetereuntis aquae.

Che io possa finalmente vivere contento con poco, né  essere sempre affaticato da  lunghi viaggi, fare in modo di   evitare l’arrivo della canicola  estiva e godermi  l’ombra di un albero, presso i ruscelli d’acqua corrente.

Tibullo con il suo inno al sublime ci rende facile ciò che è quasi impossibile all’uomo moderno e anche a quello  dell’antica  Roma: essere appagati  con poco e godere l’abbraccio della natura, abbandonarsi ai suoi canti e scivolare  in sogni lontani.

 Nazario Pardini partendo da questi  versi  fin dal titolo dell’opera, sviluppa un filo conduttore che dovrebbe condurci  ad un percorso  meno “sconnesso”, insomma  ci suggerisce di evitare situazioni estreme, ansie e affaticamenti per poter godere di un’esistenza serena, soddisfatta dal bello, dalla poesia, dalla natura. Fin dal titolo (versi della prima elegia ) ci guida verso un nirvana  struggente che scivola nella sua suadente malinconia. Così Tibullo  stringe in due  congiuntivi  esortativa l’etica del suo filosofare.   «  contingat » e « possim ».

Pardini, come si sa, è il raffinato cultore degli autori classici, segue i canone della Poesia Armonica dei Padri. Ci riferiamo anche al credo dei cristiani e dei musulmani e non solo: «La pace sia con te». Quest’opera non va certo intesa come un canto nostalgico di un’etica passata, ma traccia la strada per sé e per il mondo di un modo di vivere  dell’uomo in pace con la propria coscienza e con l’universo. L’opera è un concerto d’autunno una sinfonia placida e arguta sui nostri sistemi discutibili di guardare alla vita. Quel congiuntivo posto come titolo dell’opera (titolo difficile) è la consegna di un viatico di ciò che il Poeta Nazario Paedini ha capito della vita, aiutato dai suoi studi immensi e dalla sua sensibilità di Poeta. Così ci accarezza con un soffio d’amore,   sia nella parte in versi che in quella in prosa, ammonendoci  con delicati versi: "ma «dove correte, perchè vi affannate? la fame di potere e di soldi vi annienterà» Il verbo utilizzato dal poeta (il titolo, dunque)  e la stessa elegia di Tibullo vanno intese in modo lievemente diverso dallo stesso cantore latino: Tibullo non è tassativo tra una vita agreste e una vita di potere (in questo caso forse militare, riferendosi a Messala), ci suggerisce  atarassicamente ciò che è meglio per lui, senza disprezzare l’altra scelta, ogni uomo stabilisce di vivere la propria esistenza come più gli aggrada. Nella scrittura di Nazario, con la levità e l’eleganza che gli è consona, egli sceglie la strada della pace e dunque dell’amore.

Ritornando alla  voce suadente, musicale di Tibullo, non possiamo che sottolinearne anche l’alto profilo filosofico e sociologico :
O quantum est auri pereat potiusque smaragi,
quam fleat ob nostras ulla puella vias.
Te bellare decet terra, Messalla, marique,
ut domus hostiles praeferat exuvias;

Questo mi tocchi : sia giustamente ricco colui

che riesce a sopportare le tempeste del mare e le tristi piogge.

Vada in malora tutto l’oro e lo smeraldo del mondo

piuttosto che una fanciulla pianga per i nostri viaggi.

A te si addice, o Messalla, combattere per terra e per mare

affinché il tuo palazzo esibisca le spoglie nemiche.

Il dono più prezioso che riceviamo dalla lettura dei versi di Nazario è che essa è maestra di eleganza, c’è in lei una figura rara e non certo retorica, essa è   il tenero amore per la cultura che forma le coscienze. In essa assistiamo al lento svolgersi di una triade: Pace, Amore, Cultura. Una grande lezione di civiltà che a volte anche qualche intellettuale dimentica. Quello che voglio dire è che la triade  non è accademismo, nasce dalla specifica formazione di chi scrive. In queste pagine luminose e accattivanti si aprono  le porte anche ad altre meravigliose svolte, vi  troviamo  una accensione pari a quella di Friedrich  Holderlin, citerei a tal uopo  i versi della gioia dell’ immenso Poeta tedesco, in essi c’è questa grazia  nel saper cogliere tutta la luce del mondo classico, tutto ciò che può rendere felici i nostri passi sulla terra, in altri più duri  e successivi  c’è la consapevolezza drammatica che quell’età meravigliosa, quella del mondo classico e in particolare quella dell’età di Pericle sia ormai finita, consapevolezza che lo porterà alla follia e a chiudersi in una torre per non incontrare mai più il mondo moderno volgare e violento. Anch’egli cerca e per un attimo trova le divinità del  Sole, della  Terra, dell’Amore :

Dove sei ? Ebbra l'anima mi s'invèspera
di tutta la tua delizia. Perché, ora, questo
ho veduto, come stanco del suo
corso, l'estasiato giovinetto dio

Le giovani ciocche bagnava nel nuvolato d'oro:
e anche adesso l'occhio dietro di lui si affissa.
ma lontano a devoti popoli
che ancora l'onorano se n'è andato.

Ti amo, Terra! Tu pure con me sei triste:
e la tristezza nostra si muta come dolore
di fanciulli in sopore: e come i venti
aliano e sussurrano nella cetra

Finchè le dita dell'aedo un suono più dolce
ne traggano, così nuvole e sogni intorno
a noi vibrano finchè torni l'amato
e vita e spirito in noi accenda. (Il Dio Sole)

 Nazario ci dice in modo certo, non può essere altrimenti,  che la pace, l’armonia potrebbero, se solo lo volessimo essere a portata di mano anche per noi.

Cogli nell’animo

momenti essenziali,

costruisci una storia

senza inutili scorie,

pacato rivivi

decisivi tratti

unisci dolori, tormenti,

gioie superbe;

a fare una vita

e quel poco che resta

serve a pensare,

a respirare aria di mare

fra le voci indistinte

di un’ultima sera.(Vita)

A una  Vita serena, ci invita il Poeta, servono poche cose, soprattutto non servono orpelli,  perché questo accada  dobbiamo reimpossessarci  della nostra purezza originale, certamente  così saremmo tutti meni infelici e capaci di cogliere l’essenza di essere creature di Dio  

Carmen Moscariello

 

 

 

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