lunedì 7 febbraio 2022

ANNA VINCITORIO: "MA E' PUR SEMPRE VITA"

 

MA È PUR SEMPRE VITA

 

Anna Vincitorio,
collaboratrice di Lèucade

Lo sguardo rivolto a quella porta finestra. Serrande semiabbassate sulla terrazza disadorna. Panni di più colori ripiegati nel bianco lavello. I fili del condizionatore arrotolati verso l’alto. Il tutto sprigionava un alone d’incompiuto. Avrebbe dovuto esserci più di una presenza. La casa completamente ristrutturata; gli smalti alle finestre di un bianco accecante. Il ricordo dei precedenti abitanti si slabbravano lentamente. Il dolore di passate presenze era ormai lontano. L’appartamento rinnovato avrebbe dovuto accogliere una coppia.

       Poi il cognome era scomparso dalla cassetta della posta.

       Un andirivieni per alcuni mesi. Una mattina sento suonare al mio campanello. Una donna dalla pelle ambrata mi chiede alcune notizie sul condominio. Poi, mi dice che verrà ad abitarci col fidanzato.

       Pochi mobili. Non un vero trasloco. Nella casa talvolta un leggero rumore di passi. Serrande alzate nel primo pomeriggio. Non ci sono tende. Soprattutto mancanza di odori, di suoni. Appaiono dei panni tesi quasi furtivamente. La casa sembra animata da silenziose presenze. Mai un suono della TV o musica. Nessun rumore. Sono incuriosita e turbata a un tempo. Da qualche giorno sul terrazzo compare un uomo sulla trentina; alto, magro, con pochi capelli e corti baffi. Sempre col telefono all’orecchio; soprattutto pare che ascolti. Non odo la sua voce. Un giorno lo saluto augurandogli buon soggiorno. Un mezzo sorriso cortese ma distratto: “Ancora non è tutto a posto”. Rientra. È ora di pranzo. Non si diffonde nessun aroma. È sicuramente solo. Immagino un pasto frugale su una tavola sguarnita. Forse è in attesa. Ma di chi? O di cosa? Sembrerebbe la trama di un film che non decolla per l’assenza dei protagonisti. A volte, furtiva, guardo l’uomo sulla terrazza dalle mie tende azzurre.

       Ha un’aria perplessa; né triste, né rassegnata. Solo assente. Quando cala il giorno vedo abbassarsi la serranda. Aleggia un vacuo silenzio. Dove sarà quella donna che aveva suonato al mio campanello? Due cognomi sulla targa. Uno forse arabo. Un’assenza voluta o imposta dalle circostanze? Un lavoro lontano in un paese in conflitto? La donna forse ha iniziato una nuova vita con un altro ma non c’è stato ancora un definitivo addio che spiegherebbe la solitudine muta dell’uomo con all’orecchio il cellulare. Al pianterreno vive un altro uomo solo.

       Nero, gentile. Lui però quando parla a telefono, urla in una incomprensibile lingua. Ho in me un senso di desolazione. Sembra che una ignota tristezza si insinui tra le finestre del palazzo. È come se eventi tristi appartenenti al passato, volessero permanere in quella casa dove gli occhi rimandano parole che nessuno ode.

       Dove il letto è occupato da una sola parte e spesso, al mattino, scorgo un cuscino un po’ ammaccato appoggiato sul piano della terrazza deserta. Avevo sperato in vicini giovani e gioiosi che avrebbero fugato i ricordi di due vite spente in quella casa, poi, divenuta vuota. Spalanco i vetri. C’è un bel sole e guardo il cielo sopra di me. Una fila di terrazzi. In alto, grida di bambini. Un cane uggiola contento e corre per le scale scodinzolando. Nella strada di fronte alla casa, una scuola. Al mattino, voci. Corse verso il cancello mentre un tepore giovane aleggia nel vento. È parvenza di vita. Per loro, almeno, ci sarà un futuro gioioso?

       L’uomo è nuovamente sul terrazzo. Stende maglioni e panni con fare ordinato. Mi rivolge un breve sorriso e un buonasera. Vorrei chiedergli: “Perché è così solo?” Ma non posso; sarebbe violazione della privacy.

       Ogni sera ognuno di noi abbassa le serrande. In ogni casa al calare dell’ombra prendono corpo i ricordi e forse anche risate mescolate a qualche lacrima.

       Ma è pur sempre, vita!

 

 

 

   Firenze, 18 gennaio 2022

   Anna Vincitorio

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