VERSO LA FOCE
Andiamo lenti, Delia, il cielo
è caldo,
lungo è il cammino e ancóra in
lontananza
la brezza della foce. Guarda
al lato:
le chiome dei pinastri fanno
attorno
ombre rotonde olezzanti ragia
mista al respiro fresco di
marina.
È l’ora di nascondere le
membra
fra i rami del corbezzolo e il
ginepro,
è l’ora di dar quiete ai
desideri
che dentro noi si affacciano
con impeto.
Riprenderemo il corso verso il
mare
quando la sera si farà
presente
e il maestrale liscerà la
rena.
Sugli aghi dei pinastri ormai
ingialliti
riposeranno il cuore e la
passione.
Guardati attorno! Lì vicino si
ergono
le corna biforcute dello
snello
daino maschio. Le sfrega alla
corteccia,
e avanti ancora il muso del
cinghiale
che a terra raspa in cerca di
radici.
Andiamo, guarda, ora, si fa
rosso,
l’orizzonte ci chiama;
camminiamo
sul sentiero renoso;
riprendiamo;
ci fanno strada i cisti; là le
dune,
le ginestre sfiorite che si
accordano
ai suoni della bàttima. Ci
arriva
l’odore di salmastro dalla
foce
oramai sonnolenta. È lì che il
Serchio
mischia i suoi panni ai
gorghi.
Guardo il tuo volto riflesso
nel blu,
ed io mi tuffo proprio dove il
cielo
fa a gara con i fremiti del
mare.
Siamo arrivati, Delia,
respiriamo
l’aria selvaggia che attorno
ci liscia;
respiriamo la sera, e il suo
mantello
che la notte rapisce e tutto
miete,
meno la tua bellezza che più
viva
si mischia agli incantesimi
silvani
e sarà mia.
La spiaggia è solitaria. Ci
accompagna
un alito leggero che dal colmo
scende su noi vogliosi di carezze.
Si perde ad occidente e
incrina il cielo
uno stormo di ali ed
accompagna
il nostro amplesso il ritmo di
marina.
Torna Delia Vate carissimo, la donna nella quale ognuna vorrebbe identificarsi e nella lirica in oggetto si fonde con la tua anima e con il paesaggio. "È l’ora di nascondere le membra /fra i rami del corbezzolo e il ginepro,/è l’ora di dar quiete ai desideri/che dentro noi si affacciano con impeto." Quanta modernità, quanta impulsiva naturalezza in questo eros che non sa trattenersi, e sceglie gli elementi poetici della natura per dare quiete ai sensi. Nella cultura greca antica l'eros era ciò che faceva muovere verso qualcosa, un principio divino che spingeva verso la bellezza ed è in quest'accezione che vivo il sentimento espresso da te, mio Maestro, che in un cantico che è crescendo pucciniano, infili come perle endecasillabi di velluto e ci trascini in un'atmosfera tibulliana... la tua prediletta. E l'onda dei passi vi conduce alla foce del Serchio, forse dentro l'incredibile bosco della Macchia della Bufalina, dove avviene ancora e sempre il tuo incontro con il mare che incanta, commuove, spaventa, alle volte, sparisce, ogni tanto si traveste da lago, costruisce tempeste, divora navi, regala ricchezze, non dà risposte, è saggio, è dolce, è potente, è imprevedibile. Ma soprattutto chiama. Eh sì, il nostro mare ha una voce irresistibile Nazario mio. Non potremmo esistere senza. Il tuo amore per Delia non vivrebbe dello stesso pathos, dello stesso incanto se non fosse cullato dalle ginestre, dai corbezzoli, e dal canto dell'azzurra distesa che è 'specchio dell'anima'. D'altronde gli elementi non sono divisibili: non c'è mare che la terra non abbracci e non c'è terra che il mare non lambisca. La chiusa tutta in levare canta una passione al ritmo della distesa marina che vi entra dentro, pulsa all'unisono con il vostro amore: "Si perde ad occidente e incrina il cielo /uno stormo di ali ed accompagna /il nostro amplesso il ritmo di marina." Un capolavoro, Maestro mio, un'Opera che ci guida lungo i meravigliosi misteri dell'infinito vivente. E io sogno di essere Delia... Ti ringrazio di quest'ennesimo Dono, mio Condottiero e ti prego di non lesinare le tue perle. Il greto delle vite è spesso arido. Ti abbraccio forte.
RispondiEliminaUn accattivante componimento poetico che ricorda la famosa splendida lirica dannunziana: La pioggia nel pineto. Entrambe dedicate alla propria donna. Complimenti Nazario. Un caro saluto a tutti i lettori dell'isola. Rita Fulvia Fazio
RispondiEliminaEcco Delia, la domina che accende l'animo dei poeti, da sempre. A lei dedicano versi anche Tibullo e Manzoni, sebbene con diverse intenzioni rispetto al Nostro Pardini. In questa lirica, mi pare di comprendere, il poeta/amante ha già superato le fasi elegiache del corteggiamento ed è ben lontano dalla separazione. Delia, novella e antica Beatrice, rinnova il sentimento amoroso nella quiete di un paesaggio famigliare che, nella sera prospiciente, accentua i toni intimi e certi del connubio. Tutto è ancora in volo.
RispondiEliminaBellissima Lirica. Fa venire in mente un Aedo che col suo canto accompagna l' amata tra le anse del fiume, fino a raggiungere il mare. Il tutto sa di purezza, ma non di quella primordiale, bensì di una purezza raggiunta attraverso il distacco dal mondo. Questa eliminazione avviene attraverso la visione poetica , attraverso la capacità di vedere oltre, di sentire, attraverso le bellezze della Natura, il fluire della vita nella sua purezza, refrattaria a qualsiasi inquinamento che viene dall' esterno. Alla stregua della famosa poesia dannunziana,le descrizioni metaforiche del paesaggio floreale e vegetativo, fanno venire in mente la magia dell' Amore vissuto in maniera pura e incondizionata. Complimenti!
RispondiEliminaBellissima lirica,la natura partecipa alla magia dell'incontro. Complimenti di cuore
RispondiEliminaIl poeta è sempre un visionario, ma pochi come Nazario Pardini lo sono in modo da riuscire a mantenere fino in fondo il legame con la terra e nello stesso tempo toccare le corde della trascendenza. "Trascendenza immanente" la chiamerebbe sicuramente il filosofo karl Jaspers, perchè mentre parla di cose e corpi allude all'oltre. In questi versi di grande musicalità si legge del viaggio del poeta con la donna amata (o con la propria anima, che è lo stesso)lungo il fiume della vita sospesa, una vita fatta di sensazioni e di gesti amorosi che niente e nessuno può disturbare. Un semplice e meraviglioso viaggio nelle emozioni che passano delicatamente tra i sensi e il cuore fino a toccare la mente. Ma a differenza de "La pioggia nel pineto" di D'Annunzio, il percorso non è illusorio, l'amore è una favola vera, l'approdo è il mare, ovvero la totalità piena di un sentimento salvifico, dove la natura e lo spirito umano finalmente si ritrovano in un amplesso al "ritmo di marina"...e cosa volere di più se non che il sogno e la realtà finalmente coincidano? Ancora infiniti auguri, caro Nazario, e grazie di questa bellissima emozione. Giusy Frisina
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