Maria Rizzi su “Terzo tempo”
Di Eugenio Rebecchi - Blu Di Prussia Edizioni-
Il
caro Eugenio Rebecchi mi ha ritenuta meritevole del dono della sua Silloge
“Terzo Tempo”, edita dalla sua casa editrice Blu di Prussia di Monte Castello
di Vibio (Pg) -, dove il Poeta vive e lavora. L’opera si rivela affascinante
sin dalla prefazione del prezioso Antonio Spagnuolo, della quale cito la chiusa
“Il flusso della soggettività è dirompente, adagiato ad un monologo
ininterrotto, una colata di lava ribollente che compare dal cratere
incandescente del verso, sempre composito e rigoroso”. L’Autore è specchio
fedele di questa definizione. Porta in sé la sete eruttiva dei vulcani, incarna
le immagini delle passioni umane sulfuree e feconde. L’uomo e il Poeta nel caso
del Nostro combaciano. Il magma di passioni lo si riscontra anche in Eugenio,
che dedica il suo canto ‘Alla vita rincorsa, mordicchiata, graffiata’. I versi
hanno carattere intimista, mai intimo, e trasmettono un fascino primitivo, che
travolge: “Vivremo consapevoli che proseguirete / a cavalcare i giorni ad uno
ad uno / orgogliose d’un padre ed una madre / attaccati, per quanto possibile,
alla vita” - tratti da “Media Valle del Tevere”- Le prime liriche sono dedicate
ai luoghi della nostra penisola nei quali il Poeta ha trascorso periodi più o
meno lunghi, ma come scrigni, celano preziose testimonianze di storie
personali, di empatia con gli affetti, con madre - natura. Eugenio Rebecchi
elogia il creato con i termini del Santo francescano di Assisi, Una lode composta
con la semplicità che meritano i miracoli della natura, con la fede, ma anche
con una forma aderente al contenuto. “Grazie a fratello sole e sorella luna
/per l’accoglienza garbata eppur festosa. /Ripartirò da qui, da questo
plenilunio / che è luce gentile per dar senso alla notte”. Ho trovato la lirica “L’estate finiva prima”
con la chiusa in levare, di una purezza che fa bene e male al cuore. Mi sono
sentita presa per mano e condotta attraverso i luoghi, le stagioni, gli umori
del paesaggio con dolcezza soave e con occhi da fanciulla, che spesso dimentico
di avere. “Vivo la condizione d’un naufrago felice / di poter abbracciare le
zolle d’una terra / unica promessa al suo peregrinare”. Non possiamo temere
alcun naufragio … vi è Dio al timone del nostro scafo. E nell’apertura d’ali
del Poeta vi è un chiaro riferimento all’Infinito, il sonetto più amato della
nostra Letteratura, al suo ultimo verso: ‘e il
naufragar m’è dolce in questo mare’. Lontano dalle avanguardie, dagli
sperimentalismi, come giustamente sottolinea Spagnuolo nella prefazione,
Rebecchi si concede isole di originalità, dividendo, per esempio, la lirica
“Flavia” in spazi, che definiscono l’essenza dell’amore che lo unisce alla sua
‘perfetta sintesi di grazia e sentimento’. E vien da pensare che il tempo e lo
spazio rappresentano frammenti d’infinito per l’uso di creature finite. Nel suo canto che attinge al vero il Poeta
lascia a noi lettori il raro privilegio di esser parte pulsante della sua lotta
al male. Ammetto di essere rimasta stupita. A voce non si era mai espresso. Il
testo in quest’occasione potrebbe deviare verso il diario, ma il grande Poeta
introduce un periodo privato per renderlo universale e per trasmettere la
propria forza, per cui se dovessi rifarmi al termine usato poc’anzi dovrei
parlare di diario della gratitudine. Eugenio Rebecchi ci insegna che tenendo il
viso rivolto verso il sole le ombre cadranno dietro di noi. “Ora tace
nell’ombra il male / e non si manifesta. / Ha inizio la sfida: / sarà lotta
fino all’ultimo sangue / fin quando potrò dire: ho vinto io!” - tratti da
“Adenocarcinoma”-. Il Poeta pensa in positivo, sempre. Nello scorrere le sue
liriche ricordiamo che l’esistenza non arriva con le istruzioni su come
viverla, ci è data in dono con gli alberi, i tramonti, i sorrisi. Ogni giorno è
un presente da assaporare, da ‘mordicchiare’, perché in esso si celano piccole
felicità insignificanti, simili a minuscoli fiori. Questi granelli di gioia
appena percepibili sono la grazia che l’anima respira.
Maria
Rizzi
Questa esegesi di Maria Rizzi è scritta, prima ancora che con la penna, con la mano dell'anima. Sono questi i lavori che il poeta ama ricevere, ed Eugenio, che poeta lo è nella vita, sarà stato felicissimo di leggersi attraverso una disamina limpida e cristallina come acqua di sorgente, con intuizioni non comuni e accostamenti inediti che soltanto la creatività può e sa vedere.
RispondiEliminaComplimenti ad entrambi, con stima sincera e profonda
Sandro Angelucci
Sandro caro, mi commuovi. Sei un immenso Poeta e un critica di valore e sei un uomo vero. So che ogni tua parola è scritta a cuore nudo. Eugenio è nella vita e nella Poesia un uomo tellurico e scoprirlo a fondo è stato un onore. Vi ringrazio entrambi e vi stringo al cuore!
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