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mercoledì 17 maggio 2023

Angela Ambrosini : " L’INCANTO DELLA MEMORIA NEI TESTI DI GIOVANNI SCRIBANO E DI ANTONIO MACHADO" e " IL TEMA DELLA NATURA MEDICATRIX IN GIOVANNI SCRIBANO E ARNO HOLZ "

 



·        ANGELA AMBROSINI

 ·        L’INCANTO DELLA MEMORIA NEI

·        TESTI DI GIOVANNI SCRIBANO

·        E DI ANTONIO MACHADO

 

 

·        Poesia innervata di impressionismo, quella di Giovanni Scribano, dalle soffici pennellate di luci e colori “in dissolvenze di sole”, a delineare un linguaggio trattenuto, scevro di compiaciuti toni dolenti, in un incedere assorto nel difficile equilibrio di una poetica che si fa ora strumento di intimismo lirico, ora veicolo comunicativo di quieti eventi quotidiani, rinunciando, pur nel nitore ritmico del verso, a sterili tentazioni di calligrafismi verbali. Di grande impatto, nel nostro poeta, la concretezza oggettiva di un paesaggio che, tra vivide chiazze di colori, acquista a poco a poco forti connotazioni soggettive sia nella tematica memoriale che in quella specificamente affettiva: “E ricordo brulli spazi/e rosse lune e innumerevoli sere / trascorse a osservare i canali / in lontananza / mentre lei, mia madre/nelle notti profumate di tiglio/sedeva sulla soglia/…/La luna frattanto giocava/coi tetti”. (Al riaffiorar dei ricordi, da Poesie scelte, in “Angeli e Poeti”, n°11, 2006). Questo vibrante sentimento del paesaggio, evocato finanche nel recupero di memorie e volti perduti, riecheggia certi tratti della produzione lirica del grande poeta Antonio Machado, celebre cantore di terre spagnole a incorniciare affetti e afflati: “Sì, ti ricordo, sera allegra e chiara, / quasi di primavera / sera senza fiori, quando mi portavi / il profumo buono di mentuccia / e di buon basilico / che cresceva mia madre nei suoi vasi” (da Solitudini, VII).

·        Il filtro del ricordo penetra nel Canto d’amore (da Le stagioni del tempo, 2005) di Scribano, nella serenità di una passeggiata con la sua donna: “Liberi, mano nella mano, / camminiamo insieme. / Che ne sarà di questo cielo/ di questa luna,/ dei malinconici anni passati?/ che ne sarà dei passi sofferti/ e degli inquieti pensieri?” Parimenti, la memoria affettiva di Machado rievoca le passeggiate con la sua amata Leonor, troppo presto perduta per sempre: “Sentii la tua mano nella mia/ la tua mano di compagna /…/ Vivi, speranza, chi mai sa/ quel che si ingoierà la terra!” (da Campi di Castiglia, CXXII).

·        La parola-immagine, pregnante strumento che scandaglia il passato attualizzandolo nel presente, genera una dimensione di vivida sensualità che Scribano dipana nei bellissimi versi di La donna lunare (da Sogno di un mattino, 2013): “Rivedo i tuoi giorni corvini/ di pelle-scorza, / donna lunare seduta sul pozzo/…/ Come ruota di fuoco/ rosseggi sopra l’arido fiume”.

·        E così Machado dipinge la seduzione femminile nel suo Inventario galante (da Solitudini): “I tuoi occhi mi ricordano / le notti d’estate / E la tua scura carne/ il grano tostato / e il sospirar del fuoco / dei maturi campi”. Altrove, il serbatoio della memoria attinge a momenti aurorali, quasi atemporali nella loro dimensione astorica dove l’infanzia è già giovinezza subito dopo perduta in un arazzo ingiallito dalla vita. E predomina il ricordo, persistente traccia del tempo che al tempo sopravvive nell’insistita anafora verbale. Così scrive Scribano in un incedere dai toni quasi fin de siecle: “Ricordo, / attendeva inverni di mute parole/ dietro vetri appannati / dietro meste cortine. /…/ Ricordo / nell'afa estiva miraggi e illusioni, / indicibili paesaggi”. (Ricordo, da Emozioni in “Angeli e Poeti”, n° 9, 2005).

·        E come non rievocare i celebri versi machadiani della lirica Ricordo infantile? “Una sera scura e fredda / d’inverno/…/ Monotonia / di pioggia dietro i vetri”. E ancora: “Ti ricorda, fratello, / un sogno lontano il mio canto presente? / Fu una sera lenta della lenta estate/…/ Ricordi, fratello? (da Solitudini). È il paesaggio interiore, soggettivo, del passato, che apre una breccia in quello esteriore, oggettivo, del presente. La confluenza delle due dimensioni si attua attraverso la poesia.

·        Nella bella lirica Lo sguardo dei giorni (da Cuore segreto, 2011) Scribano riflette sul senso del passato, cioè della vita, attraverso una sottile ambiguità di ordine grammaticale insita nel titolo stesso, dove impercettibilmente quello che dovrebbe essere lo sguardo “sui” giorni, si trasforma nello sguardo con cui i giorni stessi, personificati, sembrano guardare noi con “occhi tristi” in una specularità incessante. Stesso procedimento investe i versi finali, nei quali impalpabilmente torna l’espediente retorico della prosopopea “nel curvarsi / del giorno / fra alba e tramonto” nel nostro “vivere ignari”. Un paesaggio umanizzato, in grado di soffrire ed evocare in sintonia con l’animo del poeta, non un paesaggio imbrigliato in una concezione sterilmente estetizzante. “Sera tranquilla, quasi / con placidità d’animo”: chiosa a sua volta il poeta spagnolo (Solitudini) a sostegno di una visione intimista del paesaggio intriso di memorie. L’uomo, prosegue Scribano, è legato al suo passato da “corde che ci legano” così come da “nodi che si sciolgonoe questo passato è “materia in tensione” percorsa da “attimi e parole”. Parole per poter ricordare, per poter eternare l’attimo nel sempre.

·        Proiettare l’elemento sensoriale verso una prospettiva depurata dalla tenace morsa del presente si configura come suprema finalità poetica in Scribano. “La porta del tempo è scomparsa”, afferma il poeta nella consapevolezza che solo la parola leviga il passato dalle sue scorie, e che, come la machadiana “parola essenziale nel tempo”, possa ricondurre la memoria nella dimensione di un incanto perenne.

 

·        N.B.: La traduzione italiana dei versi di Antonio Machado è di Angela Ambrosini

·        IL TEMA DELLA NATURA MEDICATRIX

·        IN GIOVANNI SCRIBANO E ARNO HOLZ

 

 

·        Una delle costanti dell’ispirazione di Giovanni Scribano, la natura, innerva con piglio antiaccademico e antidecorativo lo snodarsi di versi e pensiero su campiture e atmosfere di forte impatto visivo. In una figurazione oggettiva di suggestiva veridicità e trasparenza, s’affollano vedute paesaggistiche come dal finestrino di un treno: “Guardo le querce, possenti giganti / ergersi al sole e sopra un cielo propizio”  (Natura Medicatrix, da Frammenti d’infinito, 2002); “Scorgo aprirsi a oriente / uno squarcio di nubi / e dilatarsi la riva” (Levità, da Il viaggio per mare, 2003), compimento perfetto di una ”grande, divina natura”. L’occhio del poeta indaga e scruta nelle pieghe del creato. “All’occhio, di paragone /sensibile pietra/ la forma s’eterna / in campi sconfinati, / in alberi a mosaico, / in scarlatte nuvole / nel plumbeo mattino” (Incanto, da Le stagioni del tempo, 2005). La forte empatia con l’universo irrobustisce e sana l’animo stanco: “Ma già un nuovo riposo / la mente ristora / sotto i freddi raggi / del tramonto” (idem). È la “Natura Medicatrix” che, allontanando smarrimenti e angosce, conferisce stabilità e ancoraggio sicuro al poeta, immerso in una quotidianità di dettagli minimi e antieroici “A sera, m’attendono a cena gli amici”.

·        Il tenace rapporto con la natura ha alimentato la produzione lirica di un poeta tedesco di fine secolo, Arno Holz che nella sua devozione oggettiva della realtà, esaltata da approfonditi studi su Zola, arrivò a formulare un’equazione arte-natura che a poco a poco si estese a una vasta, onnivora catalogazione del creato. Il senso di totalizzante appartenenza al mondo circostante si estrinseca in alcuni tra i versi più felici di Holz: “Davanti alla mia finestra / canta un uccello. / Ascolto in silenzio; il mio cuore si strugge. / Canta, /quel che da bambino…possedevo tutto intero/ e poi…dimenticato” (Phantasus, trad. di Roberto Venuti, da Parnaso Europeo, 2, a cura di Carlo Muscetta, Lucarini, 1990). Simile afflato universalizzante pare esprimere Scribano nei versi “Esplode inesauribile un canto / e disperde il mio nulla. / E nella luce / chiaro / un segreto ritrovo”. (Al balcone, da L’incontro, 2003).

·        E se Arno Holz in un inconsueto invito si volge al ricordo di antiche mitologie, parimenti Scribano sussurra “Nudo nell’acqua / un Tritone / trafigge le nuvole / con rapida freccia / Nel dormiveglia / l’orizzonte è più puro. / Scorgo aprirsi ad oriente / uno squarcio di nubi / e dilatarsi la riva. / Mi sento leggero” (Levità).

·        Altrove, nel poeta italiano, una più marcata asciuttezza descrittiva delimita a tratti un confine labile con l’andamento della prosa, nella rinuncia deliberata di musicalità e lirismo: “Il vecchio contadino / è pronto a varcare / per l’ultima volta / la soglia dell’antica mezzadria./ Ma prima si sdraia/ sul prato e racconta / del cielo, di Selene/ e dei suoi quarti, dei / cavalli, dei cani, / delle braccia da campo, / delle falci, del sole / del vino alla sera, /dell’odore del fieno” (E il contadino racconta, da Oltre il presente, 2015): laddove l’enjambement della preposizione articolata dei sottolinea la discorsività dello stile nominale, piuttosto che indulgere al richiamo del lirismo. In altro contesto, ma con simile piglio di oggettivismo che nel poeta tedesco si traduce in un programmatico, articolato rifiuto della musicalità lirica tradizionalmente intesa, Holz dipinge (anch’egli in tempo verbale presente per sottolineare l’immediatezza dell’hic et nunc), una giornata allo zoo: “Al giardino zoologico, su una panchina, / piacevolmente, / le gambe accavallate, appoggiato alla spalliera comodo e incurante / siedo / e fumo e / mi rallegro del bel sole del mattino!” (trad. di Roberto Venuti, in Parnaso Europeo, op cit.). Una panica, taumaturgica immersione non solo nella natura, ma in tutta la realtà circostante anche quando costruita dall’uomo. La pienezza dei sensi racchiusa persino in quel verbo, fumo, incastonato tra le due congiunzioni, in tedesco molto più felicemente ingombranti, und. Uguale appagamento della quotidianità prosaica e del piacere del fumo esprime Scribano  nella figura del contadino a passeggio tra i suoi versi: “e il contadino sulla soglia di casa / si toglie gli stivali/ e carica la pipa”(La campagna in autunno, da Oltre il presente). E nel suo viscerale connubio con la natura salvifica, in un distico sillabato come un prezioso aforisma, il nostro poeta conclude il suo messaggio di speranza “In un mare calmo/ ogni uomo è un pilota”.

 

 

·        (Entrambi i contributi sono presenti in: Giovanni Scribano, Incanto e incisività, Collana “Analisi Poetica Sovranazionale del terzo millennio”, Guido Miano Editore, 2015, pp. 23-26 e pp. 53-55).

 

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·        Di alcune poesie dello stesso autore è pubblicata la traduzione spagnola di Angela Ambrosini in: Giovanni Scribano, Dall’imperfetto all’eterno, Collana “Poeti Italiani Scelti di Livello Europeo”, Guido Miano Editore, 2016, unitamente agli stessi testi tradotti in tedesco da Maria Antonietta Rotter.

 

 

 

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