Rocco E’ il Maestro dei costruttori
di Pazienza.
A Cento anni dalla nascita di Rocco
Scotellaro
Poeta, politico, sindacalista,
sociologo.
Nota critica
Di Carmen Moscariello
Molti di noi
scrittori meridionali, che ci siamo occupati a vario titolo
dell’opera e della vita di Rocco
Scotellaro, lo consideriamo un fratello
di sangue: le sue traversie sono le nostre; la sua ansia di riscatto ci
appartiene, in questo possiamo dire che siamo fratelli siamesi. Come il
Fanciullo-Poeta amiamo il prossimo con tutta l’umiltà, ci è estranea
l’arroganza, anzi stiamo sempre un passo in dietro rispetto agli altri, anche
quando avremmo il sacrosanto diritto di stare avanti a molti. Ci muoviamo così:
siamo instancabili , abituati ai sacrifici e al lavoro onesto. Svegliarci
all’alba con il canto del gallo, con le
vecchie nenie che ci cantano dentro, che
sono gocce del nostro sangue, del nostro passato e del nostro avvenire.
“In me non c’è che futuro”
Così fu per
Rocco, ragazzo dai capelli rossi e con molte lentiggini, fu generoso con tutti;
cercò eternamente il cielo, lo trovò nel
suo cuore dove fin da fanciullo si era installato il seme dell’immortalità.
Ebbe in
cambio molta irriconoscenza e fiere terribili, amare tensioni!
Fu punito
poiché era il più grande.
A noi ha
insegnato la cultura de “L’ Uva puttanella” , il dialetto dei suoi contadini,
i loro
pensieri, il loro ragionare sulla vita (perché loro pensano e spiegano i motivi
della loro povertà economica!).
E’ il nostro
Padre Saraceno;
è la nuvola più bianca di Tricarico;
è il seme buono che dà molti frutti ;
è l’occhio
dei contadini che scrive il futuro;
è il cardo
che sprona a vivere.
Figlio della
miseria
Tempio della
Storia
E’ il
Maestro dei costruttori di sapienza
La sua
Poesia fu ed è dolcezza e amore.
I suoi versi
ancora oggi, anzi più che mai oggi, hanno
molto da dire di importante, soprattutto
sugli umili, sul Sud, sui meno fortunati, sull’amore per la terra e la
Natura.
Non sono le sue rime
vacui strepiti, ma testimoniano la sua anima grande, il suo darsi agli
altri, nella speranza che la vita fiorisca profumata. Ha dato alla Poesia un
valore nuovo. Essa è divenuta un contenitore prezioso di una vita sventurata,
derisa, offesa, calpestata.
Il mio Amico
Pietro Nenni che possedeva tutti i suoi
libri e tutti gli articoli che egli aveva pubblicato su “L’Avanti”, mi diceva
che era un grande politico e un immenso Poeta, tutte e due veneravamo Rocco.
Era un Dio,
un piccolo Cristo messo sulla Croce.
Tra la poesia
e la politica per Rocco non c’era iato. Sembra impossibile che i suoi versi
nella loro delicata bellezza sapessero rendere con poche sillabe tutto
l’asprigno dell’ingiustizia sociale.
Non vogliamo
ridurre la storia del poeta Lucano a uno stringato elenco di opere e
costruzioni, anche se tutto ciò che lo riguarda aiuta a schiudere la poesia
dell’Essere
Voglio
parlare dei veri uomini, quelli che seminano senza risparmio i semi della gioia
e della speranza, anche se, e..anche questa è una caratteristica di noi
meridionali, a volte sembra che il suo orgoglio, la sua stessa falcata giovanile
e fiera, cammini con la morte.
Il
giovanissimo Sindaco costruisce un ospedale a Tricarico, ha l’urgenza di aprire scuole
e diffondere la cultura, ha urgenza di riscatto.
Fu Capo
popolo per la rivoluzione dei contadini contro lo sfruttamento dei
latifondisti, cercò di alleviare le pene del Sud.
A volte
penso che abbiamo bisogno di lui, non di uno come lui, poiché non esiste, ma il
Cristo che ha conosciuto la sofferenza non solo della croce, dovrebbe
restituircelo per qualche giorno, ridarci il coraggio della rivoluzione, la
volontà ferma che il pane non deve mancare a nessuno, zittire per sempre i
ciarlatani.
Salvare
tutte le Lucania del mondo, ridare vigore alla terra. Il capitalismo
industriale ha quasi annientato il mondo, a favore delle ricchezze sproporzionate
di pochi singoli uomini con opere intrise di bugie e di sangue. ( Quanti sono
gli operai che perdono la vita sul lavoro…
ogni giorno?.
Ed ecco il
suo urlo di incoraggiamento: Che faccia giorno, che venga finalmente un’alba
nuova!
Con questo
scritto non vogliamo semplicemente commemorare un uomo morto. Lo vogliamo
risorto insieme a noi con tutta la veemenza di quando giovane sindacalista aizzava
le folle contadine a ribellarsi, a prendere coscienza e costruirsi da soli, senza
elemosinare, il proprio destino.
Ma il
destino di Rocco fu terribile, a lui uomo onesto e integerrimo fu riservato il
carcere. Non siamo mai riusciti a comprendere fino in fondo chi gli cucì a
dosso un’infamia simile, chi lo denunziò,
chi inventò contro di lui inerme quelle calunnie? I politici, i suoi
detrattori, forse i potenti per toglierlo una buona volta di mezzo? .
La sua opera
è testimone di trascendenza, di vigore morale, di desiderio di vincere la
miseria umana.
Fu fortunato quando conobbe Carlo Levi e anche
Manlio Rossi Doria sono stati questi i suoi veri amici, coloro che lo difesero
quando tutti l’accusavano, coloro che lo
amarono anche oltre la morte e portarono alle stampa le sue opere con il dono
delle loro prefazione. Dopo il carcere, chiese aiuto a molti, affinché gli
procurassero un posto di lavoro come giornalista : scrisse molte lettere. Molti non
si degnarono di rispondere mai, tanto è vero che io stessa che ho trovato molte
di queste lettere scritte da Rocco e, mai pubblicate prima di me, (Le ho
trovate fortunosamente nella Banca Popolare
Pugliese che ne è proprietaria)[1],
le risposte a queste missive, le ho cercate invano e disperatamente. Non ho trovato mai alcuna risposta ad esse, se non degli
apprezzamenti e considerazioni post mortem. Ho, invece, trovato e letto con molta passione e commozione le lettere che si scambiò con Carlo
Levi e soprattutto, riguardo alla ricerca del lavoro che gli restituisse la sua
dignità ,ci sono quelle immortali di Manlio Rossi Doria, e anche qualcuna di Camilla Ravera.
Rapporti di
amicizia ebbe anche con Emilio Sereni, Franco
Venturi, Guido Miglioli.
Il socialista Rocco prese parte anche al
Comitato di Liberazione, (così mi dicevano i miei illustri vicini di casa
Camilla Ravera e Pietro Nenni e già si era iscritto il 4 dicembre del 1943 al
Partito Socialista).
Fu proprio Manlio Rossi Doria a procurargli il
lavoro a Portici presso l’Osservatorio Agrario, dove attiva uno studio sulle
condizioni delle popolazioni del Sud affidatogli dalla Casa Editrice Einaudi.
Qui morì il 15 dicembre 1953 a trent’anni
stroncato da un infarto, solo e abbandonato. Qualche giorno prima aveva scritto
una lettera alla madre, ci sono in essa parole di speranza e di conforto e la certezza
di un riscatto
morale ed economico!
[1][1] Destini sincronici: Rocco Scotellaro e Amelia Rosselli, Introduzione di Aniello Montano,Postfazione di Carmela Biscaglia Direttore del Centro di Documentazione di Rocco Scotellaroe la Basilicata del Secondo Dopo guerra.Lettere, pg. 106. Guida Editori
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