La
forma dell’anima
Non
è solo un fiato arido la preghiera
che
de-forma la mia anima,
la
fa a immagine del Principe di luce,
la
rende foresta di canto.
Non
mi riconosco: la mia anima
ebrea
e fanciulla ha,Dio, l’orma della tua mano,
le
tue vene azzurre, i tuoi fili di sangue,
le
pieghe di carne a rugiada.
In
questa crocifissione amorosa
la
mia pietra adolescente si scioglie,
ed
è acqua dilagante, sapienza di fiori
risorti
dopo la bruma invernale.
Tornerà
il peso ai piedi della croce,
ma,
sotto il tuo sguardo,
diramerà in un
profumo di girasole.
Incandescente
Come
una foglia di poesia accesa
dal
Dio di Giacobbe e dal bacio-parola
di
un angelo, volo sempre nel cuore
che
fece incandescente il mio corpo intatto;
un
fuoco che dilata le arterie,
ne
disfiora le linee.
È
rugiada ardente la mia carne
di
fanciulla dai fianchi di giada,
il
mio grembo colmato dal fiat
che
diede un prato per camminare
al
Dio bambino, gli diede un mondo
da attraversare: a
Lui, la mia poesia.
Lo
sposo
Ricordavi
ancora lo spicchio di luna
perso
tra le ciglia nere: si tendeva,
morbido,
a te come un bioccolo di lana,
e
il silenzio diventava rovente,
simile
al vento che spazza le dune
d’Israele
e porta la sabbia
sui
trucioli di noce nella bottega
in
fondo alla via: non è, poi, così diversa
questa
grotta intagliata nel calcare
umile
di un monte solitario.
Com’era
possibile?
Non
avrebbe mai potuto; non lei.
Eppure,
una punta di lama,
al
pensiero, lacerava lentamente
il
cuore incerto, rivolto
agli
occhi ombrosi di Maria.
È
piena, ora, la luna,Giuseppe,
tra
le stelle che gioiscono in coro:
non
hai lasciato la tua amata
alle
pietre spigolose del male,
e
la luce soffusa di un angelo
si
piegò su di te, ti tese la mano
che
cercavi, svelando una scheggia
del
mistero di Dio: il tuo posto,
talmente
piccolo da stare
nell’argilla
scura d’una grotta,
vicino
a fragili foglie
d’un ulivo caduto per terra.
Grazie mille per questo spazio.
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