Un saggio pensiero della poetessa sulla Poesia
Chi è il poeta? E' colui che scrive, compitando un innato, enigmatico spartito, sapendo ascoltare il tempo (psicologico, fisico, metafisico), per diventarne l'interprete, il profeta, lo sciamano di memorie. Non può essere poeta colui che divide questa unità, che professa piccole memorie personali, senza elevarle.
Maria Luisa Tozzi
NOTA CRITICA A CURA DI NAZARIO PARDINI
C’è
la vita con tanta tensione orfica in queste poesie di Maria Luisa Tozzi. Sì, la
vita con tutte le sue polisemiche significanze; quella plurale, sostanziata da
silenzi, fughe e ritorni che educano alla meditazione, al raccoglimento; e
richiamano con stesure libere ed efficaci alle emozioni forti dell’esistere.
Versi densi e schietti che fanno della semplicità comunicativa una vicinanza
empatica di grande forza attrattiva. Perché in queste meditazioni, in questi
radicamenti ad una terra che si colora o scolora a seconda delle vicende umane,
in questi storici sprazzi che riportano la mente ad antiche primavere di una “Lunigiana dagli occhi scuri”: “com’eri
bella nel ‘46/ allo sguardo dei neri americani/ e a noi/ consapevoli
dentro i casali/ che potevamo/ fuori dall’incubo/ prendere il treno/ ed arrivare al mare…” ci
sono brandelli d’anima di ognuno di noi. Ed è qui la forza della grande poesia.
Sta tutta nell’elevarsi alla universalità di un messaggio che parli di quesiti e
affetti della vicenda umana: di quelli che
riescono a far ri-vivere i propri cari con azzardi iperbolici: “Eccoli sulla strada,/ al crepuscolo,/ li sento
rientrare/ cantando”; di quelli che declinano colori e storie della propria
terra in raggi luminosi di poesia: “Lunigiana
d’amore/ silenziosa/ come le donne antiche/ e fiere/ di miseria affrontata/ a
testa alta…”; di quelli che si sperdono in edeniche alcòve di paesi
addormentati: “Silenzio di
paesi/ addormentati,/ sedimenti quieti/ di Stabat Mater,…”; o di quelli tesi a
verbi che diano corpo alla plurivocità di un’anima: “Parole celate/ come
la spiga viola/ fiorita solitaria/ accudita/ dal libeccio salmastro/ disseccata/
nel vociare del porto…”. Insomma un lirismo di proficua resa panico-emotiva; un
lirismo che fa di queste poesie un articolato linguistico zeppo di perspicua
sapidità disvelatrice, dove i colori, i suoni e i profumi di una terra traducono
cospirazioni di sapida interiorità. Ogni segmento naturale non è altro che il
ritratto di un ricordo che vuole tornare a vivere in venti, salmastri, mari,
fiori, giardini, meli o giochi di tramonti. E lo fa con una parola che impiega
ogni mezzo etimo-allusivo. Con una parola che combaci con una vis creativa volta
a sottrarre la bellezza alla voracità del tempo. Ed è proprio la piena
coscienza della precarietà di questa nostra vicenda a rafforzare non poco il
senso di forte umanità in queste pièces.
E anche
se a dominare sul tutto sembra elevarsi un afflato d’amore e memoria, è pur
sempre in una storia che avviene; una storia i cui i perché ci assillano e ci
inquietano:
E forse salverei dalla pena
il pensiero inesausto
che oscilla
tra quesiti e congetture.
POESIE
Questa
sera
(Inedita, 2011)
Sono con i miei morti
questa sera,
me ne viene la vita.
Eccoli sulla strada,
al crepuscolo,
li sento rientrare
cantando
Lunigiana d'amore
(in Dal
margine, Artegrafica Silva, Parma 1995)
Lunigiana d’amore
silenziosa
come le donne antiche
e fiere
di miseria affrontata
a testa alta
con il secchio sul capo
che raccoglieva l’acqua
alla fontana,
Lunigiana rosa
d’inverno
gialla di ginestre
nelle tue primavere
senza confine
hai recintato gli orti
li hai puliti con cura
per feudale memoria
della fame,
Lunigiana dagli occhi
scuri
dai piedi larghi
e dalle larghe mani
con i tuoi fantasmi
buia e nascosta
alla Strada Romea
di itineranti pellegrini
di furfanti e guerrieri,
com’eri bella nel ‘46
allo sguardo dei neri americani
e a noi
consapevoli dentro i casali
che potevamo
fuori dall’incubo
prendere il treno
ed arrivare al mare
Gli
Stabat Mater
(In Dal
margine)
Silenzio di paesi
addormentati,
sedimenti quieti
di Stabat Mater,
dolenti
nei giorni santi
Giochi al tramonto
amico della piazza.
A folate leggere
il mistero ordinato
delle notti d'infanzia
Si
chiamava elianto quel fiore
(In Girasoli
nella sera, Artegrafica Silva, Parma 2004)
Parole notturne
sonnacchiose e tenaci
aggrappate
ad antichi velieri,
grappoli in bianconero
dondolanti sul mare
di soprassalto mosse
da vento corrucciato
divergente
Parole di luce bianca
abbagliante persistente
volte alla meta
che salpano da cime
temerarie (si chiamava
elianto quel fiore):
che ne sarà
dello strano paese
dove deporre il nido?
Parole celate
come la spiga viola
fiorita solitaria
accudita
dal libeccio salmastro
disseccata
nel vociare del porto
Parole che atterrano
(molte che si
libravano
sono cadute a picco
e ancora
respirano le piume)
Parole vive
che sanno di volare
coscienti
hanno voce e passione
quieta dilatata
immensa sottile.
Se
avesse un limite il Tempo
(In Girasoli nella sera)
Se avesse un limite il Tempo,
se specchiare potesse
geniture passate
e l’antico parlare di mio padre,
se innocente questo limite
fosse e non severo dio
o ingannevole bimbo,
che s’arresta al giardino
e senza scelta
non perdona i fiori,
quieto mi rimarrebbe il passo
della gatta nera affettuosa
e nel mattino fermo
il cristallo dei meli.
E forse salverei dalla pena
il pensiero inesausto
che oscilla
tra quesiti e congetture.
NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE
Nata in Lunigiana, a Mocrone di Villafranca, nel 1942, è da
giovanissima residente a Parma, dove opera, dopo la professione scolastica
(insegnante e preside di ruolo), come ricercatrice nel settore archivistico e,
soprattutto, in quello diplomatico- medioevale e della prima età moderna. In
tal senso ha pubblicato la trascrizione dell’Archivio Storico della Confraternita
della SS. Trinità dei Rossi di Parma (2004) e la Storia dell’Ospedale
Vecchio e dell’Archivio di Stato di Parma (2005); ha trascritto rogiti
di archivi pubblici e privati. Dal 2011 si addentra nella ricostruzione
storico-archivistica dell’affresco quattrocentesco La Madonna degli infermi
e degli affreschi del tempio della Madonna di Loreto, nell’Oratorio dei
Rossi in Parma. Interessata a studi di semiologia e linguistica, figura in
antologie, cataloghi d’arte e nella Storia
della Letteratura Spezzina e Lunigianese. Ha pubblicato, fra gli altri
studi, i saggi
Presenza in Lunigiana di Gaetano
Cioni (revisore de I
Promessi Sposi) , Parma 2009;
Giovanni Bilotti, declinazione di
un mistero poetico, la Spezia 2014.
PRESENTAZIONE DI ISA GUASTALLA
Villafranca
in Lunigiana, giugno 2011
Maria
Luisa Tozzi, lunigianese di nascita, parmigiana di adozione. Sono questi i due
luoghi dell'anima: la Lunigiana quello degli affetti e degli studi; Parma
quello del lavoro e delle amicizie.
Per
disegnare il ritratto assai composito della Tozzi occorrerebbe la penna di un
D'Annunzio, capace di delineare in modo eccellente le figure di due
"maestri avversi": Carducci, incontrato in gioventù casualmente nella
redazione romana della "Cronaca bizantina", e Pascoli, visto nella
quiete bolognese della sua casa dell'"Osservanza". Maria Luisa
starebbe degnamente anche in un moderno De mulieribus illustribus, che
ne rendesse a tutto tondo il ritratto.
Dotata
di una straordinaria capacità di lavoro, perlustra con inesausta curiosità
archivi, sia pubblici che privati; percorre con indomita passione le pagine di
testi antichi spesso ignoti, alla ricerca di personaggi e opere da rivelare al
pubblico. Perché una molla del suo lavoro è quella di presentare uomini, fatti,
passioni che, anche distanti nel tempo, rivelano modernità e attualità.
In
questa linea è lo studio profondo e accurato su Gaetano Cioni, correttore de I
Promessi Sposi e intellettuale di grande spessore, commissario
straordinario, fra l'altro (1800-1801), in Lunigiana durante la seconda
Cisalpina(1).
Un altro studio che testimonia l'ampiezza degli interessi è il saggio La SS.
Trinità dei Rossi a Parma: da Confraternita a Opera Pia (Parma 2004), che
ha proposto agli studiosi di Parma (e non solo) la storia praticamente inedita
della Confraternita e della chiesa, nota nella città col nome di "Oratorio
dei Rossi", straordinario esempio di architettura d'età farnesiana e poi
borbonica, di cui non esisteva ancora uno studio scientifico esaustivo. Di poco
posteriore è la Storia dell'Ospedale Vecchio e dell'Archivio di Stato di
Parma (2005). E qui conviene accennare anche all'attività della Tozzi nel
campo della storia dell'arte, come testimoniano i numerosi scritti di
presentazione di artisti contemporanei o lo studio diplomatico del manoscritto
di Pietro Brandolesi Memorie intorno Andrea Mantegna (1500-1803).
Curiosa
dei fatti linguistici, Maria Luisa Tozzi si interessa di semiologia, di
linguistica e di Storia della medicina, attraverso la collaborazione alla
rivista Parmasalute.
Non
poteva mancare, nell'ampio quadro delle sue attività, la scrittura creativa.
Conduce per mano i suoi allievi della scuola media (è stata docente e preside)
sino alla formulazione di versi spontanei e delicati (Quadri di una classe, Artegrafica
Silva, Parma 1991), pubblica due raccolte di poesie, Dal margine (Silva,
Parma 1995), e Girasoli nella sera (Silva, Parma 2004).
Il
gusto, anzi, la passione per la ricerca, si attua qui in una progressiva opera
di affinamento del linguaggio poetico.
Si chiamava elianto
quel fiore,
della seconda raccolta, può essere considerata una vera e propria enunciazione
di poetica. La ricerca della parola eletta si dispone in una serie anaforica di
immagini in cui si intrecciano metafore, similitudini, sinestesie, a riprova di
un lavoro che rivela, nell'improvvisa allusione all'elianto - il girasole che
si rispecchia nel sole, luce della grazia poetica - l'ansia di raggiungere
l'essenzialità, scavata, espressiva, inquieta:
Parole notturne/
sonnacchiose e tenaci/aggrappate/ad antichi velieri,/ grappoli in bianconero/
di rondini/ dondolanti sul mare/ di soprassalto mosse/ da vento corucciato/
divergente /Parole di luce bianca/ abbagliante persistente/ volte alla meta/che
salpano da cime/ temerarie (si chiamava/ elianto quel fiore)/ Che ne sarà/dello
strano paese/ dove deporre il nido?/ Parole celate/ come la spiga viola/
fiorita solitaria/ accudita/ dal libeccio salmastro/ disseccata/ nel vociare
del porto/ Parole che atterrano/ (molte che si libravano/ sono cadute a picco/
e ancora/ respirano le piume) Parole
vive/ che sanno di volare/ coscienti/ ed hanno voce e passione/ quieta/
dilatata/ immensa sottile. L'ansia di realizzarsi nella parabola
poetica si incarna anche nel mito di Icaro, ... già volato/ a cielo aperto/ nell'azzurro abbagliante, volatore
solitario (Mosse ali tremanti/ fermo
e solo si alzò/ guidato a nuove strade/ - fra luce e luce -), che
supera l'ombra della terra, lascia gli oscuri
minotauri, simbolo del Tempo, dalla cui saliva amara nacquero aurore.
Tema
ricorrente è quello della terra natale, la bella e antica Villafranca (con la
frazione di Mocrone), che si specchia dall'alto nel verde cupo del Bagnone,
fluente verso la Magra, territorio in cui paesaggio e storia si intrecciano:
Scura introversa la
montagna/ posa sul Magra... Qui sostò Carlo VIII/ stessa l'aria del fiume/
stesse le voci,/ i bisbigli notturni,/ racconti di paura/ in
Lunigiana. Bivacco di soldati/ queste rive nascostamente vigili,/ a
mutare con l'acqua/ l'apprensione dei giorni,/ snodano solitarie/ massi bianchi
indolenti,/ specchiando il verde cupo
(Fiume Magra, da Girasoli nella sera).
E si innesta, nel tema della terra e della
casa natale, il pudico e commosso ricordo delle speranze giovanili. Da un dato
temporale, dalla presenza di oggetti, correlativi della memoria, emerge il
passato: Ha la porta del cuore/ il
breve giorno/ e una sua dignità/ pudica e solitaria/ nel chiuso della stanza,/
ha l'alba dei ricordi/ nelle foto appannate/ esigenti sul pianoforte./ Così
eravamo, ora non più./ Corteggiavamo galassie sconosciute. La vita è
come sfuggita, ne è prova un aspro sferragliare incombente: Soltanto nella mente/ attenti - a pause/
e da lontano -/ la vita s'ode cantare. (Così eravamo da Girasoli nella sera).
Ma
sono soprattutto gli affetti, il padre, la madre, assunti nella memoria a
funzione di mito, che diventano emblemi del vivere, punti di riferimento
dell'eterno perché dell'esistenza.
Particolarmente
denso il pensiero si snoda in Se
avesse un limite il tempo (da Girasoli nella sera): Se avesse un limite il tempo/ se
specchiare potesse/ geniture passate/ e l'antico parlare di mio padre,/ se
innocente questo limite/ fosse e non severo dio/ e ingannevole bimbo/ che
s'arresta al giardino/ e senza scelta/ non perdona i fiori,/ quieto mi
rimarrebbe il passo/ della gatta nera affettuosa/ e nel mattino fermo/ il
cristallo dei meli./ E forse salverei dalla pena/ il pensiero inesausto/ che
oscilla/ tra quesiti e congetture
Appare
qui, come altrove, la ricerca di certezze spirituali, destinata a rimanere
problematica e aperta, che si manifesta nell'ansia del cuore, e si rivela nella
natura e nella storia. A riprova della costante presenza di questo procedere
poetico, sta il primo premio ottenuto a Gela, presso il Centro di Spiritualità
Cristiana.
Il
linguaggio, così come la tematica esistenziale, si affina nel tempo, si fa più
incisivo e sinteticamente espressivo, capace di seguire e realizzare la
complessità del sentimento e del pensiero. Ne è prova la presenza di un lessico
eletto, talvolta prezioso (riconosciamo, ad esempio, il gusto tutto pascoliano
di nominare fiori e piante con precisione scientifica, quasi un compiacimento di
appassionata cultrice).
E
la prosa? Anche in questo genere si esercita la vocazione proteiforme della
scrittrice: il suo romanzo Come l'alba nel suo giorno (Silva, Parma
1999), è anch'esso frutto di una ricerca, speciale, ma sempre ricerca: è un
testo realizzato con una grazia espressiva costante, in cui prosa e versi si
alternano sapientemente in una specie di moderna fabula milesia.
Nella
poliedrica attività della Tozzi, che spazia dal saggio (del 2013 è la
monografia Giovanni Bilotti: declinazione di un mistero poetico) alla
poesia, l'aspetto della ricerca costituisce dunque una costante, l'elemento
unitario che ci svela gli aspetti più intimi e profondi della sua attività di
studiosa e di scrittrice. Ricerca in tutte le direzioni: dai fatti storici nella
loro complessità e varietà, all'introspezione, realizzata in un continuo
ripiegarsi su se stessa, dietro la suggestione, che si fa poesia, di un dato
esterno, un sasso, un fiore, un colore.
Mi
scrisse per e-mail, poco tempo fa, chiedendomi se trovassi, nelle sue
poesie, almeno un verso dignitoso: ce ne sono tanti, Maria Luisa!
dopo tali belle presentazioni,mi sento inadeguata ad aggiungere altro se non che le poesie presentate arrivano direttamente al cuore,sono profonde,intense e suggestive.Complimenti a Maria Luisa Tozzi
RispondiEliminaGraziella carletti
Graziella pur non conoscendoti, apprezzo la tua sensibilità e dolcezza. E' il tuo cuore che canta. Ciao.
RispondiEliminaMaria Luisa
Chiarissimo Prof. Pardini,
RispondiEliminanel suo dire sugli altri, rivela vertici culturali, limpidezza umanistica, vocazione educativa. E gli altri indossano abiti a festa, che Lei ha generosamente donato. La Sua spontanea, preziosa critica mi ha indotta a riflettere su due "atteggiamenti poetici" a me quasi incogniti:
quello "orfico", volto ad un oltre, che mi vede relegata alla "crisi", al crinale ("con silenzi, fughe, ritorni), in cui vivo, fra un al di qua e un al di là, senza scelte; quello panico-naturalistico, vissuto tramite memoria ("per sottrarre bellezza alla voracità del tempo", Lei dice), che, pur essendo attuale, vorrebbe ricondurmi - mediante transfert e dunque sempre su un crinale di confine - ad un magico eden d'infanzia.
Chiarissimo, il Suo intelligere (il leggere le realtà fenomeniche delle persone con amore e scienza) commuove e allucina, si fa cometa vicinissima, stupore incantato.
Ma in che modo ringraziarLa, se ha già tutto?
Maria Luisa Tozzi
Carissima Maria Luisa,
Eliminache cosa di più si può attendere un semplice artigiano di parole? Il suo commento è da poeta additus poetae, artifix additus artifici. E' di una limpidezza e di una vocazione al dire metaforico tali da lasciare di stucco. Un linguismo che convalida ulteriormente l'origine della Bellezza del suo canto.
Un grazie di cuore
Nazari
Professore,
Eliminadevo smetterla di commuovermi, ma oso un infantile abbraccio.
Maria Luisa Tozzi
Un fortissimo amichevole abbraccio
EliminaNazario
Caro Professore, le amiche di Parma (la giornalista Rosangela Rastelli e la ricercatrice Dina Tortoroli, studiosa dell'Imbonati e dei suoi carteggi, che ha in merito pubblicato numerose opere) si rallegrano con la Sua magnifica pièce critica. Anche per questo coro entusiasta alle mie spalle La ringrazio ancora.
RispondiEliminaMaria Luisa
Carissima Maria Luisa, ringrazio lei e tutte le colleghe di Parma per i vostri incoraggianti apprezzamenti. Ma è, sopratutto, alla sua poesia che devono essere rivolti. Alla sua euritmica versificazione che sa donare abbrivi non comuni.
EliminaNazario
Carissima Maria Luisa,
RispondiEliminaa nome di tutte noi, amiche parmensi, in folta schiera compiaciuta e plaudente, debbo riferirti anche il "rammarichìo", per non aver potuto ascoltare il prof. Pardini, intento a celebrare con rara sapienza la "forza attrattiva" della tua poesia "grande".
Una cosa, però, il prof. Pardini non può sapere: la lunigianese Maria Luisa Tozzi è altresì la parmense, mitica, nostra LA TOZZI.
Un abbraccio.
Dina
Cara Dina, grazie di esserci. Sì, il Prof. Pardini è un grande personaggio, che si caratterizza per la sua cultura umanistica, ma che soprattutto esula da quel provincialismo, che spesso rende mediocre una persona dotta. In lui ho riscontrato la felice combinazione di umanesimo e umanità. Lo credo, in questo senso, seguace dell'etica imbonatiana. Abbraccio. Mluisa
RispondiEliminaEcco, carissima LATOZZI, perché avremmo anche noi voluto incontrare e ascoltare la viva voce del prof. Pardini. In ogni modo, è un sempre nuovo piacere dell'anima rileggere la sua "Nota critica".
EliminaGrazie! Dina e le altre.