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mercoledì 3 settembre 2014

NAZARIO PARDINI SU "LE ALI DELLA NOTTE" DI SONIA GIOVANNETTI




Sonia Giovannetti: Le ali della notte
Appunti di una settimana
Armando Curcio Editore. Roma. 2014



Vivere a pieno tutti i desideri nello spazio di una settimana. Questo il patto miracoloso il cui profilo si distende su una narrazione di notevole vis immaginifico-creativa e di polisemica significanza.  Opera che tiene in sé la vita, o meglio la ricerca sensoriale e spirituale, oggettiva e traslata  della sua consistenza: il percorso di un’Autrice che vola con la sua fantasia dal mondo e nel mondo (una fantasia però alimentata e nutrita da dati reali, veri o verosimili): amore, slanci emotivi, sogno, coscienza di esistere, situazioni, fatti vari e imprevedibili; interrogativi sul peso di parole non dette, questioni non facilmente risolvibili: “… Quanto hanno contato in noi le parole vere non dette nel tempo? Quanto ci hanno inaridito?...”. Una corsa nel tempo e contro il tempo partendo dalle minuzie della quotidianità o dalle riflessioni di memoria eraclitea per azzardare sguardi oltre il possibile se riferiti alla vicenda umana, alle cose che si sentono prima delle parole. Una ricerca attenta e puntuale della Bellezza (anche se non imbrigliabile al comando dell’ego, considerando quel possibile acquazzone imprevisto che “arriva e sconvolge tutto”); una voglia di cercarla, di costruirla questa Bellezza, partendo dalla consapevolezza delle brutture del mondo, dal potenziale della Poesia, dall’etereo oltre il limen entro cui è costretto il nostro essere, dalla verità dell’esistenza sublimata in canto; sì, un impegno vòlto a cercare un varco per la felicità. E tanto basta per avere speranza: “Non escludendo i ricordi, ma estraendo dalla memoria solo quelli che voglio e li accarezzo col pensiero, perché tutto lascia traccia”. E soprattutto un volo, un ardito volo verso un m mondo indefinito, vago, ma anche sociale e umano correlato al desiderio di mutare l’esistere. Un senso di apertura ben concretizzato in Giorgio, ad esempio, che vede nel mare lo slancio verso una libertà di romantica memoria, dalle tinte delacroisiane, che si fa simbolo di aspirazioni non facilmente perseguibili, considerando gli schemi convenzionali di una società. D’altronde l’animo umano, nei confronti dell’esser-ci limitato ad  un gioco così breve e fatale da sollevare inquietudini di melanconica natura, è di una profondità tale da dover scomodare persino Pascal. Per cui si attua un dicotomico contrasto fra l’aspirazione ad un’ascesa immaginifica senza fine e la concretezza di una realtà che definisce, limita, e non dà spazio alla inconsistenza del fatto di essere umani. E la parola è successiva al pensiero, segue un groviglio interiore che vorrebbe tornare alla luce. Ma è un segno fragile e caduco, una costruzione morfosintattica virtuale, troppo umana, che non arriverà mai a tradurre la complessità e la potenzialità spirituale quale quella dell’anima e del pensiero. Soddisfare desideri di cospicua fattura esistenziale, rispettando, però, il miracolo di una breve durata: quale simbologia più consona se riferita alla nostra vicenda; ai suoi interrogativi. Ed è qui che si incastona la funzione double face del memoriale. Da un lato forza interiore per prolungare l’esistere; dall’altro, come direbbe Luzi, ricostruzione della nostra vera storia. Prende appunti, scrive, fissa sensazioni, emozioni, vicissitudini per renderli il più possibile duraturi: un grande patrimonio tramite cui riconoscersi, individuare il fuoco vitale, dacché costituito da immagini, da realtà trasformate: serbatoio di canti e poemi. Quella è la vera vita; è essa che ha superato la prova dell’oblio, rendendosi degna di restare. Di fatto il succedersi dei casi è imprevedibile ed è al di fuori e al di sopra delle nostre congetture. Quanta potenza meditativa di sapore leopardiano in questo passo: “E’ la vita, a volte, a obbligarci verso la strada da percorrere. Trasforma anche il senso che noi pensiamo di averle assegnato. E’ lei, solo lei, che finisce per tracciarlo e per imporcelo… Come nel caso di questo giorno festivo. Ogni domenica dovrebbe essere un ricamo di cuore e portare con sé l’illusione di un filo colorato… E invece arriva un acquazzone e sconvolge tutto…”. Non è facile sottrarci alle disillusioni, alle sottrazioni a cui siamo sottoposti  momento dopo momento. E’ tutto qui il valore della poesia, ci dice Sonia. Creare un mondo sconfinato in cui il sogno abbia la sua buona parte, dacché il sogno è vita, vi si fonde in maniera simbiotica; è il suo prolungamento, il completamento dell’inattuazione. E’ là che ci rifugiamo ed è là che tracciamo lo sconfinato azzurro in cui immergere le nostre deficienze a che si ripopolino di una pluralità esistenziale, sociale e civile, da cui l’azione, da cui l’impegno, da cui la forza d’animo che l’onirico spesso motiva. La vita è l’arte dell’incontro, affermava un poeta brasiliano amico di Ungaretti, Vinicius De Morales; e vita e poesia sono la stessa cosa. E lo è per Sonia Giovannetti: “La vita non è un racconto ma il tuo racconto è la mia vita”.
        Un’abilità prosastica di alta levatura in cui un ruolo determinante è costituito da un panismo generoso, ora mansueto e docile, ora luminoso, ora brumoso e piovoso a concretizzare con puntualità psicologica personaggi, concetti, aspirazioni che alimentano la narrazione:
“E’ una giornata di primavera, il sole scalda quel poco che può.”,  “Sono seduta sullo sdraio del terrazzo che si affaccia sul mare a respirare quest’aria leggera e odorosa di salsedine. Aspetto che anche il sole dia il suo addio alla giornata, aspetto che si perda dietro la linea netta e misteriosa che separa per un istante il cielo dal mare. Aspetto il tramonto la partenza.”, “E’ morto il sole. La pioggia ha fatto calare di colpo il sipario su una giornata estiva.”, “Non è neanche una giornata di sole sereno… Il sole riesce a scaldare anche le giornate più anonime.”, “Il soffio del vento mi fece ascoltare anche uno stridore forte, giù nella valle.” Tanti squarci panoramici, dove sembra dominare mare, vento, pioggia e sole, a introdurre magistralmente partenze, addii, abbracci di vita, inquietudini, melanconie, illusioni o sortite verso la luce. Un procedimento narrativo di perspicua valenza analitico-introspettiva dove sequenze di varia natura si alternano attraendo il lettore. Anche perché vari e articolati sono i contenuti:
l’amore: “Risentire l’odore del vento della libertà che mi scorreva nelle vene e correre insieme a lui, per non farmela scappare ogni volta che tentavano di togliermela”,
l’impegno sociale: “Nel mondo , i giorni come le notti non hanno la stessa ora e la stressa purezza. E nella diversità delle ore nel mondo, ci sono occhi di bambini senza famiglia, senza strada, senza orizzonti. Occhi in attesa. Occhi immersi in uno stupore solitario che mai sarà cancellato”. Un procedere anaforico che poggia la penna su quegli occhi che tanto fanno vibrare l’anima.
E la vita, la vita, la vita… Sì, l’amore della scrittrice per questa sacrosanta storia. Unica, insostituibile, a cui lei dà tutta se stessa nella speranza di migliorarla, anche, dal mercimonio che spesso la infanga. Ma quello che emerge è proprio questo legame indissolubile che Sonia, poetessa e narratrice, sventola ai quattro venti. Una passione che fa della vita stessa un pozzo a cui attingere per irrorare un grido da tramandare oltre le magre occasioni della terrena vicenda.
        Il tutto in una scrittura apodittica, libera, asciutta, brillante, duttile che segue passo passo gli abbrivi emotivi ora dolci,  ora pensierosi, ora meditativi, ora volitivi, diventandone ancella fedele, corpo rappresentativo. Una scrittura incalzante, che non dà respiro, senza pause, che tiene avvinto il lettore, anche perché, in questa avventura miracolosa e al contempo realistica, ognuno ritrova quella parte di sé da scoprire. Ed ognuno di noi gradirebbe fare un viaggio simile fra persone, ambienti, e intuizioni per soddisfare desideri ancestrali con lo scopo di prolungare i giorni in un memoriale ampio e generoso da donare al Bello, al racconto, al canto:

Vita, vita mia,
non ti consegnerò
domani a Morfeo.
Costi quel che costi.

Nazario Pardini

02/08/2014                   

4 commenti:

  1. Questo stupendo saggio di Nazario Pardini mi ha letteralmente stregato, così come mi ha stregato "Le ali della notte" di Sonia Giovannetti dopo averne affrontato la lettura. In particolare sono rimasto affascinato dalla dimensione interiore dove la lettura conduce, alla scoperta di una saggezza innata nell'uomo, ma purtroppo dimenticata. Oggi stesso comporrò un saggio che spero possa venire presto pubblicato. Complimenti al Prof. Pardini e congratulazioni alla scrittrice.
    Franco Campegiani

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  2. Una gioia immensa si è impadronita di me dopo aver letto questo straordinario saggio del Prof. Pardini.
    Questa gioia, mista allo stupore, colora e dà calore al senso del mio scrivere. L’autore scrive, ha un’intenzione ma poi il riscontro è lì - in chi legge - perché nessuno mai è in grado di valutare la propria opera. L’autore assiste e si sorprende. La stessa sorpresa che ho provato nel comporre questo libro. Le storie che ho raccontato si sono formate scrivendo. E’ la penna che si fissa sul foglio e aiuta ad ascoltarci, a farci scoprire chi siamo e i nostri limiti. Per me è stato così: ho avuto più consapevolezza di me. Sappiamo bene quanto scrivere sia difficile, scrivere bene costa. Con scrivere bene intendo scrivere con la massima semplicità le cose che si sentono essenziali. Non so se questo intento io lo abbia raggiunto. Di certo, so di mettere in questo tutto il mio impegno, convinta dell’importanza della parola, del rispetto che le si deve, avvertendo il dovere di non usarla mai a caso. Dalla lettura dei grandi imparo ogni giorno. La scrittura non capita semplicemente, la scrittura si forma. E dalle magistrali parole che il Prof. Pardini ha voluto dedicare al mio libro non solo mi sorprendo e gioisco ma imparo.
    Grazie.

    Sonia Giovannetti

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  3. Ringrazio anche Franco Campegiani per le sue parole e la preziosa attenzione.

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  4. Ora posso dire di aver letto anch'io questo testo che non può definirsi romanzo, non può dirsi saggio, non può considerarsi raccolta di racconti. E' una lettura interiore dell'esistenza, che aiuta a entrare nella dimensione della felicità. Una casa sul mare. Una donna che mesce il vino e i ricordi di fronte al respiro inarrestabile della risacca, un rapporto di empatia con la scrittura e la scoperta di quanto sia importante rallentare i ritmi, restituire al tempo la giusta importanza... Sono uscita altra rispetto a me stessa dalla lettura di questo testo , che mi ha insegnato la grazia, la levità, la pazienza e la determinazione... Sonia è la donna che vorrei saper essere!
    Maria Rizzi

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