Appunti
di una settimana
Armando
Curcio Editore. Roma. 2014
Vivere
a pieno tutti i desideri nello spazio di una settimana. Questo il patto
miracoloso il cui profilo si distende su una narrazione di notevole vis immaginifico-creativa
e di polisemica significanza. Opera che
tiene in sé la vita, o meglio la ricerca sensoriale e spirituale, oggettiva e
traslata della sua consistenza: il percorso
di un’Autrice che vola con la sua fantasia dal mondo e nel mondo (una fantasia
però alimentata e nutrita da dati reali, veri o verosimili): amore, slanci
emotivi, sogno, coscienza di esistere, situazioni, fatti vari e imprevedibili; interrogativi
sul peso di parole non dette, questioni non facilmente risolvibili: “… Quanto hanno
contato in noi le parole vere non dette nel tempo? Quanto ci hanno inaridito?...”.
Una corsa nel tempo e contro il tempo partendo dalle minuzie della quotidianità
o dalle riflessioni di memoria eraclitea per azzardare sguardi oltre il
possibile se riferiti alla vicenda umana, alle cose che si sentono prima delle
parole. Una ricerca attenta e puntuale della Bellezza (anche se non
imbrigliabile al comando dell’ego, considerando quel possibile acquazzone
imprevisto che “arriva e sconvolge tutto”); una voglia di cercarla, di
costruirla questa Bellezza, partendo dalla consapevolezza delle brutture del
mondo, dal potenziale della Poesia, dall’etereo oltre il limen entro cui è
costretto il nostro essere, dalla verità dell’esistenza sublimata in canto; sì,
un impegno vòlto a cercare un varco per la felicità. E tanto basta per avere
speranza: “Non escludendo i ricordi, ma estraendo dalla memoria solo quelli che
voglio e li accarezzo col pensiero, perché tutto lascia traccia”. E soprattutto
un volo, un ardito volo verso un m mondo indefinito, vago, ma anche sociale e
umano correlato al desiderio di mutare l’esistere. Un senso di apertura ben
concretizzato in Giorgio, ad esempio, che vede nel mare lo slancio verso una libertà
di romantica memoria, dalle tinte delacroisiane, che si fa simbolo di
aspirazioni non facilmente perseguibili, considerando gli schemi convenzionali
di una società. D’altronde l’animo umano, nei confronti dell’esser-ci limitato
ad un gioco così breve e fatale da
sollevare inquietudini di melanconica natura, è di una profondità tale da dover
scomodare persino Pascal. Per cui si attua un dicotomico contrasto fra
l’aspirazione ad un’ascesa immaginifica senza fine e la concretezza di una
realtà che definisce, limita, e non dà spazio alla inconsistenza del fatto di
essere umani. E la parola è successiva al pensiero, segue un groviglio
interiore che vorrebbe tornare alla luce. Ma è un segno fragile e caduco, una
costruzione morfosintattica virtuale, troppo umana, che non arriverà mai a
tradurre la complessità e la potenzialità spirituale quale quella dell’anima e
del pensiero. Soddisfare desideri di cospicua fattura esistenziale, rispettando,
però, il miracolo di una breve durata: quale simbologia più consona se riferita
alla nostra vicenda; ai suoi interrogativi. Ed è qui che si
incastona la funzione double face del memoriale. Da un lato forza interiore per
prolungare l’esistere; dall’altro, come direbbe Luzi, ricostruzione della
nostra vera storia. Prende appunti, scrive, fissa sensazioni, emozioni,
vicissitudini per renderli il più possibile duraturi: un grande patrimonio
tramite cui riconoscersi, individuare il fuoco vitale, dacché costituito da immagini,
da realtà trasformate: serbatoio di canti e poemi. Quella è la vera vita; è essa
che ha superato la prova dell’oblio, rendendosi degna di restare. Di fatto il
succedersi dei casi è imprevedibile ed è al di fuori e al di sopra delle nostre
congetture. Quanta potenza meditativa di sapore leopardiano in questo passo: “E’
la vita, a volte, a obbligarci verso la strada da percorrere. Trasforma anche
il senso che noi pensiamo di averle assegnato. E’ lei, solo lei, che finisce
per tracciarlo e per imporcelo… Come nel caso di questo giorno festivo. Ogni
domenica dovrebbe essere un ricamo di cuore e portare con sé l’illusione di un
filo colorato… E invece arriva un acquazzone e sconvolge tutto…”. Non è facile
sottrarci alle disillusioni, alle sottrazioni a cui siamo sottoposti momento dopo momento. E’ tutto qui il valore
della poesia, ci dice Sonia. Creare un mondo sconfinato in cui il sogno abbia
la sua buona parte, dacché il sogno è vita, vi si fonde in maniera simbiotica; è
il suo prolungamento, il completamento dell’inattuazione. E’ là che ci
rifugiamo ed è là che tracciamo lo sconfinato azzurro in cui immergere le
nostre deficienze a che si ripopolino di una pluralità esistenziale, sociale e
civile, da cui l’azione, da cui l’impegno, da cui la forza d’animo che
l’onirico spesso motiva. La vita è l’arte dell’incontro, affermava un poeta
brasiliano amico di Ungaretti, Vinicius De Morales; e vita e poesia sono la
stessa cosa. E lo è per Sonia Giovannetti: “La vita non è un racconto ma il tuo
racconto è la mia vita”.
Un’abilità prosastica di alta levatura
in cui un ruolo determinante è costituito da un panismo generoso, ora mansueto
e docile, ora luminoso, ora brumoso e piovoso a concretizzare con puntualità
psicologica personaggi, concetti, aspirazioni che alimentano la narrazione:
“E’
una giornata di primavera, il sole scalda quel poco che può.”, “Sono seduta sullo sdraio del terrazzo che si
affaccia sul mare a respirare quest’aria leggera e odorosa di salsedine.
Aspetto che anche il sole dia il suo addio alla giornata, aspetto che si perda
dietro la linea netta e misteriosa che separa per un istante il cielo dal mare.
Aspetto il tramonto la partenza.”, “E’ morto il sole. La pioggia ha fatto
calare di colpo il sipario su una giornata estiva.”, “Non è neanche una
giornata di sole sereno… Il sole riesce a scaldare anche le giornate più
anonime.”, “Il soffio del vento mi fece ascoltare anche uno stridore forte, giù
nella valle.” Tanti squarci panoramici, dove sembra dominare mare, vento,
pioggia e sole, a introdurre magistralmente partenze, addii, abbracci di vita,
inquietudini, melanconie, illusioni o sortite verso la luce. Un procedimento
narrativo di perspicua valenza analitico-introspettiva dove sequenze di varia
natura si alternano attraendo il lettore. Anche perché vari e articolati sono i
contenuti:
l’amore:
“Risentire l’odore del vento della libertà che mi scorreva nelle vene e correre
insieme a lui, per non farmela scappare ogni volta che tentavano di togliermela”,
l’impegno
sociale: “Nel mondo , i giorni come le notti non hanno la stessa ora e la
stressa purezza. E nella diversità delle ore nel mondo, ci sono occhi di
bambini senza famiglia, senza strada, senza orizzonti. Occhi in attesa. Occhi
immersi in uno stupore solitario che mai sarà cancellato”. Un procedere
anaforico che poggia la penna su quegli occhi che tanto fanno vibrare l’anima.
E
la vita, la vita, la vita… Sì, l’amore della scrittrice per questa sacrosanta
storia. Unica, insostituibile, a cui lei dà tutta se stessa nella speranza di
migliorarla, anche, dal mercimonio che spesso la infanga. Ma quello che emerge
è proprio questo legame indissolubile che Sonia, poetessa e narratrice,
sventola ai quattro venti. Una passione che fa della vita stessa un pozzo a cui
attingere per irrorare un grido da tramandare oltre le magre occasioni della terrena
vicenda.
Il tutto in una scrittura apodittica,
libera, asciutta, brillante, duttile che segue passo passo gli abbrivi emotivi
ora dolci, ora pensierosi, ora
meditativi, ora volitivi, diventandone ancella fedele, corpo rappresentativo.
Una scrittura incalzante, che non dà respiro, senza pause, che tiene avvinto il
lettore, anche perché, in questa avventura miracolosa e al contempo realistica,
ognuno ritrova quella parte di sé da scoprire. Ed ognuno di noi gradirebbe fare
un viaggio simile fra persone, ambienti, e intuizioni per soddisfare desideri
ancestrali con lo scopo di prolungare i giorni in un memoriale ampio e generoso
da donare al Bello, al racconto, al canto:
Vita, vita mia,
non ti consegnerò
domani a Morfeo.
Costi quel che costi.
Nazario
Pardini
02/08/2014
Questo stupendo saggio di Nazario Pardini mi ha letteralmente stregato, così come mi ha stregato "Le ali della notte" di Sonia Giovannetti dopo averne affrontato la lettura. In particolare sono rimasto affascinato dalla dimensione interiore dove la lettura conduce, alla scoperta di una saggezza innata nell'uomo, ma purtroppo dimenticata. Oggi stesso comporrò un saggio che spero possa venire presto pubblicato. Complimenti al Prof. Pardini e congratulazioni alla scrittrice.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Una gioia immensa si è impadronita di me dopo aver letto questo straordinario saggio del Prof. Pardini.
RispondiEliminaQuesta gioia, mista allo stupore, colora e dà calore al senso del mio scrivere. L’autore scrive, ha un’intenzione ma poi il riscontro è lì - in chi legge - perché nessuno mai è in grado di valutare la propria opera. L’autore assiste e si sorprende. La stessa sorpresa che ho provato nel comporre questo libro. Le storie che ho raccontato si sono formate scrivendo. E’ la penna che si fissa sul foglio e aiuta ad ascoltarci, a farci scoprire chi siamo e i nostri limiti. Per me è stato così: ho avuto più consapevolezza di me. Sappiamo bene quanto scrivere sia difficile, scrivere bene costa. Con scrivere bene intendo scrivere con la massima semplicità le cose che si sentono essenziali. Non so se questo intento io lo abbia raggiunto. Di certo, so di mettere in questo tutto il mio impegno, convinta dell’importanza della parola, del rispetto che le si deve, avvertendo il dovere di non usarla mai a caso. Dalla lettura dei grandi imparo ogni giorno. La scrittura non capita semplicemente, la scrittura si forma. E dalle magistrali parole che il Prof. Pardini ha voluto dedicare al mio libro non solo mi sorprendo e gioisco ma imparo.
Grazie.
Sonia Giovannetti
Ringrazio anche Franco Campegiani per le sue parole e la preziosa attenzione.
RispondiEliminaOra posso dire di aver letto anch'io questo testo che non può definirsi romanzo, non può dirsi saggio, non può considerarsi raccolta di racconti. E' una lettura interiore dell'esistenza, che aiuta a entrare nella dimensione della felicità. Una casa sul mare. Una donna che mesce il vino e i ricordi di fronte al respiro inarrestabile della risacca, un rapporto di empatia con la scrittura e la scoperta di quanto sia importante rallentare i ritmi, restituire al tempo la giusta importanza... Sono uscita altra rispetto a me stessa dalla lettura di questo testo , che mi ha insegnato la grazia, la levità, la pazienza e la determinazione... Sonia è la donna che vorrei saper essere!
RispondiEliminaMaria Rizzi