sabato 6 settembre 2014

MARIA RIZZI SU "LA POETICA DI GIACOMO LEOPARDI"


Maria Rizzi collaboratrice di Lèucade

La stessa storia di vita del Leopardi dimostra che egli non aveva attitudine a sprofondare nel cosiddetto 'pessimismo cosmico'. Più d'ogni altra cosa lo dimostra il concetto dell'utopia solidaristica. Già nel 1829 Leopardi scriveva:- La mia filosofia non solo non conduce alla misantropia, ma esclude la misantropia, e tende a spegnere quell'odio che tanti uomini portano ai loro simili, sia abitualmente, sia in occasioni particolari, a causa del male che essi ricevono dagli altri uomini. La mia filosofia fa rea di ogni cosa la natura, e discolpando gli uomini totalmente, rivolge l'odio all'origine vera dei viventi-. Ne La ginestra o fiore del deserto (composta nel 1836), Leopardi giunge a formulare un progetto (o utopia) solidaristica: solo solidarizzando fra loro e confederandosi contro il comune nemico (la natura), e d’altra parte solo mettendo al bando le "superbe fole" e fondandosi su una veritiera analisi delle proprie condizioni e dell’esistenza universale, gli uomini potranno fondare una convivenza civile più umana, salda e duratura. La comprensione per la sofferenza dell’uomo, la fraternità del dolore, il mutuo riconoscimento nell’angoscia della sorte mortale, sono il presupposto per cercare una nuova via per fondare una migliore convivenza sociale, per cercare nei limiti del possibile di arginare le forze negative che dominano la realtà. Io non condivido il concetto di natura - matrigna, ma alla luce dei numerosi scritti dell'artista di Recanati, credo che il suo fosse solo il tentativo di trovare un capro espiatorio... La natura, e la Ginestra lo dimostra, 


GINESTRE
subisce gli eventi quanto gli uomini e reagisce risorgendo... proprio come abbiamo sempre fatto e faremo noi! In effetti, nel corso della sua poetica Leopardi assume un duplice atteggiamento nei confronti della natura: ne sente allo stesso tempo il fascino e la repulsione, in una specie di "odi et amo" catulliano. L'ama per i suoi spettacoli di bellezza, di potenza e di armonia; la odia per il concetto filosofico che si forma di essa, fino a considerarla non più la madre benigna e pia (del primo pessimismo), ma una matrigna crudele ed indifferente ai dolori degli uomini, una forza oscura e misteriosa, governata da leggi meccaniche ed inesorabili (vedi "Dialogo della Natura e di un Islandese"). 
E' questo il terzo aspetto del pessimismo leopardiano che investe tutte le creature (sia gli uomini che gli animali).
Ma in questo momento della sua meditazione il Leopardi rivaluta la ragione, prima considerata causa di infelicità. Essa gli appare colpevole di aver distrutto le illusioni con la scoperta del vero, ma è anche l'unico bene rimasto agli uomini, i quali, forti della loro ragione, possono non solo porsi eroicamente di fronte al vero, ma anche conservare nelle sventure la propria dignità, anzi, unendosi tra loro con fraterna solidarietà, come egli dice nella "Ginestra". Ma, secondo me,  non si può concepire fratellanza senza amare la madre che ci ha generati... Sono molto felice di leggere della "Ginestra", che il nostro Andrea Mariotti memorizzò per intero e recitò in più occasioni. Va detto che il suo aveva carattere di 'monologo interiore' per l'intensità e l'ispirazione che lo caratterizzavano. Dedicò la sua performance ai terremotati giapponesi del 2011 e... fu celebrato, come meritava, con lunghi minuti di applausi. In effetti, per Leopardi, la ginestra è metafora dell’uomo intelligente e consapevole della propria debolezza e inferiorità. Il fragile fiore è contrapposto perciò allo stupido orgoglio degli uomini che si illudono di essere i padroni dell’universo. La ginestra un giorno soccomberà inevitabilmente, come del resto ogni altro essere vivente, alla forza della natura, ma almeno lo farà senza la viltà o senza l’orgoglio di chi pretende di essere immortale. Il fiore, quindi, si rivela infinitamente più saggio dell’uomo, perché non ha la presunzione di volersi sottrarre al naturale corso degli eventi. La poesia, appartenendo al periodo della poetica eroica di Leopardi, è caratterizzata da uno stile più aspro meno equilibrato e non più ispirato dall’ideale poetico del vago e dell’indefinito, ma piuttosto finalizzato a rendere il più energicamente possibile le fastidiose e dure verità sulla vita che il poeta vuole comunicare.

Maria Rizzi




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