RIFERIMENTO A "CLAUDIO FIORENTINI: "POESIA INEDITA"": DEL MESE DI MARZO DEL BLOG
Questa lirica ha provocato in me una riflessione al riguardo della ricerca del senso dell’azione poetica.
Come l’ho letta con calma, riflettendoci mi è venuto in mente il brano nel primo Libro dei Re al capitolo 19 quando si descrive l’incontro di Elia con il Signore. Riporto il testo che uno dei più belli e poetici dell’antico testamento:
(La Voce del Signore) Gli disse: «Esci e férmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.
1 Re 19,11-13
Secondo G. Ravasi, e mi è stato confermato da un mio amico biblista, la traduzione non è esatta. Quando dice “il sussurro di una brezza leggera” in realtà in ebraico risulta come una «voce di silenzio sottile» (qôl demamah daqqah). Elia come si accorge di quel silenzio si copre il volto perché sa di essere al cospetto di Dio. Il tuo testo, che è una bellissima lirica, è secondo me un atto simile a quello che Elia compie nel coprirsi il volto di fronte a Dio. È la presa di coscienza di una potenza creatrice, di una bellezza che prima non c’era e che dopo esiste. È un atto creativo, non una falsa riproduzione del reale, che come ci spiegava F. Campegiani era indegna di essere nella repubblica platonica, ma è “l’ascolto dell’essere” heideggeriano .
Come si percepisce un atto creativo? Solo definendolo attraverso due silenzi, due momenti in cui esso non esiste. L’atto creativo non può appartenere al rumore di fondo dell’universo, che è un brusio continuo senza silenzi. L’atto creativo ha un silenzio, un prima e un dopo. In questo ha una similitudine con il sacro, quello vero che non si aggrappa a nessun “diritto naturale” ma fa parte di quella lotta contro natura che è la nostra ricerca di felicità, quello del quale a volte parla Pasolini quando descrive le borgate romane. Questa tua lirica descrive in parte la coscienza della sacralità della vera poesia, che dal nulla viene ma poi esiste e invade la realtà modificandola. Fa perdere cioè la caratteristica di freddo ronzio continuo alla realtà e le dà colore, calore e vita.
Questa lirica ha provocato in me una riflessione al riguardo della ricerca del senso dell’azione poetica.
Come l’ho letta con calma, riflettendoci mi è venuto in mente il brano nel primo Libro dei Re al capitolo 19 quando si descrive l’incontro di Elia con il Signore. Riporto il testo che uno dei più belli e poetici dell’antico testamento:
(La Voce del Signore) Gli disse: «Esci e férmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.
1 Re 19,11-13
Secondo G. Ravasi, e mi è stato confermato da un mio amico biblista, la traduzione non è esatta. Quando dice “il sussurro di una brezza leggera” in realtà in ebraico risulta come una «voce di silenzio sottile» (qôl demamah daqqah). Elia come si accorge di quel silenzio si copre il volto perché sa di essere al cospetto di Dio. Il tuo testo, che è una bellissima lirica, è secondo me un atto simile a quello che Elia compie nel coprirsi il volto di fronte a Dio. È la presa di coscienza di una potenza creatrice, di una bellezza che prima non c’era e che dopo esiste. È un atto creativo, non una falsa riproduzione del reale, che come ci spiegava F. Campegiani era indegna di essere nella repubblica platonica, ma è “l’ascolto dell’essere” heideggeriano .
Come si percepisce un atto creativo? Solo definendolo attraverso due silenzi, due momenti in cui esso non esiste. L’atto creativo non può appartenere al rumore di fondo dell’universo, che è un brusio continuo senza silenzi. L’atto creativo ha un silenzio, un prima e un dopo. In questo ha una similitudine con il sacro, quello vero che non si aggrappa a nessun “diritto naturale” ma fa parte di quella lotta contro natura che è la nostra ricerca di felicità, quello del quale a volte parla Pasolini quando descrive le borgate romane. Questa tua lirica descrive in parte la coscienza della sacralità della vera poesia, che dal nulla viene ma poi esiste e invade la realtà modificandola. Fa perdere cioè la caratteristica di freddo ronzio continuo alla realtà e le dà colore, calore e vita.
Luca Giordano
Luca, con la tua straordinaria sensibilità hai dato connotati di 'preghiera', nell'accezione più pura, alla lirica di Claudio. E sei ricorso al passo biblico più idoneo. Il silenzio è custode dell'interiorità.
RispondiEliminaCerto, si tratta di un silenzio definito sì negativamente come sobrietà e disciplina nel parlare e perfino come astensione da parole,ma che da questo primo momento passa ad una dimensione interiore: cioè al far tacere i pensieri, le immagini, le ribellioni, i giudizi, le mormorazioni che nascono nel cuore.
Infatti è “...dal di dentro, cioè dal cuore umano, che escono i pensieri malvagi..” (Marco 7,21).
E' il difficile silenzio interiore quello che si gioca nel cuore, luogo della lotta spirituale, ma proprio questo silenzio profondo genera la carità, l'attenzione all'altro, l'accoglienza dell'altro.
Sì, il silenzio scava nel nostro profondo uno spazio per farvi abitare l'Altro, per farvi rimanere la Sua Parola, per radicare in noi l'amore per il Signore; al tempo stesso, e in connessione con ciò, esso ci dispone all'ascolto intelligente, alla parola misurata, E così, il doppio comando dell'amore di Dio e del prossimo, è ottemperato da chi sa custodire il silenzio.
A quel punto si può ripetere, senza timore di cadere nella retorica, l'affermazione di E. Rostand: “Il silenzio è il canto più perfetto, la preghiera più alta”.
In quanto conduce all'ascolto di Dio e all'amore del fratello, alla carità autentica, cioè alla vita in Cristo, allora il silenzio è preghiera autenticamente cristiana e gradita a Dio. Vi sono grata per la profondità delle vostre riflessioni, che inducono a scavare nei meandri dell'anima....
Maria Rizzi