Questa poesia di Claudio Fiorentini, pubblicata su Léucade nel mese di marzo, ha vinto il prestigioso premio IPLAC alla seconda edizione di "Si accende il borgo", a Rocca di Papa...
Complimenti al nostro amico e collaboratore di Lèucade.
Il silenzio
A voi, silenzi che siete tra le parole
e che soli non siete nulla
dedico il mio respiro
a bocca chiusa.
Siete lì senza saperlo, privi di tempo
a dare senso ad ogni poesia, ad ogni racconto.
Chi non vi pronuncia non conosce il valore della notte
della mestizia della morte
e della vita stessa
che solo grazie a voi si riconosce rumorosa.
Silenzi,
non lasciate che il mio canto si privi di voi
perché solo il vostro ritmo
la vostra pazienza
e il vostro essere sempre a disposizione, nell'attesa
sospesi tra un attimo e l'altro
dà un senso a ciò che non ha senso
Aiutatemi a cantare quest'ode muta
facendovi coro di vuoto e nulla
per ricordare che la parola
non esiste senza il silenzio.
e che soli non siete nulla
dedico il mio respiro
a bocca chiusa.
Siete lì senza saperlo, privi di tempo
a dare senso ad ogni poesia, ad ogni racconto.
Chi non vi pronuncia non conosce il valore della notte
della mestizia della morte
e della vita stessa
che solo grazie a voi si riconosce rumorosa.
Silenzi,
non lasciate che il mio canto si privi di voi
perché solo il vostro ritmo
la vostra pazienza
e il vostro essere sempre a disposizione, nell'attesa
sospesi tra un attimo e l'altro
dà un senso a ciò che non ha senso
Aiutatemi a cantare quest'ode muta
facendovi coro di vuoto e nulla
per ricordare che la parola
non esiste senza il silenzio.
Claudio Fiorentini
Fare il vuoto mentale, ascoltare le voci del silenzio: questo, da sempre, il compito del poeta autentico, a prescindere dal necessario lavoro sul linguaggio da svolgere per affinare i propri strumenti espressivi. Ogni spirito creativo, se autentico, sa di doversi affidare al proprio mondo interiore, metaforicamente alla propria Musa. Parola, questa, sacrilega per quanti hanno in odio l'originalità e vorrebbero schiacciare nell'odioso chiacchiericcio mondano l'esperienza creativa. Forse, secondo costoro, di creatività non si dovrebbe parlare neppure, essendo la cultura nient'altro che un mondo di squallide fotocopie, di aridi rifacimenti del linguaggio e del pensiero comuni. Sono certissimo che poeti come Claudio Fiorentini, dediti heideggerianamente all'"ascolto dell'Essere", non sarebbero giudicati "mimetici" da Platone, e di conseguenza condannati a vivere fuori dalla Repubblica. E sono ancora più certo che non verrebbero invitati a tacere (una buona volta, e meglio se una volta per tutte), neppure da quell'orso di Wittgenstein, che invitava giustamente al silenzio chiunque non avesse nulla da dire.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Il rumore del silenzio è l'ossimoro per eccellenza. Il preferito dai Poeti comuni. Ma qui non ci troviamo al cospetto di un artista come gli altri. Claudio Fiorentini è l'originalità, il desiderio autentico, purissimo, di allontanarsi da quello che l'amico Franco definisce in modo superbo 'l'universo in fotocopia'. Egli chiede di ascoltare le pause della vita, nonostante il rumore di fondo, di comprendere quanto le pause e non le parole inutili, grondanti prosopopea, arrivismo, competizioni, siano portatrici di luce. Possiamo nascere alla Cultura solo vergini delle storie inutili, nuovi e disarmati. Nuovi e disarmanti. Didattica e di rara poesia, nonostante il testo asciutto e privo di artifici semantici. Claudio è solo e sempre sostanza. Lo ammiro infinitamente in virtù di tanta capacità di essere e non di apparire! Un caro saluto a tutti!
RispondiEliminaMaria Rizzi
La fiducia nella parola - nella sua sola capacità espressiva / rappresentativa - ha sempre costituito il tratto distintivo più vistoso nel lavoro di Claudio Fiorentini : accettare il rischio e la scommessa di rinunciare all'armamentario retorico per esperire poesia "onesta" di buona memoria modernamente rivisitata è una modalità che non si impara ; è fisiologica e assoluta . In questa circostanza Fiorentini ce ne rende una testimonianza significativa .
RispondiEliminaCon un saluto
leopoldo attolico -
Due figure mi hanno sempre intrigato: il teologo ed il poeta. Entrambi raccontano di cose che non esistono: Dio e l'Anima. Non esistono, ma l'uomo ne è sempre alla ricerca. Una ricerca disperata che strazia l'anima, ma il silenzio aiuta. Grazie Claudio.
RispondiEliminaFranco Rizzi
Sempre interessante la lettura...lei dice nel suo commento ai versi che Dio e l'Anima non esistono...io invece penso che non ci sia nulla di altrettanto reale a questo mondo!
EliminaSiamo così diversi....eppure entrambi siamo attratti dai versi del poeta Claudio Fiorentini.
Un caro saluto....silenzioso e discreto
Orsola Fortunati
il silenzio è il giardino dei poeti, dove passeggiano in compagnia del sussurrare di zampilli di fontana.....il silenzio è la notte stellata, è il cemento che lega le loro parole....è la sfida che lanciano al mondo, fuori, per farlo tacere ed ascoltare, per una volta....grazie Claudio per averlo ricordato! Loredana D'Alfonso
RispondiEliminaClaudio come al solito i tuoi versi mi lasciano con il fiato sospeso...riempiendomi di pieno
RispondiEliminaIo sono una cantante.
RispondiEliminaAmo le parole.
Il suono, il ritmo, l'eleganza, la rotondità o l'asprezza delle parole.
Nel canto ogni parola evoca sensazioni, immagini, atmosfere.
Un bravo cantante sa usare le parole per costruire storie.
Ma non esistono sinfonie o canzoni in cui non ci siano silenzi; essi ci occorrono per meglio comprendere il senso delle parole e dei sentimenti che evocano.
Nella vita di tutti i giorni, sono una donna molto silenziosa e riservata, quasi timida; quando mi accade qualcosa di bello, quando guardo il mio uomo o le mie figlie, resto spesso in silenzio, quasi smarrita dall'intensità dei sentimenti.
Benedetti silenzi...
Orsola Fortunati
Questa lirica ha provocato in me una riflessione al riguardo della ricerca del senso dell’azione poetica.
RispondiEliminaCome l’ho letta con calma, riflettendoci mi è venuto in mente il brano nel primo Libro dei Re al capitolo 19 quando si descrive l’incontro di Elia con il Signore. Riporto il testo che uno dei più belli e poetici dell’antico testamento:
(La Voce del Signore) Gli disse: «Esci e férmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.
1 Re 19,11-13
Secondo G. Ravasi, e mi è stato confermato da un mio amico biblista, la traduzione non è esatta. Quando dice “il sussurro di una brezza leggera” in realtà in ebraico risulta come una «voce di silenzio sottile» (qôl demamah daqqah). Elia come si accorge di quel silenzio si copre il volto perché sa di essere al cospetto di Dio. Il tuo testo, che è una bellissima lirica, è secondo me un atto simile a quello che Elia compie nel coprirsi il volto di fronte a Dio. È la presa di coscienza di una potenza creatrice, di una bellezza che prima non c’era e che dopo esiste. È un atto creativo, non una falsa riproduzione del reale, che come ci spiegava F. Campegiani era indegna di essere nella repubblica platonica, ma è “l’ascolto dell’essere” heideggeriano .
Come si percepisce un atto creativo? Solo definendolo attraverso due silenzi, due momenti in cui esso non esiste. L’atto creativo non può appartenere al rumore di fondo dell’universo, che è un brusio continuo senza silenzi. L’atto creativo ha un silenzio, un prima e un dopo. In questo ha una similitudine con il sacro, quello vero che non si aggrappa a nessun “diritto naturale” ma fa parte di quella lotta contro natura che è la nostra ricerca di felicità, quello del quale a volte parla Pasolini quando descrive le borgate romane. Questa tua lirica descrive in parte la coscienza della sacralità della vera poesia, che dal nulla viene ma poi esiste e invade la realtà modificandola. Fa perdere cioè la caratteristica di freddo ronzio continuo alla realtà e le dà colore, calore e vita.
Luca Giordano