PAOLO
RUFFILLI
Aspetto
sveglio il mondo
Aspetto
sveglio il mondo
nel
momento
del
suo stare più deserto
per
spiarlo meglio
a
cielo aperto
in
ogni suo girone
di
miseria e di splendore
al
vento della pura
esplorazione
e
con l’effetto di imparare
pur
con qualche errore
i
trucchi del mestiere,
per
mangiare e bere
i
molti pasti e succhi
che
si è offerto di darmi
intanto,
bontà sua,
in
concessione
da
provare alternati
nel
piacere e nel dolore.
Istigazione
Agita,
dai,
sommuovi
un poco
la
tua testa
scuotila
come fosse
un
vaso trasparente
così
che possa
fluttuare
su dal niente
qualche
pensiero o sogno
come
pesci nell’acquario
piccole
squame luminose
facili
a specchiare
un
palpito di festa
dentro
il tuo umore
mortuario.
Paolo Ruffilli
Poesia schietta, naturale, che non rifiuta
certamente la musicalità, lo sciogliersi in un lirismo accattivante e scoperto,
giocato anche sull’alternanza di misure ora brevi ora più ampie, ma soprattutto
sull’innesto di endecasillabi spezzati in quinari e settenari. E il poetare si snocciola
in questa duttilità morbida e piacevole.
Una fluidità in balia di un input intento ad assecondare espansioni
emotivo/allusive; vicinanze verbali; configurazioni consistenti e reali:
mangiare, bere; pasti e succhi; piaceri, dolori. Oppure istigazioni a palpiti
di festa dentro umori mortuari. Ma, anche, una decisa virata verso sponde di timbro psicologico tesa a rendere più possibile un mondo troppo umano, dove gli assedi delle inquietudini sono molteplici. Insomma un realismo lirico di forte impatto
emotivo e oggettivante. Un'operazione "musicale" che vibra le sue corde sull'orchestrazione del malum vitae, seppure il poeta cerchi spiragli, improbabili soluzioni, vie di uscita da questa condizione di precarietà della condizione umana. Poesia umanamente vissuta, insomma, in
tutte le dicotomiche contrapposizioni che alimentano il dipanarsi del nostro
vivere. Una varietà di canto complessa nella sua semplicità che si
addice ad un autore fra i più rappresentativi della letteratura contemporanea.
Nazario Pardini
Poesia che esce naturale, ma frutto di studio e di cultura profondamente assimilati. Poesia che si fa canto di vita essenziale, puro, senza fronzoli. Non un verso in più, non uno di meno. Come è nei Grandi. Nei Maestri. Grazie, e complimenti a Paolo Ruffilli.
RispondiEliminaUn aspetto che, a mio modo di vedere, non è stato sufficientemente indagato nella poesia di Ruffilli è che spessissimo o quasi sempre (anche nei testi sopra riportati) l'ultimo verso fa rima con uno dei versi precedenti, non necessariamente vicinissimo -errore/dolore, nel primo caso; acquario/mortuario, nel secondo.- Come ho già scritto altrove,
RispondiElimina"ciò può avere valore, sia pure momentaneamente, conclusivo, cioè può rappresentare la fine del frammento di esperienza espresso nel componimento, il punto fermo di un attimo intensamente vissuto: oppure può legare fonicamente due o più parole in profili segnici che rimandano a significati e aspetti fonosimbolici e metatestuali."
Senza contare -aggiungo- altre rime, anche interne al verso, assonanze e consonanze, richiami fonici di varia natura che stabiliscono e consolidano nella versificazione di Ruffilli una insufflata e quasi concupita musicalità nelle parole e nelle forme della poesia.
Pasquale Balestriere