martedì 30 aprile 2019

FESTIVAL DELLE ARTI I° EDIZIONE - DAL 4 AL 10 MAGGIO


Un festival delle arti che ha organizzato, tutto da sola, Manuela Minelli, tre  mesi di lavoro, potrebbe interessare a molti...
Una cartella stampa virtuale sul tema in oggetto (Festival  delle  Arti - "Apollo, Tersicore, Euterpe e le altre"). 

Siete attesi inoltre al vernissage d'inaugurazione sabato 4 maggio alle 18 al Polmone Pulsante, Salita del Grillo, 21.



Manuela Minelli 
Giornalista - Scrittrice





APOLLO, EUTERPE, TERSICORE E LE ALTRE

LE ARTI SI INCONTRANO AL POLMONE PULSANTE
Festival delle Arti I edizione – dal 4 al 10 maggio


Quattro artisti della tavolozza per un totale di ventidue opere d’arte, ad ognuna delle quali uno dei ventidue artisti della penna…poetica, ha dedicato una poesia inedita, tre attrici teatrali, un violoncellista, una violinista e una magnifica danzatrice. Questi i numeri e i personaggi della I edizione del Festival delle Arti “Apollo, Euterpe, Tersicore e le altre” organizzata dall’associazione culturale Elisir Letterario, che si terrà nello spazio espositivo del Polmone Pulsante, proprio di fronte ai Fori Imperiali, da sabato 4 maggio fino a venerdì 10 maggio, dalle ore 18 alle 22.

Gli artisti Lorenzo Luci, Claudio Gagliardini, Laila Scorcelletti e Sergio Viscardi, pennelli alla mano, inizialmente hanno creato dei quadri sul tema proposto, “Paesaggi interiori in tempi moderni”. Le opere d’arte sono poi state mostrate ai ventidue poeti, nomi noti della Poesia contemporanei, i cui libri sono stati tradotti in spagnolo, inglese, francese e rumeno, che si sono prestati al gioco artistico creando per ognuna delle opere una loro poesia inedita.
In mostra anche quindici teneri, delicati, deliziosi acquerelli dell’illustratrice Giulia Gorga, che ha ritratto dolcissime signorine in tutte le posizioni (asana) dello yoga.

Le tipe di Elisir Letterario, non ancora soddisfatte, chiamando all’opera tutte le Muse, hanno voluto coinvolgere, oltre all’Arte e alla Poesia, anche la Danza, il Teatro e la Musica. Così il 4 maggio, per la serata del vernissage, tra le bollicine frizzanti dei vini di Casale del Giglio e le prelibatezze artistiche, create ad hoc per l’evento, di Mucho Gusto, il pubblico potrà godere anche di alcuni momenti teatrali con l’attrice Cristina Paladino, altri danzati da Giorgia Duro (su coreografie di Gisella Biondo) e altri ancora musicali con il violoncello di Riccardo Viscardi.

Nelle serate del 5,6,7,8 e 9 maggio invece, i poeti, a coppie di due per sera, presenteranno i loro libri, introdotti dalla scrittrice e giornalista Manuela Minelli. (Questi i nomi dei poeti partecipanti: Cinzia Marulli, Terry Olivi, Alessandra Carnovale, Nicola Viceconti, Giovanni Ibello, Marta Telatin, Mariano Ciarletta, Sonia Giovannetti, Maria Teresa Ciammaruconi, Rita Pacilio, Daniela Iodice, Marzia Spinelli, Daniela Basti, Monica Martinelli, Stefania di  Lino, Patrizia Gradito, Anita Tiziana Napolitano, Emiliano Aquilini, Melania Panico, Tiziana Colusso, Tiziana Marini).

Altra serata da non perdere sarà quella del 10 maggio, quando il pubblico potrà godere dei vini della casa vinicola Monti Cecubi, delle tartine artistiche di Mucho Gusto e potrà applaudire le performance interpretate dalle attrici Ombretta Marzi e Anna Dantoni, il violino della dolcissima Federica Quaranta e, ancora una volta, una nuova coreografia danzata da Giorgia Duro, danzatrice del Dance Studio-Dipartimento Professionale Danza. Il tutto a ingresso libero.

“Ho voluto proprio il Polmone Pulsante come location ideale per questa prima edizione del Festival delle Arti “Apollo, Euterpe, Tersicore e le altre” per diversi motivi – spiega l’organizzatrice del Festival, Manuela Minelli – E’ nel cuore della città più bella del mondo, è stato il laboratorio di un artista immenso quale Saverio Ungheri che sentiamo essere presente qui con noi, è aperto alla sperimentazione di qualsiasi forma d’arte e il suo padrone di casa, Andrea Ungheri, promuove da sempre eventi culturali con le sole sue forze e con grande impegno. Inoltre in queste sale si respirano un’energia e delle vibrazioni particolari, certamente dovute alla storia e alle storie che il Polmone Pulsante custodisce da secoli. Senza contare che qui dentro sono passati innumerevoli esponenti della cultura e dell’arte, da Emma Bonino a Carlo Lizzani, da Liliana De Curtis a Dacia Maraini, da Giuseppe Arcidiacono a Bruno D’Amario, e tantissimi altri”. 

In ognuna delle serate del festival il padrone di casa Andrea Ungheri, figlio del compianto artista Saverio Ungheri (che fu uno dei protagonisti dell'arte contemporanea italiana del ‘900 e nel 1959, e che insieme a Sante Monachesi, Claudio Del Sole, Sandro Trotti e Grazioso David, fondò il movimento "Astralista" e ne scrisse il primo manifesto), condurrà il pubblico in una visita guidata nei sotterranei del Polmone Pulsante, nella Suburra (da “sub urbe”, zona cioè più bassa rispetto a quella della città), accanto ai Mercati Traianei, un luogo che ha dell’incredibile poiché ospita decine di opere d’arte di Ungheri padre, espressioni di quella che l’artista chiamava Arte Bionika, realizzate negli anni tra i ’50 e gli ’80, con materiali di recupero, tutte … pulsanti di vita perché si muovono e si illuminano per mezzo di congegni meccanici. Antichi cavalieri spaziali, una donna a metà che emerge da uno scheletro di pianoforte, uomini fatti di marmitte, conchiglie fossili che emettono luce e perfino il Sacro Graal che con misteriosi movimenti propaga sbuffi di vita eterna.
E poi "lui", il grande Polmone Pulsante, ovvero l’installazione simbolo del pensiero artistico di Saverio Ungheri che accoglie chi osserva con il suo respiro bioniko. Attraverso il movimento e il suono si percepisce il senso del battito e del respiro, l’aria che entra e che esce dalla membrana di gommapiuma, crea un ponte di passaggio fra l’uomo e l’arte uniti in unico respiro senza tempo. E non si può non menzionare la gigantesca mantide religiosa metallica che chiude il percorso e che ha involontariamente dato vita a una storia molto romantica, che Andrea Ungheri ama raccontare durante la visita. Nei sotterranei del Polmone si possono ammirare anche i resti dell’antica chiesa di S. Salvatore de Militiis" del X-XI Sec.D.C. che prende il nome dalla vicina Torre delle Milizie, il lavatoio, la sala del pozzo che ha ancora acque sorgive che confluiscono al Tevere, con tracce di un affresco.
Un’altra sorpresa è la Sala dell’Affresco “Mural Time And Energy”, inaugurata lo scorso gennaio alla presenza di autorità messicane e romane, dove l’artista Federico Kampf insieme ad un team composto dagli artisti messicani  Antonio Niet, Rodriguez e Daniel Calderon e dagli artisti italiani Alessandra Noce e Davide Mancini, ha lavorato per mesi, realizzando un murales di circa 50 mq a tutta campitura, soffitto incluso, come simbolo di scambio interculturale e valenza dell’arte come linguaggio universale.

Il programma di “Apollo, Euterpe, Tersicore e le altre”, completo di date e orari, si può consultare alla pagina FB:  https://www.facebook.com/events/670423500078099/?active_tab=discussion

Oppure sulla locandina del Festival.

Per chi volesse saperne di più sul Polmone Pulsante:  https://www.polmonepulsante.it



Sergio Viscardi: recupero mnemonico

Laila Scorcelletti: La Baccante


Lorenzo Luci: Dinner  vith keith


Claudio Gagliardini: Madness


APOLLO, TERSICORE, EUTERPE E LE ALTRE
Festival della Arti al Polmone Pulsante
Salita del Grillo, 21
4 – 10 Maggio 2019 – Mostra sul tema “Paesaggi interiori in tempi moderni”
Aperta tutti i giorni dalle 18 alle 22
 


Elisir Letterario presenta la prima edizione del Festival delle Arti “Apollo, Tersicore, Euterpe e le altre”, in cui quattro artisti di differenti età, formazione e produzione artistica esporranno le loro opere nelle sale superiori del Polmone Pulsante (Salita del Grillo, 21 – Roma), nello splendido scenario dei Fori Imperiali di Roma.
Ventidue opere, tutte differenti tra loro, ma tutte ispirate al tema Paesaggi interiori in tempi moderni.

Ventidue poeti, uno per ogni opera pittorica, hanno creato le poesie ispirate dal quadro che loro stessi hanno scelto, così da avere ventidue liriche stampate e sistemate sotto ogni opera.

Nella serata d’inaugurazione l’attrice Cristina Paladino aprirà il festival con un monologo sul tema proposto, il violoncellista Riccardo Viscardi interpreterà dei brani musicali live, mentre la danzatrice Giorgia Duro del Dance Studio Dipartimento Professionale Danza, si esibirà in una danza che interpreta il tema del festival, su coreografie di Gisella Biondo.

Nella serata di venerdì 10 maggio, chiuderanno il festival le attrici Ombretta Marzi e Anna Dantone, la violinista Federica Quaranta e ancora una volta la danzatrice Giorgia Duro.


Gli artisti partecipanti sono: Claudio Gagliardini, 55 anni; Lorenzo Luci, 27 anni; Laila Scorcelletti, 59 anni; Sergio Viscardi,  63 anni.

I poeti partecipanti sono: Cinzia Marulli, Terry Olivi, Alessandra Carnovale, Nicola Viceconti, Giovanni Ibello, Marta Telatin, Mariano Ciarletta, Sonia Giovannetti, Maria Teresa Ciammaruconi, Rita Pacilio, Daniela Iodice, Marzia Spinelli, Daniela Basti, Monica Martinelli, Stefania di  Lino, Patrizia Gradito, Anita Tiziana Napolitano, Emiliano Aquilini, Melania Panico, Tiziana Colusso, Tiziana Marini.

Le attrici partecipanti sono: Ombretta Marzi, Cristina Paladino, Anna Dantone.

La danzatrice partecipante è Giorgia Duro del Dance Studio – Dipartimento Professionale Danza.
I musicisti partecipanti sono: Riccardo Viscardi, violoncellista e Federica Quaranta, violinista.

Conduttrici delle serate Manuela Minelli e Laila Scorcelletti.

Le ventidue opere in mostra nella settimana del festival, rappresentano le ultime produzioni degli artisti e i loro…paesaggi interiori.
Claudio Gagliardini, già abile fotografo, artista autodidatta, che ha al suo attivo numerose mostre su territorio romano, pone in evidenza i tormenti cerebrali che possono risolversi in un percorso di purificazione che porta poi alla liberazione.
Il giovane Lorenzo Luci, terminati gli studi artistici, inizia a produrre opere dove il colore la fa da protagonista, opere in cui si possono ravvisare tanti simbolismi, da Giordano Bruno al libro Tibetano dei morti, dove talvolta possono essere presenti grifoni, serpenti e animali mitologici, giocando tra miti e archetipi, tra sacro e profano, come nell’ultima cena sullo stile di Keith.
Laila Scorcelletti, unica presenza femminile in questo poker d’artisti, crea con la penna biro paesaggi interiori arabeggianti, sguardi sensuali di donne velate, in cui si indovina il dolore di un amore ormai perduto.
Sergio Viscardi, scultore e pittore, gioca anche lui sul colore, proponendo opere tridimensionali, che “escono” dal quadro, come prolungamento del pensiero che vuole colpire chi guarda.
La mostra “Apollo, Tersicore, Euterpe e le altre” resterà al Polmone Pulsante per un’intera settimana, dal 4 al 10 maggio.



               PROGRAMMA PRESENTAZIONI POETI E POESIE
N.B. il programma potrebbe subire piccole variazioni di orario


POETI PARTECIPANTI: Cinzia Marulli, Terry Olivi, Alessandra Carnovale, Nicola Viceconti, Giovanni Ibello, Marta Telatin, Mariano Ciarletta, Sonia Giovannetti, Maria Teresa Ciammaruconi, Rita Pacilio, Daniela Iodice, Marzia Spinelli, Daniela Basti, Monica Martinelli, Stefania di Lino, Patrizia Gradito, Anita Tiziana Napolitano, Emiliano Aquilini, Melania Panico, Tiziana Colusso, Tiziana Marini.

Domenica 5 Maggio – Ore 18,30: Giovanni Ibello presenta Melania Panico e Melania Panico presenta Giovanni Ibello;
Ore 19,45: Cinzia Marulli presenta Nicola Viceconti e Nicola Viceconti presenta Cinzia Marulli.

Lunedì 6 Maggio – Ore 18,30: Anita Tiziana Napolitano presenta Daniela Iodice e Daniela Iodice presenta Anita Tiziana Napolitano;
Ore 19,45: Daniela Basti presenta Tiziana Marini e Tiziana Marini presenta Daniela Basti.

Martedì 7 Maggio
Ore 18,30: Terry Olivi presenta Emiliano Aquilini e Emiliano Aquilini presenta Terry Olivi.
Ore 19,45: Patrizia Gradito presenta Tiziana Colusso e Tiziana Colusso presenta Patrizia Gradito;

Mercoledì 8 Maggio – Ore 18,30: Maria Teresa Ciammaruconi presenta Alessandra Carnovale e Alessandra Carnovale presenta Maria Teresa Ciammaruconi;
Ore 19,45: Marzia Spinelli presenta Monica Martinelli e Monica Martinelli presenta Marzia Spinelli.

Giovedì 9 Maggio – Ore 18,30: Rita Pacilio presenta Mariano Ciarletta e Mariano Ciarletta presenta Rita Pacilio;
Ore 19,45: Sonia Giovannetti presenta Stefania di Lino e Stefania di Lino presenta Sonia Giovannetti.



SPONSOR che sostengono IL FESTIVAL DELLE ARTI
DAL LINK DEL FESTIVAL
                            
 


                                                                                
                  

lunedì 29 aprile 2019

MARISA COSSU: "UNA MEDITATA RISPOSTA ALLE CRITICHE DI G. LINGUAGLOSSA"


Una meditata risposta alle critiche di G. Linguaglossa, 
di Marisa Cossu.
Marisa Cossu,
collaboratrice di Lèucade

Ritorno sull’argomento, dopo alcuni mesi, alquanto stimolata dalle critiche inadeguate e scarsamente solide, di G. Linguaglossa che insiste a criticare, non proprio serenamente, la poesia del grande Nazario Pardini. Già qualche tempo fa sono intervenuta sull’argomento;  pensavo che la polemica, il confronto, si sarebbero esauriti spontaneamente, data l’inconsistenza pretestuosa delle tesi del Linguaglossa, tra ottiche filosofiche,  psicanalitiche e  sociologiche.
 “Per la poesia di Pardini è come se la civiltà tecnologica e lo sviluppo capitalistico non ci fossero mai stati, sono semplicemente ignorati”, scrive Giorgio Linguaglossa in una nota sul Blog letterario “ L’ombra delle parole”.  E continua il critico, definendo la poesia di Pardini priva di una valenza critica rispetto alla civiltà della crisi in cui siamo immersi.
Pardini sarebbe, quindi, estraneo ad un  ideologema paleo-capitalistico e ciò   aggraverebbe il tormentato rapporto del pensiero poetico con la tradizione, snodo cruciale per giungere ad una nuova poesia e poi, ad una nuova ontologia. Con un gruppo di seguaci, il critico letterario propone e giudica arbitrariamente positiva  l’esperienza in cui si dipana con la sua ristretta corrente di sostenitori; tuttavia ad una attenta lettura, la nuova moda che indossa abiti di ricerca sofferta e fondata sui concetti propugnati dal Linguaglossa nel saggio Critica della ragione sufficiente, si rivela debole sia sul piano del significato che del significante, mentre per quanto riguarda l’ontico e l’ontologico non si riesce ad inquadrare in Heidegger, citato, né in altri studiosi coevi la motivazione cruciale di tali comportamenti linguistici e ideologici; inoltre molte composizioni degli autori di questa corrente, appaiono come liste di osservazioni, slegate e frammentate, una corsa verso il non senso. Propongo questi versi, appartenenti ad un lungo elaborato:

Distico
“La foto di Degas
Vicino a un grande specchio

Nella foto di Degas si vede
Mallarmè.

È in piedi contro il muro
Renoir è sul sofà.

Nello specchio (come fantasmi)
Lo stesso Degas (con la sua camera)

E la moglie di Mallarmè (con sua figla)
Paul Valerj entra dopo lo scatto

Ora guarda la stampa che Degas
Gli ha regalato…”
(G. Rago)

¶È lecito chiedersi, se questa possa assurgere a dignità poetica e non si comprende come possa anche lontanamente essere accostata agli antichi distici elegiaci, alla metrica barbara o ad una prosa lirica pregna di empatia.
Mi chiedo se questa sia poesia o se essa non concorra invece, alla distruzione della poesia stessa. “ la poesia va lasciata in pace dai detrattori, dagli illusi  e da tutti coloro che non sapendo comporre, la riducono a un linguaggio di tutti  i giorni” (Ninnj Di Stefano Busà)
In pratica non si comprende come possa essere considerata poesia quella che scaturisce dall’immediatezza oggettiva dell’ontico, un esistente freddo e inespressivo, elencato, privo di emozioni, e sia, per contro, da considerare antica e superata, la poesia che nasce sorprendentemente, nonostante la durezza della società contemporanea e la sua rarefatta consistenza, dalla consapevole maturazione di idee e valori che, senza elidere il moderno, scoprono la bellezza nella classica tradizione letteraria.
Una grande disarmonia, quindi tra gli individui, le loro relazioni, il rapporto con i primari valori dell’esistenza Origina qui la crisi che, secondo Il Linguaglossa, è “causa efficiente” della NOE.
La ricerca di una innovazione non sorretta da sostanziali input etici, di alterità ed estetici, è destinata a compiersi nel disfacimento della poesia, che alcuni definiscono “morta”.
Si comprende, invece, che si senta il bisogno di un rinnovamento della poesia, che deve essere riportata al centro di un  il discorso su di essa per l’elaborazione di un progetto che riaffermi l’unitarietà del processo creativo, nell’onestà e nella forza della parola coincidenti con il proprio significato. La poesia dei secoli venturi ha bisogno di un Progetto vasto sul quale è lecito interrogarsi e manifestare le idee che lo sottendono.
 Non si dovrebbe considerare la poesia spezzettata in compartimenti correntistici perché essa è una e origina dal “complesso ingranaggio cuore-cervello”.
Recenti studi di neuro estetica affermano che siano verificabili con strumenti tecnologici le modificazioni del cervello durante l’esposizione all’opera d’arte; ma per registrare l’accendersi di una fiammella, devono intervenire emozioni, reazioni, sentimenti, scavo e una inspiegabile capacità di riconoscere i sintomi del bello.
Di fronte alla Natura l’uomo non ha mutato il suo atteggiamento di accogliente e sofferta comunicazione: il filosofo non è un poeta perché indaga sulla realtà conoscibile mediante la ragione e i sensi. Il poeta va oltre anche usando il più moderno dei linguaggi, e non è detto che la parola riesca sempre ad elevarsi e a volare al di là de foglio su cui è scritta. La poesia non è morta perché alcuni poeti contemporanei, sono pronti ad offrire un potente contributo alle poetiche dei giorni a venire e lo fanno, come il grande Nazario Pardini, costruendo ponti tra la tradizione e la modernità con l’onestà, la purezza e la profondità delle parole che suscitano emozioni, recuperano la memoria, rendono viva una interiorità che ha radici nel vissuto e nel miraggio.
Se poi queste opere accettano di confrontarsi con regole compositive, e si parla di metrica apprezzata e riscoperta come perla rara nel mondo indifferenziato   dell’improvvisazione, bisogna chiedersi quale profonda commozione metta in contatto le conoscenze culturali con i bisogni comunicativi del poeta. In Nazario Pardini è tutto chiaro:  si tratta di amore per l’Arte, ispirazione viva, soffio che comprende, trasfigura ed eleva la parola a quella funzione sacra e sociale che mai dovrebbe essere trascurata quando si vuol comunicare l’interiore meraviglia verso l’infinito inconoscibile.
Si tratta di Poesia, quella che fa battere il cuore abituato a tanta bruttezza e che attrae per il messaggio del bello trasmesso attraverso un linguaggio chiaro e fluente, una versificazione armoniosamente sorretta da endecasillabi e settenari e da figure poetiche rilevanti.  In Nazario Pardini si dipana chiaramente il rapporto tra Poesia e Tempo: il linguaggio del Nostro è tempo eternatosi in atmosfere, colori, suoni, visioni interiori, luci, ombre, musica del verso, che fuori dalle gabbie di mode e di correntismi, svela il grande e nobile portato poetico dell’Autore. Il vuoto del Pardini è pieno di profumi, di tempo, d’amore, di rinascite nella natura e nell’armonia. Qui il nulla non esiste il caos si ricompone, gli opposti trovano spiegazione, perché la poesia è dappertutto, la poesia è la vita, è il mare, non c’è la “non poesia”, concetto alquanto artificioso da utilizzare per testi non comunicativi, astrusi, ad effetto a tutti i costi. Il Pardini per tutta la vita ha conservato una costante e motivata coerenza personale e poetica, non è mai sceso a compromessi, a giri di parole, a pseudo studi falsamente eruditi. Nazario Pardini è un uomo libero, così come è libera tutta la sua vasta produzione poetica. Così egli si conferma essere non un qualsiasi intellettuale, ma  un Maestro accogliente e generoso. Lasciamo l’aria fritta degli alti studi a coloro che la poesia praticata e sofferta, vedono e non vedono da molto lontano.

Marisa Cossu


domenica 28 aprile 2019

PAOLO BUZZACCONI, RELAZIONE SU: "ARTEMISIA E GLI OCCHI DEL DIAVOLO" DI B. SACCO


                Relazione su “Artemisia e gli occhi del diavolo” 
di Bruno Sacco
Paolo Buzzacconi,
collaboratore di Lèucade

L’idea di presentare un romanzo sottolineando le sue caratteristiche, ma sorvolando sui momenti salienti per non togliere ai lettori il piacere della scoperta inizialmente mi ha creato un po’ di apprensione. Invece mai come in questo caso mi è facile parlare in modo esaustivo di un opera senza vedermi costretto a svelare troppo della trama. Il merito è dei numerosi elementi che arricchiscono l’insieme, elementi che al di la della narrazione danno vita a un caleidoscopio di nozioni ed emozioni quanto mai avvicenti. “Artemisia e gli occhi del diavolo”, di Bruno Sacco, riesce ad essere allo stesso tempo fedele ricostruzione di un’affascinante pagina del passato, appassionata tratteggiatura dei segreti, dei colori e del carattere di una Napoli meravigliosa ed importante testimonianza dello status sociale delle donne nel 1600. Ed ancora, la sua lettura ci accompagna nei luoghi, nelle tecniche e nelle correnti artistiche dell’epoca attingendo dal pregevole bagaglio culturale dell’autore, che ci racconta gli eventi attraverso i dialoghi e le gesta degli artisti stessi, da lui resi vivi e reali e inseriti perfettamente nel contesto sociale e culturale dell’epoca. Ecco, è proprio in questo aspetto che io vedo il valore aggiunto di quest’opera, nel prezioso lavoro di ricerca con cui l’autore ha cercato di ricostruire  i tasselli mancanti della biografia della famosa pittrice romana Artemisia Gentileschi, di cui le cronache ufficiali perdono le tracce nel 1630. Con un attento lavoro di indagine e avvalendosi sia della datazione che dell’ubicazione delle opere della pittrice e dei suoi colleghi contemporanei l’autore formula delle ipotesi di frequentazione quanto mai realistiche e su queste articola il progetto narrativo, in una sorta di ricostruzione “archeologica” dei fatti. Emblematica in tal senso la descrizione di un incontro avvenuto tra lei e il maestro Massimo Stanzione nel convento dei Teatini, ipotesi avvalorata dalla notevole somiglianza tra un autoritratto di Artemisia e il viso della celebre “Cleopatra” dipinta dal grande pittore napoletano.  Il risultato del suo lavoro è talmente convincente da suggerire il seguente quesito: fino a che punto è giusto dar credito alle cronache ufficiali, che potrebbero aver subito una “revisione”  di parte e non affidarsi invece a una ricostruzione che si avvale di dati certi e obbiettivi? Lascio a voi il compito di suggerire una risposta, io mi limiterò a sottolineare il comune denominatore che lega tra loro i tanti aspetti presi in esame: il fascino. Il fascino di un diciasettesimo secolo dove i grandi cambiamenti della società e del pensiero si esprimono attraverso l’arte e la cultura , il fascino dell’eterno scontro tra il bene e il male in un periodo caratterizzato dalla violenza dell’inquisizione e dal peso della censura, il fascino di una città pervasa di magia e di umanità, il fascino di una figura femminile dotata di un coraggio e una determinazione impensabili per quell’epoca ed infine il fascino degli splendidi incisi filosofici che l’autore ci regala per voce dei suoi protagonisti. Ve ne cito testualmente alcuni tra i tanti: “Gli uomini tendono a distruggere ciò che non riescono a capire”, oppure “ Quello che accade nell’intimo di uno solo può accadere in ognuno di noi” e ancora “ Il pensiero represso dilaga più fortemente. L’errore, quando c’è, va combattuto con le armi della dottrina e della ragione” ed infine una splendida citazione in vernacolo “Nun simme nuje a scegliere che vita avè, ma ’a terra addò nascimmo e campammo…” . Delle vere perle di saggezza, delle verità coniugabili con il contesto di allora quanto con quello di oggi. Profonde ed affascinanti, poi, le considerazioni sulla sua amata Napoli, definita come “ un mondo che esplode di problemi reali e brulica di fenomeni irreali o incomprensibili…  dove attecchisce tutto ciò che altrove sarebbe destinato a sparire” una Napoli culla di atmosfere talmente uniche da far chiedere alla protagonista “ se per caso non fosse la previdenza della natura quella di creare i presupposti necessari per il carattere napoletano, per quel buonumore dominante altrimenti inspiegabile in un contesto sociale così stento a precario”. Le descrizioni della Napoli seicentesca si fanno vere e proprie pennellate poetiche, inserite qua e la durante la narrazione. Dall’immagine dei vestiti stesi nei vicoli dei quartieri popolari, descritti come “… miseri panni lavati, policrome bandiere della povertà impegnate a contendersi i raggi di uno stento sole” a quella del mare al tramonto “ormai immerso nel grigio perla di un silenzioso crepuscolo, ma prossimo a rinnovarsi di luce all’avvento del bagliore lunare che sta per proiettarsi sulla superfice, risalendo lentamente dall’abisso”. Per non parlare poi dei palazzi, delle chiese e dei paesaggi incantevoli del circondario dove la storia si snoda, scenari che l’autore riproduce con un realismo e una dovizia di particolari straordinari. Ma concentriamo la nostra attenzione su Artemisia, la vera protagonista del romanzo, una donna colta e bellissima, un’artista straordinaria in grado di trasferire nelle sue opere quella forza, quel coraggio e quella volontà di indipendenza dimostratati più volte nel fronteggiare le sue vicessitudini personali, caratteristiche che ne hanno fatto un naturale esempio ante litteram di femminismo. Chi era in realtà? Artemisia Gentileschi nasce a Roma nel 1593 nel quartiere Campo Marzio, dove riceve il battesimo nella chiesa di San Lorenzo in Lucina. Figlia di Orazio Gentileschi, apprezzato pittore al servizio di importanti famiglie nobiliari romane e a ammiratore del Caravaggio, e di Prudenzia Montone, che muore di parto nel dare alla luce il sesto figlio lasciandola orfana di madre a soli dodici anni. Il padre ne intuisce subito  le potenzialità artistiche e le insegna i fondamenti dell’arte pittorica, nonostante a quell’epoca la pittura fosse considerata una prerogativa esclusivamente maschile. Con l’intento di affinare ulteriormente le sue competenze le affianca come maestro di prospettiva il suo collega Agostino Tassi, che approfittando della fiducia in lui riposta e della giovane età di Artemisia – all’epoca diciassettenne – dapprima la violenta e poi continua per ben nove mesi ad approfittare di lei illudendola con la promessa di un matrimonio riparatore in realtà impossibile, in quanto lui è già sposato. Quando l’inganno viene scoperto la giovane e il padre denunciano il Tassi, ma durante il processo la povera Artemisia viene raffigurata non come vittima, ma come donna di facili costumi e costretta a umilianti visite ginecologiche e addirittura per dimostrare che dice il vero deve sottoporsi alla tortura della sibilla. La sibilla era un supplizio studiato dall’inquisizione appositamente per i pittori, a cui venivano legate i pollici con delle cordicelle che venivano poi serrate fino a stritolare le falangi, ipotesi disastrosa per chi lavorava con i pennelli. Ma questo non fa che rafforzare il carattere fiero della donna, che affronta tutte quelle malvagità senza mai ritrattare la sua versione fino a che il processo le da ragione e il Tassi viene condannato. Ovviamente questo episodio segna in modo indelebile il futuro di Artemisia e il suo rapporto con il genere maschile da allora rimarrà conflittuale, nonostante il matrimonio che il padre le combina poco dopo con il pittore Pierantonio Siattesi di Firenze, dove si trasferisce. Firenze l’accoglie a braccia aperte consentendole addirittura – prima e unica donna a quei tempi  – l’accesso all’Accademia delle arti del disegno, dove ha modo di conoscere personaggi del calibro di Michelangelo Buonarroti e Galileo Galiei. Nel 1620 Artemisia dipinge la seconda versione di una delle sue opere più belle, la famosa “Giuditta che decapita Oloferne” oggi conservata agli Uffizi, l’immagine in cui molti critici vedono la sua vendetta “virtuale” su Agostino Tassi, esattamente quella che il nostro autore ha scelto come immagine di copertina. Ma la parentesi fiorentina non dura a lungo, così come la serenità coniugale e nonostante la nascita della figlia (Palmira)  nel 1621 Artemisia lascia il marito e si sposta prima a Genova, poi a Roma e dopo una breve permanenza a Venezia nel 1630 arriva Napoli. Ecco, da questo preciso momento inizia il romanzo di Bruno Sacco, che intreccia sapientemente la realtà storica con personaggi realmente esistiti, altri di sua creazione e altri ancora figli dell’immagginario popolare in un crescendo di incontri e colpi di scena. La realtà partenopea per Artemisia sembra essere il luogo ideale dove poter esprimere la sua arte e la sua personalità, ma proprio quando crede di essersi liberata dei fantasmi del passato e aver ritrovato l’amore un destino crudele torna a porre al centro della storia la dolorosa vicenda della violenza subita, che sarà usata vigliaccamente come arma di ricatto per costringerla a realizzare un’opera che potrebbe costarle la carriera, se non addirittura la vita. Riuscirà Artemisia ad evitare tale minaccia? E le forze del bene trionferanno finalmente contro quelle del male? C’è solo un modo per saperlo: tuffarsi nelle pagine di questo splendido romanzo e lasciarsi accompagnare tra i segreti della Napoli del seicento.
                                                                                                 Paolo Buzzacconi

MARCO DEI FERRARI: "PASQUA 2019"

Marco dei Ferrari,
collaboratore di Lèucade


Pasqua, rinascita, mistero, vita, morte, e stragi, e lamenti e sordità crudeli di potenti sapienti ignoranti. Ipertrofia verbale, concatenazione di aggettivazioni significanti, segmentazioni di suoni e lessemi, di invenzioni e iperboli, di ricami e suggestioni. Tutto in un insieme che tocca e fugge, che accoglie e libera, che amalgama e scioglie per un uomo fattosi martire per gli uomini che   “per tutti Solo, per pochi Unico/ di fede d'ardore smarrito/ritorno per quando mistero/Pasqua rinnovando posticipa.”
Questo è Marco dei Ferrari: è qui in questi giochi verbali, in queste astuzie incrociate, in questo riverbero di eroi germogliati, in questo esubero di morti apparenti, in questo stilema di incastri emotivi. E tutto fa e dice; e tutto dice, chiama; e tutto abbraccia e libera, e tutto tiene e dona fino a svuotare l’anima che come una gronda a fine pioggia continua a gocciolare facendo tic-tac sul selciato. E noi l’amiamo per il suo abbondante messaggio augurale……     

Nazario Pardini

Pasqua 2019

Germogliano eroi di scienze vuote
disperano ricerche per solchi
aperte tracciando chimere
dal Cristo confinato proliferi di piazze
e stragi e lamenti e sordità crudeli
di potenti sapienti ignoranti
affondano... illudono... offendono
proclamano viventi morti apparenti
giorni, secoli, quotidiani caduchi
speranze nel Figlio orma di spirito in carne
metamorfosi ardita su crocifisso ardente
fiamme e ceneri onore di nascita dal buio risorta
per tutti Solo, per pochi Unico
di fede d'ardore smarrito
ritorno per quando mistero
Pasqua rinnovando posticipa.

Marco dei Ferrari

M. LUISA TOZZI: "DALL'INDIA A LAMPEDUSA. SOSTE DI VIAGGIO" DI ESTER CECERE


Dall’India a Lampedusa. Soste di viaggio”, Racconti

Ester Cecere,
collaboratrice di Lèucade

Se l’opera di Ester Cecere riporta alla classicità narrativa (a Cuore di De Amicis, ad esempio) e alla tradizione orale, con un’intelligente contaminazione dei due generi, la sua forza si dichiara con una provocazione culturale, che interroga l’indifferenza, la superficialità, il viaggio mediatico.
Il dire di Cecere si snoda lentamente, nella pur fitta descrizione dei luoghi incontrati; è didascalico; ripassa, nei particolari meraviglianti, remoti alla nostra quotidianità, un susseguirsi di vicende, senza tuttavia creare aspettative romanzesche, orientate ad una conclusione: ciò che è raccontato - emarginazione, spiritualità, povertà, bellezza dei luoghi, frastuono - costringe a dare importanza alle cose essenziali; all’uomo.
Il rovistare paziente e vigile nella miseria, inconcepibile per l’Occidente, giustifica soste curiose - profonde in disponibilità, partecipi in generosità - e accompagna intenzionalmente (quasi un passa parola sulla povertà più povera) il lettore, con delicatezza e trasporto affettivo, al problema di fondo.
Il racconto, anche sotto il profilo letterario, si fa dunque complice di un’oralità, che, in apparenza tramontata, potrebbe offrire soluzioni per ricostruire il cerchio della comunicazione.
Nelle favole, il solutore magico era colui che aboliva la mancanza, ragione del viaggio e delle aspettative del protagonista; qui la forza magica del cammino e della soluzione sono un tutt’uno con l’autrice, sicura nel trasmettere concretamente fiducia all’uomo, pur davanti all’indifferenza disperata di un mondo globalizzato.
L’opera è da proporre come lettura meditata nella Scuola: e per gli inevitabili accostamenti letterari e per la valenza multidisciplinare; ma soprattutto per l’indagine, imprescindibile, sugli attuali stili di vita; per un’educazione, cioè, che induca a superare i propri recinti e a far comprendere avvisaglie, che sono sull’uscio di casa, battono insistentemente alla porta.

Maria Luisa Tozzi

sabato 27 aprile 2019

LORETTA ZOPPI COMMENTA: "PAROLE NON DETTE" DI N. PARDINI


Caro Professore, questo commentino l'ha messo oggi  nel  mio gruppo una signora. Non è  dotto, ma è sincero, si sente già dall'introduzione...nel  gruppo non ci sono solo  professori, c'è anche gente  semplice  che non  ha studiato tanto ; Loretta ha scelto questa poesia, quella che ha colpito il suo  cuore. 
QUALCOSA SU...NAZARIO PARDINI 
Lidia Guerrieri 


PAROLE NON DETTE

Quanti di noi non hanno fatto a tempo
a dire al padre, alla madre o al fratello
frasi rimaste dentro, non uscite:
“Ti voglio bene, scusami, perdono….
Andiamo insieme oggi a passeggiare.
Quella via che un giorno ci portò
alle mura di una casa stretta
è sempre là che aspetta il nostro sguardo.
Andiamo, andiamo, padre, ne ho bisogno…”.
Torneranno improvvise quelle frasi
prima che il sonno giunga; e come un’eco
rimbomberanno da una stanza all’altra,
per non darti riposo: proveranno
a ritrovare il volto di chi c’era
per giungere alla fine nell’alcova.
Costruiranno scale per toccare
sguardi rimasti in ansia ad aspettare
parole non finite, scolorite
che girano ancora in mezzo alle intemperie
senza trovare il posto; senza posa.
E noi gridiamo al vuoto il nostro male,
lo spleenetico ingombro che ci assale.
È inutile gridare! O sperare
nei sogni per poterci riprovare.
Facciamolo da vivi, quando loro
ti guardano con ansia nell’attesa
di un qualcosa che tu e solo tu
potrai donare. Tornassero in vita
quei padri, quelle madri o quei fratelli
che cosa pagheresti! O non faresti
per poterti liberare del fagotto
che non ti fa dormire.
“Volesse il cielo che…”, se l’hai presenti
fissali intensamente, dagli il cuore,
parlagli di tutto; non lasciare
che quelle tre parole non uscite
restino senza tempo, a navigare
perdutamente in mezzo a un grande mare
sperdute, spaesate, sbatacchiate
dai venti e dai salmastri; e impaurite
senza mittente senza compagnia
tornino a casa stanche a farti male.

Commento di Loretta Zoppi

Ho scelto questa poesia perché mi ha ricordato tanto mio padre !
Anche lui ci diceva sempre di amare le persone quando sono in vita .
" Amateci da vivi perché da morti non ci serve più nulla "
Le parole non dette sono come cavalli che detestano il chiuso, vagano nell'ansia desiderosi solo di essere inghiottiti dal vento che toglie la nebbia...e come cavalli selvaggi non sopportano il morso, tanto meno la sella, nessun peso possono tollerare se non quello del loro essere come " parole non dette"
Ed è così chiaro il poeta ad elencarle tutte tanto che ognuna ha un nome ben preciso: il nostro amore non dato, il tempo rifiutato,il buongiorno rimandato, il perdono non richiesto!
Ma le parole che erano necessarie per riempire la nostra casa vuota non se ne vanno con gli anni che trascorrono inesorabili, non scolorano nel languido dei nostri occhi, restano lì sempre in attesa a ricordarci che erano la nostra unica certezza e con noi, come noi, ora non trovano la pace, il posto che era loro dovuto, l'abbraccio che non abbiamo dato.
Lasciamo che trascorra l'intera vita con la stolta illusione di ritrovarci tutti un giorno a completare quello che abbiamo interrotto: la frase , il bacio, la semplice carezza o la passeggiata rimandata, ma troveremo solamente angoscia e disperazione e tanti inutili propositi fatti di parole vuote.
A monte di ciò, la speranza di porre rimedio è solo morta cenere, fuoco che consuma e non riscalda, un mare in burrasca neanche troppo grande dove affogare col desiderio che, così perdutamente strapazzate dai venti salmastri, le parole che non abbiamo detto smettano di "rimbombarci" nel cuore .
Le frasi che potremmo scrivere per assolverci non basteranno a tenerci in vita , poiché se perdiamo il valore delle azioni, o delle frasi, perdiamo la saggezza necessaria per sentirci vivi.
Chiedo scusa se il commento non rende la grazia e l'emozione che la poesia in realtà mi ha trasmesso...non sono brava in questo...ma, leggendola ho avuto la netta sensazione che il silenzio delle parole non dette, altro non è che la presa di coscienza di un nulla che ci ha avvolto consegnandoci ad un cammino fatto solo di solitudine