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Questo blog non è una "testata" giornalistica e non è aggiornato con regolare periodicità. Privo dei due requisiti che lo dovrebbero contraddistinguere, non può pertanto considerarsi un "prodotto editoriale" ex lege 7/3/2001, n.62. Non è quindi soggetto alle disposizioni e agli obblighi previsti dagli art.2 e art.5 della Legge n.47/1948.

Il titolo che ho dato al mio blog, “Alla volta di Leucade, è quello dell'opera in cui la mia immaginazione è riuscita ad elevarsi di gran lunga, io credo, al disopra de “Gli spazi ristretti del soggiorno”. Leucade costituisce il sogno di ogni umano, l'aspirazione ad un'isola di libertà laica, dove le memorie si facciano realtà, e dove la vita si salvi in un impeto di ebrietudine poetica per affrontare, e concludere, in parte, il dilemma esistenziale del patrimonio del nostro esistere. Ed è là che attendo i miei amici, ed è qui che li invito ad un incontro di riflessioni, di critiche, di commenti, di stimoli culturali sui perché della poesia, sui perché della vita, sui tanti perché insomma che ci assillano, ma che ci stimolano, al contempo, a partorire quei frammenti d'anima, motivo spesso di esistere. E a proposito mi piace riportare delle esemplari note di valenti amici poeti e critici che ultimamente mi hanno arricchito con le loro profonde esegesi:




"AZZARDARE ... quale legame esiste tra anima e memoria se questa ci porta a privilegiare nel ricordo soltanto ciò che ha colpito l’anima? Esiste una connessione od una sovrapposizione? Forse la risposta ce la dà lo stesso Pardini con questi bellissimi versi: E spero solo che la luna in cielo/ porti a spasso del sole, col suo volto/ perlaceo e le sue chiome, dei frammenti/ di luce. Tanto spero di vedere:/ se privo di ricordi, alle colline/ nell’ora del ritorno il mio partire." (Carla Baroni, Ferrara, 02/05/2011)



"Leucade, innanzitutto: l’isola delle bianche rocce, del salto di Saffo e della catartica soluzione degli amori impossibili. Non sono certo che qui, in qualche modo, Leucade richiami ai Dialoghi con Leucò di Pavese, come pur sostiene Vittorio Vettori nella prefazione . Mi pare piuttosto che il titolo ci riporti a un nome, Saffo, poetessa molto amata da Pardini per fatto umano e artistico, e a una condizione:il (ri)acquisto della serenità, intesa come affrancamento dal turbinio delle passioni (il “gran salto” liberava –come è noto– in un modo o nell'altro dalla sofferenza d’amore); ma soprattutto il titolo ci riporta a un mondo, quello classico, paradigma di bellezza, misura, armonia. In più il bianco (λευκóς -; λευκάς -; Λευκάς -άδος, Leucade), con tutta l’area semantica che a questo colore si richiama ( chiaro, brillante, splendente, limpido, candido, sereno), allude ad un processo di purificazione e di elevazione, ad una conquista quasi metafisica di sé, cui anche un moderno sacerdos musarum non può sottrarsi; o magari a un’ideale condizione da perseguire, se non da conseguire: quella di un terso e vivo equilibrio, in cui i fili del tempo si dipanano senza sussulti per una sottesa solida filosofia che aderisce saldamente alla vita e alle cose, pur nella consapevolezza della loro precarietà." (Pasquale Balestriere, Barano d’Ischia, 07/ 05/2011)



"Se, dunque, da un lato la memoria può essere un valido aiuto quando prevale l’amarezza e la malinconia, dall’altro finisce ineluttabilmente col porre l’uomo di fronte agli eterni interrogativi correlati alla sua specifica condizione. Tanto intensamente il poeta avverte l’umana lacerazione da arrivare a chiedersi se valga “di più restare immoti nella stasi / di un eterno sereno che provare / il dolce senso del dolore umano”. E la risposta – ancora una volta – è quella della vita, quella del ritorno di Ulisse ad Itaca, quella delle sue sagge parole: “Se il mio destino vuole che ritorni / ai familiari usi ed ai barlumi / dell’isola agognata, porterò / con me più luminoso il cielo.”. Ma la sfida “è sempre aperta”: “come restare indifferenti – dice Floriano Romboli – all’impulso vitalistico che da tanti secoli l’Ulisse omerico e post-omerico ci trasmette?”. Non si può, non può sopirsi nell’anima “la voglia del viaggio” sia che questo equivalga a “. . . tornare / nuovi. O superbi spegnerci per via.”." (Sandro Angelucci, Rieti, 06/03/2011)



"Dunque, il dado è tratto; Ulisse si appresta di nuovo a partire, perché “È sempre aperta / la sfida tra l’eterno e me che cerco / con gli occhi indolenziti quella luce / che mi soverchia”. Proprio per questo irresistibile richiamo, “Ancora salperemo / oltre colonne (…) / d’impedimento ai sogni” (Il ritorno di Ulisse), questa volta per oltrepassare le colonne del mistero e dell’inconoscibile.
Ma per compiere il salto “nell’oscuro senza stelle”, fortissimo è il richiamo dell’isola del sogno, indimenticato luogo della nostalgia e della memoria: Leucade. Lì sarebbe dolce ritornare per tentare l’estremo volo. Una diversione felice, una sorta di “scalo tecnico” propiziato da una sorte benigna nella terra della bellezza, alle sorgenti del canto, pura epifania della parola. Lì, con Alcmane e Saffo, e Anacreonte e Alceo e gli altri sarebbe bello chiudere il ciclo e dare un senso alla “fuga da settembre”. Alla volta di Leucade, dunque, dove il sogno è “nell’attimo superbo / di eternare la gioia dell’amore”, e dove “Nessuno pronuncerà di certo il verbo furono / per i miei versi”, perché “Moriranno gli eroi, le bellezze / di cortigiane effimere e procaci, / ma un cantico se eccelso volerà / oltre gli spazi frali degli umani”." (Umberto Vicaretti, Roma, 27 febbraio 2011)



E vi attendo dunque miei generosi amici; voi che conoscete il mestiere di vivere e che ogni giorno lo rovesciate sui fogli raccattati o tra le vigne, o sui tavoli di cucina, o sulla macchina fermata bruscamente per un lampo improvviso del sentire, o perché no in mezzo a una natura che tanto rassomiglia al diluirsi della vita. Io lo raccatto da quelle memorie che tanto mi avvicinano a voi sempre pronti ad un incontro di amicizia in nome della più antica arte dell'uomo. Brinderemo! E allora permettiamoci un brindisi, un brindisi da dedicare a noi, alla nostra passione ed al gusto di udire lo schiocco di un vetro macchiato da vini di antiche vendemmie. E al gusto di ascoltarci nei nostri interventi su questo blog creato per le vostre e le nostre riflessioni.

“Brinderemo! Ricolmi i coppi antichi
di rosso o di trebbiano paglierino
saranno forza ipnotica. Alzeranno
i venti nelle valli metafisiche
dei sogni. Sveglieranno i fumi d’Eros
a spegnere gli affanni e gli abbandoni
dal tavolaccio povero. Alzeremo
di cantina il bicchiere già macchiato
dall’ultima stagione. E sarà amore
il cantiniere eterno che l’oblio
negli agri aromi caccerà di grume.”.

                                                                                                                                                                                                                 


Nazario Pardini
Arena Metato 18/06/2011