giovedì 28 giugno 2018

N. PARDINI LEGGE: "COME RUOTA DI PAVONE", ANTOLOGIA DI NARRATIVA...


Gabriele Bellucci  Aldo Giordanino
Mario Fulvio Giordanino   Anna Vincitorio


COME RUOTA DI PAVONE. Antologia di narrativa a cura di Eugenio Rebecchi. Blu di Prussia Editrice. Monte Castello di Vibio. 2018


Una antologia di buon impatto visivo, ben fatta, attraente, editata con gusto e competenza dalla Casa Editrice Blu Di Prussia di Eugenio Rebecchi, Editore di lungo corso aduso a libri di valore bibliografico per caratteri, impaginazione, e veste grafica. In copertina la ricchezza policroma del pavone, l’abbondanza del piumaggio che tanto dicono del polisemico contenuto del testo. In quarta una tranche della nota introduttiva a firma di Rebecchi: “... Le  narrazioni si susseguono con vivacità di ritmo e con apprezzabili spunti sia quando sono frutto di pura invenzione, sia quando rappresentano fatti storici o autobiografici. Ne consegue un’esaustiva rappresentazione di mondi vicini e lontani, di situazioni, di personaggi, di eventi capaci di offrire al lettore la possibilità di calarsi tra sfaccettati percorsi e raffrontarsi, magari, con problematiche attuali...”. Quattro Autori importanti che, con diversi racconti ciascuno, contribuiscono alla stesura crestomatica del libro.
A chiusura una nota biobibliografica per ciascun Autore:
Gabriele Bellucci, fiorentino, con quattro sillogi pubblicate e citazioni nella Storia della Letteratura Italiana (Helicon), Dizionario degli Autori Contemporanei (G. Miano), e Letteratura Italiana del Secondo Novecento (Bastogi); Aldo Giordanino, astigiano, con L’ultimo esodo scritto con Pier Cesare Mora; Ali d’albatro (Blu di Prussia), Voglia di un Dio nero (Idem), Gli anni in tasca (Baima-Ronchetti); Mario Fulvio Giordanino, astigiano, professore di Geografia Generale ed Economica, con un libro di racconti dal titolo La trota maschio (Blu di Prussia, 2012); Anna Vincitorio, napoletana, trasferitasi a Firenze, studi classici e Laurea in Giurisprudenza. Impegnata in letteratura, poesia, critica letteraria dal 1974. Molteplici le pubblicazioni di poesia e narrativa.
Ho avuto occasione di leggere e di scrivere sulla proficua produzione della Vincitorio, rimarcandone la energia intuitiva e immaginifica, il suo realismo lirico e la sua facilità narrativa. Mi piace riportare parte di un mio pezzo critico sulla sua figura di scrittrice: “... Il tutto in una pennellata panico-ornitologica che fa da prodromica apertura ad una narrazione che tanto ha a che vedere con la vicinanza dell’autrice ad una natura semplice, pura, genuina; ad ali di uccelli che spiccano il volo verso un’azzurrità che si declina in simbolo del modo di sentire della Nostra: voglia di volare, di sottrarsi ai paradigmi di un mondo che la scrittrice condanna per la plurivocità delle aporie. Tanta spiritualità, tanto amore, tanta interiorità autobiografica in questa serie di brevi quadri freschi e contaminanti: “Amo e osservo gli uccelli, rapita dalle loro volute. Le ali spalancate svelano piumati spazi bianchi....”.

I racconti dei quattro Autori  si connotano per agilità architettonica, per freschezza di immagini, e autorevolezza di pensiero Non è difficile scoprire nel loro dettato verbale la predisposizione alla scrittura, alla rappresentazione di fatti e personaggi rivelanti problematiche di attuale portata. Le figure risultano ben inserite nel contesto di una trattazione spigliata e coinvolgente, dove la natura, spesso chiamata a collaborare con la sua plurale significanza (vedi i Racconti della Vincitorio), si fa dolce, mansueta, ribelle o di antropologica contaminazione nella concretizzazione di sentimenti e pensieri.
Gabriele Bellucci ci si rivela con tutta la sua forza dialogica descrittiva, mentre Aldo Giordanino nel suo Due pagine bianche ci porta nel lontano 1571 all’interno di una struttura di Messina.
Lo stile è apodittico, conciso, paratattico, energico e conclusivo. Di affascinante resa. Gli schizzi frenetici delle descrizioni ci danno la chiara idea di un Autore aduso ad un dire semplice, arrivante e spigliato che conduce con tratti esperiti alla conclusione drammatica della battaglia di Lepanto.
Mario Fulvio Giordanino nel suo Una fucilata perfetta ci fa vivere i dintorni della seconda guerra mondiale fra Partigiani, Repubblichini, mitragliatrici, amicizie: “... Non osavamo alzare la testa per paura di essere colpiti. Attendevamo che esaurisse la scorta dei colpi per poterci sganciare, ma quello continuava imperterrito...”, rievocando,  con realismo visivo, i momenti drammatici di quella guerra. Seguono gli altri suoi racconti di intensa emotività umana e psicologica: Il viaggio di Giovanna, Il maresciallo (... Lei era vestita modestamente e portava i capelli sciolti come di consueto...) in uno stile dialogico vicino al linguismo quotidiano per la sua rapidità comunicativa. Quanto ad Anna Vincitorio, oltre a conoscerla per i miei diversi interventi critici sulla sua produzione, mi vanto di averla come cara amica; una grande intellettuale narratrice, poetessa e critico letterario che scarica la sua densa statura emotivo-creativa in un fresco e coinvolgente memoriale come ben denotano i suoi racconti: Zeus, dove giovani, luci psichedeliche  e musica rock ci portano in un difficile e complicato mondo  giovanile. Seguono Exodus, I dieci giorni di prigionia, Madame Arthur, rue des Martyres, Paris 18, Blu, Sedia a sdraio abbandonata lungo il lago, e Sul selciato. La freschezza, l’armonia, e la scorrevolezza delle sue pagine addentano la preda, senza mollarla, fino all’ultimo rigo della narrazione. Ma ritengo utile concludere, a proposito, con una parte di una mia recensione: “Sedia a sdraio abbandonata lungo il lago, dove assenze oniriche, rievocazioni, vertigini familiari, tentativi di ritorni, fanno da cammei, da quietudini verso cui la scrittrice si incammina per colmare distanze; per vincere il tempo che con la sua ingordigia distrugge armonie di affetti, alcove di amore, dolori di altre stagioni. E torna il memoriale imperioso a prendersi la scena con Ilena, autoritaria,  il pulmino di una città che non ricorda, il giardino nell’ombra, e l’attesa di lui con le mani odorose di legno. Poi su una sedia a rotelle. “Perché” “dov’è la mia casa?”.  “Eppure mi pareva di avere camminato tanto; c’era un bosco e l’acqua, ma non era il mare… Quel mare… dove? Com’era il posto? C’era la torre e quella buca d’acqua verde, sì, la buca delle fate. Ma dove sono andati i bambini?”. Con un lungo sorriso l’uomo la guarda e le stringe le mani tra le sue. “vieni, è tardi, ti portiamo a dormire”. Lei si alza insicura e lo guarda negli occhi: “ma tu, chi sei?”.
Un racconto da brividi, tracciato da una mano onesta, da un’anima netta che gronda storia, emozione, sensibilità, vicissitudine; da un’anima accoccolata, disumanamente insicura, con là una sedia a sdraio abbandonata lungo il lago.
Quello che poi richiederebbe un discorso a parte, una nota non di secondo piano, riguarda i contorni ambientali di cui Anna si serve per avviare le sue storie di  pathos, passione, melanconia, struggimento, riflessione, meditazione. E la natura, con i suoi paesaggi, monti, orizzonti, viali, cieli brumosi… si impossessa della penna della scrittrice in funzione di un preludio o di una concretizzazione delle sue calde storie:
“Un turbine di foglie nel gelido vento di un autunno che si preannunziava con piogge improvvise. A terra, specchi d’acqua disseminati, riflettevano ombrelli   e passi frettolosi…” (Presagio).
“E’ una ventosa giornata di febbraio. Il freddo si proietta all’interno della stanza…” (Quel mercoledì di febbraio).
“Il treno scorreva lento nella notte. Gli alberi e la bassa in movimento si allungavano e dilatavano assumendo forme inconsuete che turbavano i pensieri di Emanuele…” (Il quadro).
“… i viali, gli alberi che nell’avanzare dell’autunno si colorano di giallo e di marrone mentre scompare il verde e al suolo uno scomposto frusciare di foglie secche che invadono i prati verdissimi, bagnati di rugiada… (La moto e la piscina).
Insomma un “romanzo” che dice dell’uomo, del suo esistere, del suo inquieto sopravvivere, dell’esserc-ci, in questa terra illuminata dal sole, e inumidita da nubi, ora disseminate, ora affagottate, in un cielo che promette acquazzoni. Un viaggio fatto di tappe umanamente vicine che trae dalla realtà ogni occasione per slanci in vertigini azzurre; in campi nascosti di questa vita che ci guarda in faccia. Questo è.
D’altronde tutto non si può dire come non si può dire tutto sull’esistere ed il mistero che lo circonda.
A voi la lettura.”.

Nazario Pardini


FRANCO CAMPEFGIANI: "II PARTE INTERVISTA" DI DANIELA DI IORIO



Franco Campegiani,
collaboratore di Lèucade

Ecco la seconda intervista, dedicata al secondo capitolo di Ribaltamenti. Ne seguiranno altre, una per capitolo.

Ribaltamenti. Intervista/2 al pensatore Franco Campegiani
di Daniela Di Iorio

Pubblichiamo qui la seconda parte dell’ intervista al poeta filosofo Franco Campegiani, autore del saggio Ribaltamenti, che ha vinto il Primo Premio nel concorso patrocinato dalla Dante Alighieri.   Qui si vuole approfondire il tema trattato nel capitolo dal titolo “Irrazionale e Caos”.


        Copertina Ribaltamenti


Cosa significa che la realtà è irrazionale? E qual è la differenza fra l’irrazionale puro, o l’irrazionale in sé,  e l’irrazionale proprio dell’essere umano?

“Il reale è irrazionale” asserisce il filosofo Bruno Fabi nella sua opera fondamentale, Il Tutto e il Nulla, (Fratelli Bocca 1952, ristampato da Anemone Purpurea 2006). L’assioma, che capovolge il noto postulato hegeliano, merita un approfondimento. Se per “realtà” intendiamo il campo della realtà sociale e storica del genere umano (ed è così, ritengo, la intendesse il grande filosofo marchigiano), l’irrazionale sta a significare l’insensatezza che vige nelle relazioni umane, a dispetto della tanto sbandierata ragione. Se invece con il termine “realtà” volessimo intendere il campo ben più vasto della realtà extraumana, sempre misteriosa e sfuggente, allora irrazionale sta a significare, non più il caos generato dalla ragione umana, ma l’ordine intelligente e imperscrutabile che dall’interno governa gli eventi del creato e in tal caso irrazionale equivale a sovrarazionale. Il ribaltamento in conclusione è questo: la follia appare nel teatro della ragione, mentre la saggezza proviene dalle quinte del mistero. Non sempre, tuttavia, la ragione è malata e non sempre è saggio ciò che affiora dall’inconscio. La ragionevolezza e il buon senso nascono dalla relazione autocritica e dal confronto duale tra ragione e mistero.


C’è distinzione tra Causalità e Casualità?

Da quanto detto sopra si evince che Ragione e Caos si equivalgono. Sono entrambi figli del libero arbitrio e, come tali, entrambi capricciosi ed arbitrari. L’Ordine causale, in quanto razionalistico, prelude al Disordine, mentre il vero Ordine sovrarazionale è imprevedibile e non ha alcunché di razionalistico o causale. La vita è piena di significato e di senso, ma noi scopriamo i significati e i sensi della vita solo quando rinunciamo ad afferrarli per vie razionali.


 Lei sostiene apertamente che Necessità e Libertà sono la stessa cosa. Può spiegare succintamente e con chiarezza l’assunto?

Un conto è la libertà, un altro è il libero arbitrio. Quest’ultimo non è garanzia di libertà, proprio perché può andare in qualsiasi direzione. Può andare infatti verso la libertà, ma anche in direzione contraria. Se e quando l’uomo sceglie la libertà, sceglie ciò che gli è necessario, ciò che deve assolutamente seguire per essere se stesso. Gli è tuttavia consentito di andare anche in direzione contraria, decidendo di non seguire la propria necessità, quindi scegliendo liberamente di non essere libero. Un problema può sorgere a proposito della natura. Si dice infatti che i tre regni non sono liberi in quanto privi del libero arbitrio e soggetti a leggi assolutamente necessarie. A ben guardare, tuttavia, la necessità che vige in natura non è una costrizione, giacché si è costretti solo in presenza di volontà contraria. Non esistendo alcuna volontà contraria, quindi nessuna costrizione, la necessità che guida la natura deve considerarsi libertà allo stato puro. Essere liberi significa essere se stessi. Si può forse dubitare che un animale lo sia, o che lo sia un vegetale, o un minerale? Loro sono liberi perché sono selvaggi e padroni di se stessi. Noi non possiamo esserlo, perché la cultura, la ragione e il libero arbitrio ci condizionano e ci rendono decadenti.

C’è dunque una sapienza innata in ogni creatura vivente? C’ è un programma metafisico a monte dell’esistenza? Che cosa pensa dell’Evoluzionismo e del Creazionismo?

 Io penso che ogni essere viene a questo mondo semplicemente perché lo vuole. Se così non fosse, ci troveremmo in presenza di un sopruso, di una intollerabile e clamorosa prevaricazione, mentre a mio parere equilibrio e rispetto sono il vero fondamento dell’intera vita universale. Credo che ogni essere, così come ogni specie vivente, venga alla vita con un programma da svolgere liberamente scelto e che soltanto all’uomo sia consentito di andare contro programmazione (il che gli occorre per tornare nel proprio programma, allineato con se stesso con maggiore determinazione). Né Creazionismo, né Evoluzionismo, pertanto, pur condividendo di entrambi alcuni assunti fondamentali, bensì un Auto-creazionismo che non esclude certo l’esistenza di una mente divina sovrana, garante della straordinaria democrazia vigente nel creato intero. Ogni essere è l’indiscusso padrone di se stesso, libero di venire a questo mondo se e quando lo ritiene opportuno. Ovviamente, nel farlo, sceglie lui stesso le condizioni più favorevoli per la propria incarnazione, approfittando della storia evolutiva del pianeta destinato ad ospitarlo. Gli esseri – è ovvio – nascono gli uni dagli altri, ma colui che genera fisicamente non è che uno strumento  nelle mani dell’intelligenza che preme per venire al mondo.


martedì 26 giugno 2018

A CAPRIGLIOLA "VERSI MURATI"


A Caprigliola
(composta in ricordo di  una mia visita alla cittadina negli anni ’70)

Oh Caprigliola immersa tra i capricci
di ulivi centenari ove il passato
allunga le sue mani per pescare
storie di poesia e consegnarle  
al presente fiorito di contrade
che gridano l’amore. Io sono in te,
terra appoggiata a storiche Apuane,
terra che volgi gli occhi a antichi porti
di marmi secolari. Già percorsi
negli anni giovanili i tuoi sentieri,
i tuoi cammini che, fioriti in seno,
hanno dato memorie. E mi rivedo     
sperso sulla veduta; avventurato
sull’irto campanile, o all’ombra ardita
delle tue forti mura. E ancora salgo
la scalinata che mi porta al coro
della tua audace chiesa. Chiedo solo             
che l’aria di salmastro che ti arriva
dal vicino Tirreno mi sia amica;
che mi riporti un angolo segreto
che dentro me s’è fatto nostalgia;
che una tua via torni ad incontrarmi
per farmi ritrovare gli occhi verdi   
di colei che mi abbracciò nel tuo rifugio,
e che si sperse poi nel rosso fuoco
di un tramonto aggrappato alle tue case.

01/05/2018

Nazario Pardini


CAPRIGLIOLA


DA “TERRE DI LUNIGIANA”


Caprigliola si trova su di un’altura, a ridosso del fondovalle della Magra, a dominio delle vie dei commerci che risalivano la vallata e si spingevano ai porti di Luni e a Bocca di Magra. Le prime notizie sul "castrum Caprigliola" risalgono al XII secolo. Nel 1185, Caprigliola fu concessa in feudo da Federico I a Pietro vescovo di Luni e suoi successori. Nello stesso periodo, il borgo era già centro fortificato, cinto di mura e residenza estiva dei Vescovi di Luni con il palazzo, di cui restano tracce murate e l’elegante torre cilindrica ancora integra. Il complesso vescovile occupa la parte alta del colle ed è oggi affiancato dall’imponente mole della chiesa settecentesca di San Nicolò , la cui costruzione con tutta probabilità ha inglobato il primitivo nucleo castrense. Nel 1401, Caprigliola, Albiano e Stadano si diedero a Firenze. Nel 1556 i Fiorentini, per ordine di Cosimo di Medici, dotarono il borgo di mura fortificate, a conferma del ruolo strategico che gli assegnavano. Le maestose mura sono ben conservate e nel borgo si trovano la porta del XV secolo, stemmi medicei, maestà di marmo e ricchi portali. 
Nei dintorni l’olivo e la vite offrono prodotti di qualità . Il territorio è compreso nell’area DOC dei Colli di Luni. 

Caprigliola, l'unica cittadina che, con la magica intuizione della scrittrice Egizia Malatesta, ha impreziosito le sue vie murando sulle pareti intere poesie di poeti contemporanei. Ci sono altre iniziative del genere: Savona, Recanati... ma solo a CAPRIGLIOLA si possono leggere intere composizioni in un panorama a dir poco mozzafiato: l'unica quindi in tale iniziativa:

ECCOVI LA LOCANDINA DELLA FESTA DELLA POESIA 
DEL QUATTORDICI LUGLIO A CAPRIGLIOLA



               



EMANUELE ALOISI LEGGE: "UN PUGNO DI CORIANDOLI" DI ANDREA ACCAPUTO



Recensione di Emanuele Aloisi, presidente di Giuria
del premio

“La Gorgone d’oro” di Gela,
alla poesia
"Un pugno di coriandoli"
(nuova Luna a Birkenau)
di

Andrea Accaputo-Avola (SR)

Emanuele Aloisi,
collaboratore di Lèucade

Lirica dal contenuto profondo cesellato nei “frantumi di scritture (e) frammenti di elegie”: il verso “chiave” che permette all’intelletto, e dopo il pianto inevitabile dell’anima, di compiere un viaggio nel tempo, e riscoprirlo sempre uguale, così anche l’Uomo, nel figlio non diverso di una stessa Madre, seppure: “Tutto (sia) compiuto”, sia stato scritto, eternamente rivissuto. È il tempo di una canna che non si è ingiallita, e all’apice non ha la spugna dell’aceto, ma che percuote, discriminando e allontanando da una terra, da un’altra madre e dal suo grembo; così come fa il vento tra le foglie, la voce di altre “razze superiori”, e di altri uomini le mani, che ancora infliggono ferite e si spartiscono le vesti. Moderna elegia nell’elegante metrica, nei settenari e nel sinfonico fluire dei molti alessandrini, dei pochi endecasillabi, nella profondità delle metafore, nel dolce stilnovismo di parole. È il canto di una morte, quella di un uomo che non teme di morire, ma che ha il sorriso di un fanciullo, la forza di schernire chi la morte la procura, colui che genera il dolore, quando non sa cosa vuol dire Amare. 


Andrea Accaputo-Avola (SR)

Poesia vincitrice
Al premio
“La Gorgone d’oro” di Gela.

Un pugno di coriandoli
(nuova Luna a Birkenau)

Disse: Tutto è compiuto.
S’udì, solo, del vento,
stormire, tra le foglie.
E tacquero latrati, d’incaute lontananze.
La canna mi percosse, e, piano, m’avviai.
Di notte, fui rapito dal ventre d’una madre,
strappato dalle mani dell’umile mia terra.
Si fecero brandelli di liriche celate,
riposte in un cassetto d’illeciti sospiri.
Qual efferato gioco, voluto dall’umano,
sospinse quella voce che mi credette insano?
Lasciai la mia dimora, e più non vi tornai.
Di sere, mi sovvenne, d’una panchina vuota.
Ancor non vi narrai di quante volte,
al lume d’una lucerna antica,
vi presi a disegnare il volto di chi amai:
d’Amor che non s’esprime, lui, n’era l’espressione.
Non v’è condanna alcuna
che faccia, dell’orrore
che il corpo mi si strazi,
ragione che mi renda,
d’Amore, menzognero.
Recidano i capelli. Spartiscano le vesti.
Infliggano ferite. Si laceri la pelle.
Che il fango mi divori.
Che il tempo mi dilani.
Che il Sole si dilegui.
Posso, ancora, ridere,
schernire, d’essi, l’”ego”;
illuder, che vi sia la “razza superiore”.
Che l’urlo, poi, m’assordi
di lame mi trapassi.
Che il fuoco mi consumi.
Si rendano a mia madre le ceneri raccolte.
Ditele che non pianga: ditelo per mio conto.
Ditele d’un sorriso, beffardo, d’un fanciullo.
Ditele che non ebbi paura di morire;
ditele che stringevo coriandoli in un pugno:
frantumi di scritture, frammenti d’elegie,
ov’io racchiusi il senso d’un mai tradito “T’amo”.


















FRANCA DONA' LEGGE: "LA NOSTRA CASA" DI EMANUELE ALOISI



Franca Donà,
collaboratrice di Lèucade

Leggere la poesia di Emanuele Aloisi è quasi violare la sua anima, ascoltarne il candore, la purezza, scoprendo anche quell’altro lato del suo carattere, più irruento e  caparbio, di giovane uomo che si è conquistato da solo il suo posto nel mondo. Ci si lascia sedurre dalla musicalità che scaturisce dal verso, con naturalezza estrema, nel susseguirsi di immagini vivide e mai scontate. Ne “La nostra casa” si respira un amore assoluto verso ciò che per il poeta rappresenta “la casa”: famiglia, tradizioni, rispetto e valori. In ogni verso si percepiscono gli odori della sua Terra, il salmastro, l’origano e il profumo del pane sul tavolo. Si percepisce il significato della parola famiglia, nell’unione del piccolo nucleo e come comunità nel territorio, in un contesto tanto difficile e malavitoso di una Calabria (e non solo) in cui il futuro dei giovani è quasi utopia.

Una famiglia si riunisce, quando è famiglia
e tutti affrontano un problema
riuniti a tavola, insieme
non solo per mangiare
riempire calici e spartire il pane.

La poesia è un’esplosione d’amore e di protesta, verso tutti e verso se stesso, verso chi viene a bagnarsi nelle acque cristalline e gusta i frutti squisiti offerti con generosità dalla gente laboriosa ed onesta, e poi condanna e dimentica. Una ricerca alla verità, alla giustizia, quasi una bandiera da portare con orgoglio.

Venite e vi sciacquate, mangiate
perché è gustoso il pane
il pane delle nostre parti
le spighe il grano delle nostre pietre.

Accorata ed intensa la lirica dell’autore, un viaggio in cui non si è mai soli, quando ci si racconta attraverso il cuore.

Franca Donà


La nostra casa

Io non ce l’ho con voi
con voi che sapete tutto
sapete tutto della mia casa
ogni sua pietra ogni sua lacrima
ogni brandello di sudore
l’odore dell’origano indossato
da chi tra nuvole vi ha messo tegole
sul pavimento il mare.
Voi non sapete nulla 
della mia barca e dei suoi remi
di un nubifragio e del suo legno. 
Venite e vi sciacquate, mangiate
perché è gustoso il pane
il pane delle nostre parti
le spighe il grano delle nostre pietre.
Hanno profumi buoni le conserve
non si rinchiudono gli avanzi
e le pietanze sono al fresco
come il sorriso di chi l’offre.
Ce l’ho coi miei fratelli
con mio padre, mia madre, col mio vicino
col farmacista e il prete
ce l’ho con tutti e con me stesso
ce l’ho con il silenzio, l’accettazione
la frustrazione e la rinuncia
(io maledico queste crepe)
coi giovani ce l’ho, e con la loro fuga.
Una famiglia si riunisce, quando è famiglia
e tutti affrontano un problema
riuniti a tavola, insieme
non solo per mangiare
riempire calici e spartire il pane.
E non parliamo della vigna
non difendiamone gli ulivi
l’onore gli acini una storia
se siamo i primi a rinnegarli
a non proteggerli dal malaffare
dai figli senza solchi sulla pelle
né briciole di sangue nelle vene.

Emanuele Aloisi



lunedì 25 giugno 2018

BONIFACIO VINCANZI INVITA: "FESTIVAL DELLA GIOVANE POESIA ITALIANA"


Bonifacio Vincenzi, Editore MACABOR, INVITA.

Sabato 30 giugno - domenica 1 luglio 2018
FESTIVAL DELLA GIOVANE POESIA ITALIANA


ESTER CECERE: "PUNTI D'INCROCI" RACCONTI IN LIBRO BILINGUE







VALERIA MASSARI: "RICONOSCERSI"


Poesia, questa della Massari, che si abbandona a memorie e visioni lontane nel tempo con una melanconia che non sempre è sorretta da una versificazione di energica tenuta. Sembra che prevalga una certa saudade in un poetare spesso melico dove il sentimentalismo gioca facilmente a suo favore la partita con l‘equilibrio del canto. 

N. Pardini



RICONOSCERSI

Mi guardi, mamma,
i tuoi occhi mi attraversano
e vanno oltre il reale,
alla ricerca del tutto.
Occhi sognanti, sperduti
nella galassia opaca
delle immaginazioni.
Mi guardi,mamma,
siamo noi.
Accenniamo un sorriso.
In quell'incresparsi di labbra
è il nostro mondo,
d'ora e d'allora.
Brevi parole e ci ritroviamo,
nell'amore.
L'amore, ancora una volta,
per noi,
è più forte dell'ombra
che ci percorre.

 Valeria Massari Da Abbraccio della sera  2016




VISIONE   a  Mamma

Vedo una strada,
bianca di sole,
di viole profumata.

E la tua voce sento
che la brezza accarezza.

La tua presenza
guida i miei passi.

Ti vivo come un sogno,
un ricordo
che fa tremare il cuore

Valeria Massari da Abbraccio della sera  2016



COME IL GIRASOLE      a papà

Come  il girasole al sole
ai ricordi ti volgi.
La linfa della tua vita è là.
E quella forza raccogli,
ancora una volta,
socchiudendo gli occhi
al sogno evanescente
nell' ultimo palpito del tramonto.
Valeria Massari Febbraio 2017

NOTA BIOBIBLIOGRAFICA

Valeria Massari   è nata a Varese   dove è ritornata dopo una lunga parentesi  ligure. Ha insegnato per un trentennio nelle scuole materne .Ora è impegnata nel sistema bibliotecario di Varese. Da anni scrive  su  Casa Nostra, periodico mensile locale, per le cui edizioni ha pubblicato le raccolte di poesie Acquerelli (2002)   e Petali  (2004) . Per le Edizioni del Leone (Spinea  Ve)  ha pubblicatoPaesaggi d’anima (2007 ), prefazione di Silvio Raffo e Onde del tempo (2011) prefazione di Paolo Ruffilli. Nel 2010 , con la poesia Utopia, è stata finalista nella terza edizione  del Premio Antonio Fogazzaro. Ha ricevuto note critiche da Silvio Raffo, Paolo Ruffilli, Giorgio Bàrberi Squarotti,, Luciano Nanni,, Flavia Lepre, Cristina Contilli, Ginevra Grisi, Marco Baiotto.
Ha fatto parte di importanti giurie di Premi Letterari.' Finalista al settimo Premio letterario internazionale di Poesia e narrativa Citta di Recco con la raccolta poetica Onde del tempo Edizioni del Leone 2011 '"Con le poesie 'Destini' e 'Nebbia dell'anima' ha avuto una segnalazione speciale, con motivazione, nell'ambito del quindicesimo concorso di Poesia e Narrativa Il Pennino d'oro anno 2012- 2013 organizzato dal Lions Club Varese Europae Civitas in Intermeeting Lions Club Varese Host, Lions Club Gavirate." Ha conseguito con la poesia "Gestazione del dolore" la segnalazione della Giuria al Premio "L'arte in versi", 2013. Nel 2014 è risultata finalista nell'ambito dell'ottavo premio Internazionale di Poesia e Narrativa Città di Recco con la raccolta poetica Paesaggi d'anima Edizioni del Leone 2007."
Nel 2014, nell’àmbito della sedicesima edizione del concorso di Poesia e Narrativa “Il Pennino d’oro” organizzato in intermeeting da Lions Club Varese Europae Civitas, Lions Club Varese Host, Lions Club Gavirate patrocinato dal Comune di Varese si e classificata terza con la poesia ' Ricordami chi sono".
"Nel 2014, con la poesia Visione, ha conseguito la Menzione d'onore al quinto Concorso Nazionale A.L.I. Penna d'Autore Poesie d'Amore con inserimento nell'Antologia del Premio "
Nel mese di luglio del 2014 ha pubblicato "Voci dall'ombra" Biblioteca Dei Leoni a cura di Paolo Ruffilli, prefazione di Patrizia Garofalo". Nel 2015 con la raccolta "Voci dall'ombra" è stata finalista al Premio  Internazionale di Poesia e Narrativa Flavia Adelma Brignani Recco GE.
Nello stesso anno ha ottenuto due menzioni d'onore con pubblicazione ai ConcorsinazionaliALIPenna d'autore Torino (poesia Nostalgia del mare) e Poeti e scrittori uniti beneficenza Torino(poesia Balsamo della pace).Nel 2016 ha pubblicato la racolta poetica "Abbraccio della sera",  Youcanprint con prefazione di Silvio Raffo.
Nel medesimo anno  nell'ambito del diciottesimo Concorso Nazionale Pennino d'oro Lions Varese ha ottenuto il 3 ° premio con la poesia "A te che mi ascolti" e le menzioni con pubblicazione
nel Concorso ALI penna d'autore  Torino (poesia Riconoscersi)  e Poeti e scrittori uniti in beneficenza  Torino (poesia Emigranti).
Il 2017 ha segnato i seguenti riconoscimenti :Premio Letterario Internazionale  Priamar Lions Savona  e Premio Flavia Adelma Brignani Recco, Ge, finalista in entrambi, con la raccolta "Abbraccio della sera"
19 ° Concorso Pennino D'Oro Lion Varese, segnalazione con motivazione  per la poesia
"Come il girasole".
Premio poeti e scrittori uniti in beneficenza, ALI Penna d'autore, Torino  pubblicazione in antologia (Poesia Verso L'infinito).
Ne 2018  per la Narrativa al  20 °Premio Pennino d'oro, Lion Varese, riconoscimento, con il terzo premio, per il racconto "L'uomo dallo sguardo infinito".