letti da Roberto De Luca
Franco Campegiani, collaboratore di Lèucade |
I
contenuti di questo libro di Franco Campegiani sono una specie di meteorite psicologico che impatta
nella mente e provoca rigenerazione.
Dire meteorite è forse esagerato, ma, quantomeno, se non proprio di
questo, si può certamente parlare di messa in discussione di qualcosa che noi
stessi ( o perlomeno io) avevamo già messo in discussione, anche se in maniera
inconsapevole.
Leggendo
Ribaltamenti ci si accorge che questo scritto, più che un saggio, può essere
considerato un romanzo, ed è il romanzo del pensiero di Campegiani, che l’ha
raccolto qui e ce ne ha fatto dono, seminando un seme in terra potenzialmente
fertile, illuminando senza dubbio quella parte di noi che soggiaceva lì da un
lato, mezza morta, a volte evitata e
comunque un po’ dimenticata.
Leggendo questo libro mi sono fermato, ho
fatto un passo indietro e ho guardato bene in quelle parti luminose che sono
disseminate un po’ ovunque nella diegesi di questo libro, tutte convergenti su
svariate soluzioni, una su tutte quella
cosa complicatissima e allo stesso tempo semplice chiamata Equilibrio. Con tutto il rispetto, qui non si parla di filosofia
orientale,di meditazioni yoga o di
quant’altro, anche se si fa spesso riferimento al Taoismo e allo yin e yang
(il bianco e il nero in perfetto equilibrio come nel famoso simbolo), ma di qualcosa che ci riguarda molto più da
vicino, cioè dell’uomo occidentale e del mondo che egli stesso ha creato
attraverso il suo percorso storico-umanistico. Franco parte dagli albori della
civiltà, dalle culture di tipo primordiale con culti prevalentemente
animistici, passa attraverso la filosofia dei pre-socratici, quindi nel pensiero di Anassimandro e di Eraclito da Efeso, poi in quello di Socrate stesso. Attraversa il
mondo contadino col suo scorrere lento rispetto alle nevrosi che nel corso
della storia hanno caratterizzato altre realtà del mondo occidentale, quindi il
suo conservare l’archetipo con tanto di
miti e leggende, fino a giungere ai giorni nostri. In buona sostanza, quello su cui punta
l’indice questo testo, è il fatto che in noi vive ancora, e dobbiamo dire
fortunatamente, l’essere archetipo che
prima del pensiero razionale viveva in armonia con la natura, con l’universo
intero, con la Madre Terra e con il Padre Cielo, con le piante e con gli
animali e che, al pari dell’intelligenza appartenente alla sfera della ragione,
usava l’intelligenza dello spirito.
Senza perdere di vista l’Archè
originario e originante qui si spiegano le ragioni dell’allontanamento
dell’uomo da quella sfera primitiva contenente il mondo e i suoi opposti, tra i
quali si trova quell’equilibrio cui l’uomo dovrebbe nuovamente far riferimento.
Professare il Bene non significa escludere il
Male, ma significa seguire l’istinto naturale, perché la natura stessa si
rigenera e tende a proiettarsi verso il futuro, a riprodursi e a non morire,
cioè a rifiorire . Bisogna però tener conto del Male, che controbilancia dalla
parte opposta e in certo qual modo ci mette continuamente alla prova,
pretendendo da noi qualità come il coraggio, l’onestà e, non ultima, l’astuzia,
per poter controbattere.
Il
pensiero manicheo tende a fare una separazione, a essere unidirezionale. Quindi
il Bene da una parte e il Male dall’altra e non è possibile che essi si
incontrino, perché, secondo quella filosofia, essendo agli antipodi, possono generare solo disastri, mentre il
pensiero eracliteo, filosofia in osmosi con quella di Franco, ama la dualità,
il considerare il Bene e il Male , così come il giorno e la notte, il bianco e
il nero , delle forze contrapposte in grado di generare armonia ed equilibrio ; ama il mettersi in
discussione, che significa anche stare nel mezzo a osservare, ama il
mutare, che significa essere profondamente vivi.
L’uomo
vive perennemente in scissione tra l’essere archetipo e la ragione. La Dea Ragione, come Franco la chiama, è
nata come per miracolo. Essa, in epoche remote, ha scelto l’uomo tra migliaia di altri esseri per permettergli
di districarsi al meglio in un mondo ostile e dominato da forze alle quali egli
nulla poteva contrapporre ( animali giganteschi, natura impervia, belve feroci,
eventi catastrofici …) e anche per
organizzarsi in comunità. Per far questo non bastava la sola parte istintuale, che era molto
sviluppata nell’uomo primitivo. I guai, se così vogliamo chiamarli (e in questo
mi sembra consista lo zoccolo duro dell’intera faccenda) sono nati nel momento
in cui la parte razionale si è impossessata dell’intero essere umano prendendo
il sopravvento sull’essere archetipo, sull’essere profondo che è in ognuno di
noi, liberando il libero arbitrio , che è una delle mine vaganti per l’intero
scibile umano. Questo , per quel che riguarda l’Occidente, è avvenuto da
Socrate in poi e ha anche a che vedere con l’epoca moderna, nella quale si
ravvede un profondo cambiamento di rotta rispetto al secolo dei lumi e al
passato in generale perché, come espressamente viene detto nel libro : il
razionalismo è giunto all’esaurimento dell’intera gamma delle sue
possibilità.
La
sfera dell’archetipo, alla quale l’uomo, per salvarsi, dovrà senz’altro volgere nuovamente lo
sguardo , è immersa e avvolta nel Mistero
e, più precisamente, nel mistero di se stessi.
La Dea Ragione non dovrebbe
svincolarsi dal mistero e invece di evitarlo, con esso dovrebbe dialogare,
essergli amica e entrare in confidenza, invece di aggredirlo e di ignorarlo
come fa spesso.
Due ottimi
esempi letterari citati più volte da Campegiani ( per quel che concerne
il raggiungimento di un buon equilibrio tra mistero e ragione) sono la Divina Commedia di Dante e L’Odissea di Omero.
Dante
stesso, quando si inoltra col suo pennino
nei gironi dell’Inferno, poi
negli strati del Purgatorio e del Paradiso, porta con se questi equilibri
( altrimenti non ne sarebbe uscito vincitore
così come ne è uscito) ma lo stesso vale
per Omero, il quale li infonde
direttamente in Odisseo – Ulisse, e sono degli stati di coscienza che lo
rendono consapevole delle proprie forze e portatore di quella ragione che scava
nel mistero per trarre da esso effetti benefici. Egli infatti è per eccellenza lo scopritore
di nuovi mondi ed è l’Uomo, che naviga costantemente verso
l’ignoto.
Roberto
De Luca
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