Pasquale
Balestriere: Assaggi critici. Genesi
Editrice. Torino. 2018
Foto della
premiazione al premio "I Murazzi",
organizzato dalla Genesi Editrice, vinto da Pasquale Balestriere per la
saggistica inedita, con la pubblicazione gratuita degli "Assaggi critici".
Da sinistra:
Balestriere, Eleonora Garrone, titolare della Genesi e il prof. Carlo Di
Lieto, componente della giuria.
Un libro in cui Balestriere
mette bene in evidenza le capacità critiche con una scrittura snella,
perspicace e di ermeneutica rilevanza fattiva; pubblicato per i tipi
della Casa Editrice Genesi di Torino come vincitore nella sezione saggistica inedita
del premio I Murazzi organizzato
dallo stesso Editore, prende in esame le
figure letterarie di autori del calibro di Quinto Orazio Flacco, Dino Campana,
Giorgio Bàrberi Squarotti, Paolo Ruffili, Pasquale Festa Campanile e altri non
da meno per la loro storia letteraria, quali Ebe Argenti, Carla Baroni, Franco
Campegiani, Giannicola Ceccarossi, Umberto Cerio, Nazario Pardini, Gianni
Rescigno, Serena Siniscalco, Antonio Spagnuolo, e Umberto Vicaretti, mettendone in risalto, da vero studioso, le
caratteristiche letterarie peculiari. Un
libro ben fatto, per impaginazione, carta, copertina, alette; e quarta che
riporta la motivazione stilata dalla Giuria del Premio Letterario: “La raccolta
di saggi e articoli dello scrittore e studioso Pasquale Balestriere, Assaggi critici, ha vinto la sezione di
Saggistica inedita del Premio I Murazzi
2018, con l’unanimità dei consensi. La Giuria ha particolarmente apprezzato
lo studio sul poeta latino tutt’oggi più
consultato e citato all’interno della cultura occidentale, Orazio, a fianco del quale, con
un salto nella modernità, l’Autore ha saputo bene interessarsi ad alcuni
protagonisti della letteratura del Novecento come Campana, Campanile e Bàrberi
Squarotti, per poi giungere a fornire testimonianza anche di Autori ancora in
vita e in produzione come Antonio Spagnuolo
e altri scrittori di spicco italiani”.
Nonostante la modestia del critico nel voler ridurre
i suoi scritti a semplici assaggi, checché se ne dica, si tratta di veri saggi
condotti con acribia intellettiva.
Non è
cosa nuova riconoscere la maestria dell’Autore in campo poetico, narrativo e
saggistico. Balestriere è uno scrittore di lungo corso, la cui carriera è costellata di
riconoscimenti di alto livello; basterebbe citare la Laurea Apollinari
Poetica assegnatagli dalla Facoltà di Scienze della
Comunicazione sociale dell'UNIVERSITA’ PONTIFICIA SALESIANA di Roma, o
il Premio Letterario Libero De Libero per convalidare il nostro discorso; il
fatto sta che il suo ambito culturale e produttivo spazia a 360 gradi facendo
di lui uno degli scrittori più validi nel panorama critico-poetico-narrativo
attuale. Ho l’onore, tra l’altro, e non so fino a che punto io lo meriti, di
essere stato inserito in questo volume con due recensioni che lo scrittore ha
stilato sulla mia produzione; e mi piace, a proposito, avvalorare il criterio
filologico dei suoi lavori, riportando una tranche di un suo scritto che mi
riguarda contenuto nel testo: “... Nazario
Pardini mostra di possedere gli strumenti del poeta: scrive in versi liberi, ma
impiega con una certa frequenza l’endecasillabo e il settenario; ricorre a
rime, assonanze, consonanze, allitterazioni, metafore, iterazioni
con l’intento di sottolineare, anche attraverso scarti semantici, i momenti
salienti del suo canto. Ma è nella splendida silloge Alla volta di
Lèucade che il poeta, con risoluta dolcezza, prende il lettore per
mano e lo guida nel suo mondo, a sentirne l’estrema ricchezza di elementi
fisici, così necessari nella sua dialettica creativa, e l’intensità dei
sentimenti, la quale ben si coniuga con un nitore formale che rivela una lunga
frequentazione di autori classici: greci (in particolare Omero e i lirici),
latini ( soprattutto Lucrezio, Catullo, Virgilio, Orazio, gli elegiaci),
francesi (tra gli altri Baudelaire, Verlaine, Rimbaud), italiani (Dante
in primo luogo, poi Foscolo, Leopardi, fino a Pascoli, D’Annunzio, Ungaretti,
Montale). Lèucade, innanzitutto: l’isola delle bianche rocce, del salto di
Saffo e della catartica soluzione degli amori impossibili. Non sono certo che
qui, in qualche modo, Lèucade richiami ai Dialoghi con Leucò di Pavese, come
pur sostiene Vittorio Vettori nella prefazione . Mi pare piuttosto che il
titolo ci riporti a un nome, Saffo, poetessa molto amata da Pardini per fatto
umano e artistico, e a una condizione: il (ri)acquisto della
serenità, intesa come affrancamento dal turbinio delle passioni (il “gran
salto” liberava –come è noto– in un modo o nell’altro dalla sofferenza
d’amore); ma soprattutto il titolo ci riporta a un mondo, quello
classico, paradigma di bellezza, misura, armonia. In più il bianco (λευκóς
->λευκάς -> Λευκάς -άδος, Lèucade), con
tutta l’area semantica che a questo colore si richiama (chiaro, brillante,
splendente, limpido, candido, sereno), allude ad un processo di purificazione e
di elevazione, ad una conquista quasi metafisica di sé, cui anche un
moderno sacerdos musarum non può sottrarsi; o magari a un’ideale condizione da
perseguire, se non da conseguire: quella di un terso e vivo equilibrio, in cui
i fili del tempo si dipanano senza sussulti per una sottesa solida filosofia
che aderisce saldamente alla vita e alle cose, pur nella consapevolezza della
loro precarietà. Anche le scelte lessicali, che talvolta rimandano al parlato
(querci, rame, ragia, moreccio, ecc.), cospirano a realizzare questa condizione
di adesione al mondo esterno nel quale e con il quale Pardini snoda il suo
percorso umano e poetico. E che ricchezza poetica, che spessore
creativo in quest’opera densa e omogenea sotto il profilo dell’ispirazione! Le
sezioni che la compongono (quattro: Stagioni -con la
sottosezione Canti liguri -, La sera di Ulisse -
Poemetti serali, Fuga da settembre, Sulle rive
del Biondo e dello Xanto - Canti arcaici ) sono cementate dai temi di
canto che percorrono la silloge in ogni direzione e dichiarano
la vita, gli affetti e gli slanci del cuore. Ci troviamo di fronte a
una poesia piena e matura, descrittiva e riflessiva, di assenze e di ritorni,
di scoperte e di stupori, di ricordi e, talvolta, di rimpianti. Eppure la
rievocazione non è mai fine a sé stessa: immergersi nel passato non solo
consente al poeta di recuperare e rivivere esperienze e sensazioni,
di aver consapevolezza del fluire delle cose, ma anche di
indagare la singolarità, e quasi la fissità, dell’attimo, numero primo e realtà
indivisibile della vita dell’uomo. Inoltre, la natura. Si tratta di una
presenza sostanziale e dialettica nell’intero iter creativo del poeta di Arena
Metato, che ad essa fa riferimento prima e più ancora che agli esseri umani; la
natura come magna mater, compagna di viaggio, presenza vitale; come vigore,
misura, bellezza; come maestra, esempio, monito. Natura a cui aderire come a
realtà affascinante e necessaria, non annullandosi però, non
naufragandoci, ma conservando coscienza di sé e della propria humanitas. Non
c’è da meravigliarsi dunque che il cielo (o il mondo arboreo ) sia
animato da colombi, passeri, rondini, falchi, tortore, aironi, cormorani,
poiane, alcioni, usignoli, folaghe, tordi, beccacce, fringuelli, allodole,
procellarie, nibbi, merli, gipeti, gabbiani, rondoni; né che i prati, i campi,
i boschi esibiscano un’opulenza vegetale: pesco, alla rinfusa e a
piene mani, gigli, ginestre, glicini, girasoli, biancospini, ninfee,
equiseti, acacie, castagni, elci, rosmarino, mirto, timo, corbezzoli,
ginepri, fichi, limoni, faggi, crescione, cipressi, pioppi, querce, peri,
betulle... Vale la pena di fermarsi qui. Ma queste occorrenze naturalistiche
non hanno assolutamente nulla di gratuito o scontato, perché ogni animale, ogni
essenza arborea, arbustale o erbacea è, nella poesia di Pardini, strettamente
funzionale al singolo momento creativo o ne è addirittura sostanza e
fondamento; ed anche perché qui la natura è segno e metafora della vita nei
suoi vari aspetti e sviluppi; e provoca (al)la poesia. Ma torniamo a Lèucade,
alla luminosità del sogno, alla dimora dello spirito, all’avvincente grazia e
nitidezza del mondo classico rivissuto dal poeta con grande acutezza,
padronanza e personalità, se convoca e coinvolge nel canto i grandi
poeti dell’antichità, se dà loro voce per esprimersi, se affianca ad essi i
classici moderni, se degli uni e degli altri recupera forme, stilemi, spunti,
provocazioni poetiche insomma, per dare vita a testi squisitamente suoi, a
versi che scuotono l’animo e comunicano sensazioni irripetibili. Con in più un
pizzico di malinconia, soprattutto nella sezione Fuga
da settembre, dove la poesia eponima (e finale) rappresenta, in linea con
le altre, la triste dolcezza di questo mese tanto caro al poeta, forse perché
racchiude i significati dell’autunno, di ogni autunno che -è opportuno
ricordarlo- è anche la stagione della pienezza e della maturità.... Eppure
a me pare che soffermarsi solo su qualche lirica farebbe torto all’intera
silloge. Alla volta di Lèucade è bella
tutta, appassiona e avvince in quanto prodotto letterario di
assoluto rispetto e testimonianza di voce poetica sicura e verace, polimorfa e
vibratile, essenziale e sofferta. Che è quella di Nazario Pardini.” (Pasquale
Balestriere, poeta, scrittore, e critico letterario, Barano d’Ischia, 07/
05/2011).
Un
libro quindi di grande energia analitica che, oltre ad aver meritato il Premio conseguito,
contribuisce non di poco ad arricchire le conoscenze storiografiche dei grandi Autori
menzionati, magari per approfondimenti specifici in vista di tesi o lavori
universitari...
Nazario
Pardini
Auguroni mio caro amico Pasquale per questa importante affermazione meritata e conseguenziale data la Tua bravura di vero poeta e di altrettanto critico letterario. Nel seguirti, tale affermazione è il naturale prosieguo della tua attività. Complimenti vivissimi in attesa di altre traguardi letterari. SalutoTi augurandoTi ogni bene. Al caro Prof. Pardini i complimenti per quanto incisivamente ed obbiettivamente ha scritto e saputo scrivere Pasquale B. Pasqualino Cinnirella
RispondiEliminaCaro Pasquale, sono molto contenta di essere stata inserita in questo consesso di poeti illustri anche se mi rendo conto che alcuni di loro hanno avuto un posto nel tuo libro solo per pura affettività. Ma essere tua amica, come esserlo di Nazario, è un grande onore per me che va oltre il reciproco sentimento di stima in quanto appaga anche la mia "vanità". Complimenti vivissimi a entrambi, a Pasquale per il prestigioso riconoscimento ricevuto, a Nazario per la sempre puntuale, velocissima recensione che mette in evidenza i punti salienti di ogni testo.
RispondiEliminaCarla
Mi congratulo anch'io vivamente con l'amico Pasquale per il significativo premio ottenuto. Ne sono molto felice, anche se avvezzo da tempo ai continui e meritati successi della sua levatura di poeta e di critico universalmente conosciuto. Ben conoscendo l'estremo godibilità della sua sempre limpida e profonda scrittura, non vedo l'ora di leggere questi "Assaggi critici", che, ne sono certissimo - come dice Pardini - non potranno che rivelarsi come dei veri e propri "saggi condotti con acribia intellettiva". Non sta ovviamente a me pronunciarmi sulla bontà della scelta di inserire il sottoscritto fra gli autori degni di tali considerazioni. Ne sono comunque orgoglioso, oltre che meravigliato, e ne sono estremamente grato all'autore.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Ringrazio Pasqualino e Carla per i loro complimenti fin troppo generosi. E sono particolarmente grato a Nazario per essersi speso tanto per me, non solo ora e in tutti i sensi.
RispondiEliminaPasquale Balestriere
Quando ho scritto i miei ringraziamenti, il gradito messaggio di Franco attendeva il via libera per la visibilità e la lettura. Perciò ora lo ringrazio di cuore per le amichevoli e preziose parole; e insieme gli garantisco che tutti gli autori presenti nel libro hanno - a mio parere - pieno diritto di cittadinanza in quella piccola polis culturale che è "Assaggi critici".
RispondiEliminaCon buona pace di chi dovesse pensarla diversamente;
perché il fatto che molti di essi siano miei amici non ha costituito titolo di merito per quanto riguarda l'inclusione. Sono solo voci di degni testimoni di poesia. Anche altri, probabilmente, avrebbero meritato l'inserimento. Ma non ritenevo di averne adeguata conoscenza.
Pasquale Balestriere