Marisa Cossu, collaboratrice di Lèucade |
Poesie eleganti, meditate, i cui versi scorrono lisci come l’acqua di un ruscello alla sorgente. La perfezione metrica della Poetessa non confonda il lettore: qui tutto è energico, spontaneo, sincero, schietto. Niente di vincolante, di costrittivo, di riduttivo a scapito della libertà espositiva. E’ l’animo con tutte le sue impennate emotive a chiedere argini robusti per il suo aveu. E li trova nell’autodisciplina dei significati: nel soffio di immemori marine, nella libertà di un cardellino, nel sapore della magica bellezza, nel canto sciabordante delle fontane, o nei dolori che gonfiano e muovono l'onda.
Dieci
poesie di una silloge di urgente resa
introspettiva. Vario è l’articolato linguistico, vari gli schemi
dell’architettura metrica, polivalenti e
proteiformi i momenti ispirativi, le chiavi interpretative: dalla motivazione
esistenzialista, alla psicanalitica, a quella
naturalistica. Ogni scena, ogni fatto storico, ogni elemento panico,
ogni fruscio di sole o di vento si fa occasione concretizzante per la Cossu;
Ella fa di ogni fatto una nota da collocare sullo spartito della sua romanza; e
come negli intermezzi dei grandi musicisti il processo della melodia varia, si
adegua alle esplosioni degli stati emotivi. Da lì l’endecasillabo, il
settenario, il novenario; la strofe saffica, il sonetto elisabettiano… Una vera
maestria nel creare, nell’intuire, nel giocare con le misure, frutto di una
spontaneità creativa sostanziata da anni di studio; di ricerca di uno specchio
in cui la poetessa possa riflettersi per scoprire se stessa nel tempo che, implacabile, tutto fagocita e
consuma senza riposo:
Cammina
il tempo, né mai si riposa.
Il
mondo muta, tutto giunge a quiete,
cadono
stelle e l’ombra di ogni cosa
segue
la scia di flebili comete…
Nazario
Pardini
Poesie inedite di
Marisa Cossu
(collaboratrice di
Lèucade)
1.
E ti posai
2.
Il cardellino
3.
Vincent Van Gogh
4.
Roma
5.
La processione
6.
Siamo nuvole
7.
Dimmi, Poeta
8.
Cammina il tempo
9.
Andromaca
10
Metamorfosi
E ti posai
(sonetto)
ABAB ABAB CDE EDC
E ti posai come reciso fiore
nel seno primitivo di un ricordo
dove l’oblio trattiene ciò che muore,
vi giace con un male acuto e sordo.
Per giorni e notti vo traendo cuore
da quelle spine conficcate al bordo
di sogni e di speranze; ma il dolore
è mare di relitti. Sempre ingordo,
muove la rosa alla scavata meta
con gli sgualciti petali, al dolciastro
profumo del passato. Ecco la fine:
un soffio verso immemori marine
là dove pulsa fioca luce d’astro
e, sazio, anche il patire poi si cheta.
Il cardellino
( strofa alcmania)
Libero, un cardellino, sfuggito alla triste
prigione
tremando si leva nel sole:
nella gabbia cantava, sognando canzoni di
vento,
che a volte bussava alla porta;
a sera un drappo nero, calava il
sipario sul giorno
e cupo spegneva la luce.
Tenda priva di stelle, finita visione del
mondo,
sembrava la notte improvvisa,
prima del tramontare del sole accecava
la vita.
La luce del giorno fa male
e la stella mai vista non ama le piume
leggere,
l’antica ambizione del volo:
la fuga è un inganno, tormento sottile
ma vano
- è meglio restare nell’ombra,
qui si può riposare nel cavo di un
tenue lamento-
Inutile forse sognare.
Vincent Van Gogh
(acrostico)
(Pensando alla “Notte stellata”)
Vanno le stelle lungo
I veli della notte.
Nuove galassie brillano serene,
Cento e poi mille fiamme
Entrano in quei vortici dipinti;
Nulla si ferma nel giro delle luci
Tra le strade celesti
Velate dal tremolio dell’attesa.
Anche il mio sguardo, perso nel
chiarore,
Naviga nell’immenso
Giocando con la polvere stellare
Ovunque sparsa e viva.
Giace quieta la notte:
Ha sapore di magica bellezza.
Roma
(sonetto elisabettiano)
Mi sfiora dolcemente il Ponentino:
e vado lungo i muri della sera
calda e felice per un po’ di vino
e la carezza della primavera.
E non s’ode rumore per la strada
che batte il Lungotevere dell’Armi
dove si sosta prima che già cada
quest’aria di allegria; voglio cantarmi
uno stornello antico, i desideri.
Sto bene qui, guardando questa riva
che rimemora il mito tra i pensieri
in un momento che mi rende viva.
Mentre le stelle brillano lontane,
canta lo sciabordio delle fontane.
La processione
(strofe saffica)
L’Addolorata va cercando il figlio,
il fazzoletto in mano, il cuor trafitto
da ferrea spada, cupo il suo cipiglio,
l’animo afflitto.
Nera la veste nel finir del giorno,
rosso il tramonto tra candele accese,
gli occhi perduti verso quel ritorno,
le mani tese.
Madre dolente spoglia di corona,
il figlio ti hanno appeso ad una croce
e il tuo patire tra la folla suona
con fioca voce.
Siamo nuvole
(acrostico)
Salgono chiare in cielo
I ridi senza volto
Accumulate in albe evanescenti.
Moriamo in quei silenzi
Ormai corpi spogliati,
Naufraghi nell’iperbole dell’io,
Ustionati dal sole,
Vuoti d’acqua che evapora nell’aria,
Orientati dal vento.
La lieve gravità
Esala un impalpabile respiro.
Dimmi, Poeta
(idillio)
Dimmi, Poeta, che cosa sarà
dei colori d’autunno,
dei rarefatti squarci di sereno
che si affacciano ai rami del pineto,
che cosa esiste dietro quel confine,
dove lasciamo spoglie le sembianze
del tronco che ci accoglie.
E dell’amore, dimmi, che divampa
col sole e poi s’adombra
all’apparir del vero,
quando sospinge un refolo di vento
le prime foglie e già vanno gli uccelli
verso l’altrove fatto di parole.
Dimmi, Poeta; dopo questo cielo
forse cadrà una notte che tu solo
già scrivi nei tuoi fogli,
e vi disegni gocce
di memoria.
E di te, dei tuoi sogni visionari,
che cosa lasci adesso
che il tuo foglio è già scritto
e consumate sillabe di niente
chiudono stanche, tutte le domande.
Cammina il tempo
(sonetto)
ABAB ABAB CDE EDC
Cammina il tempo, né mai si riposa.
Il mondo muta, tutto giunge a quiete,
cadono stelle e l’ombra di ogni cosa
segue la scia di flebili comete;
trascolorano i cieli in silenziosa
concava notte, dove senza rete
affonda l’esistenza già corrosa
e si discioglie in lacrime segrete.
Dove sarà la trepida speranza,
avrà pietà l’Eterno che ci attende
nell’infinita vastità del cielo;
ma non vedremo che in un tenue velo
la luce che per noi qualcuno accende
da quella insuperabile distanza.
Andromaca
(acrostico)
Ardente sabbia bacia i tuoi calzari:
Nel fragore del mare cade il pianto
Di un dolore che gonfia e muove l'onda.
Ruba l'amato a te gelida morte
Ora che avanza fulgido lo scudo
Minaccioso del greco invitto Achille.
Ahi! dolce sposa, presaga del lutto,
Cogli l'amore nell'abbraccio estremo,
Ama questo momento d'infinito.
Metamorfosi
(sonetto caudato)
ABBA ABBA CDE EDC cFF
È freddo il
cuore più della silente
notte
dipinta da soffi leggeri;
passa il
fantasma di bianchi velieri,
nel buio si
dissolve lentamente.
E guardo da
lontano, dal mio niente
accovacciato
in oscuri pensieri,
la cavalcata
dei bianchi misteri,
nell’onda che riveste l’apparente;
forse, da
neve nata, sono stella
caduta tra
le pietre della storia
e cerco il
senso del mutare forma
nella corsa
del tempo che trasforma
l’uomo in un
quanto, semplice memoria:
né nulla, né
materia, ma fiammella,
minima
particella
pulsante
nella volta sconosciuta
e non sa in
quale nome sia vissuta.
Grazie di cuore, carissimo Nazario, per la bellissima nota che indaga con perizia e grande umanità il mio dire poetico. Ricevi gli auguri pasquali per te e la tua famiglia.
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