sabato 20 aprile 2019

ESTER CECERE LEGGE: "L'AFRICA C'EST CHIC" DI MICHELANGELO BARTOLO







Ester Cecere,
collaboratrice di Lèucade


“L’Afrique c’est chic. Diario di viaggio di un medico euro-africano” di Michelangelo Bartolo. Infinito Edizioni, 2018.
“Per compiere grandi passi, non dobbiamo solo agire, ma anche sognare, non solo pianificare, ma anche credere” Anatole France

 “Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore” Italo Calvino
Desidero iniziare questa mia lettura critica con le suddette citazioni e, leggendo, se ne comprenderà facilmente il perché.
In questo libro-diario, attraverso una serie di racconti, alcuni dei quali tra loro collegati, Michelangelo Bartolo riporta alcune sue esperienze vissute in diversi paesi dell’Africa centrale, dove si è recato come medico impegnato in missioni umanitarie nell’ambito del programma Dream della Comunità di Sant'Egidio. In particolare, nel racconto che narra la storia di Salimu, bambino in cura in un centro sanitario in Tanzania, ci riferisce di com’è nata in lui l’idea di realizzare una piattaforma di telemedicina che consentisse un servizio di teleconsulto medico, gratuito e multidisciplinare, avvalendosi di un pool di specialisti in diverse branche della medicina.
Ecco che trova spazio la citazione di Anatole France. In seguito a quella esperienza, infatti, Michelangelo sogna di poter realizzare, attraverso il web, un ponte tra il nord e il sud del mondo che possa offrire consigli diagnostici e terapeutici. Sogna ma il suo non è un fantasticare a occhi aperti, uno sterile illudersi. Crede che l’intuizione che ha avuto sia effettivamente realizzabile e comincia a pianificare, a coinvolgere altri “visionari” come lui, medici e tecnici informatici. E, contro ogni aspettativa, il sogno si realizza. Nasce la onlus Global Health Telemedicine con trentuno centri sanitari installati in ben dodici paesi africani, che in pochi anni hanno realizzato quasi ottomila teleconsulti grazie alla collaborazione di oltre centocinquanta medici volontari italiani appartenenti a ben diciotto specializzazioni mediche differenti.
Questi i fatti ma torniamo alla narrazione che ci offre istantanee di vita in diversi paesi africani e anche in Italia attraverso le quali sono evidenziati atteggiamenti, comportamenti, risposte alle varie situazioni di fronte alle quali la vita ci pone. Eccone un esempio: “Ogni volta che propongo a un collega di aiutarmi, puntualizzo subito che con me, da un punto di vista economico non solo non si guadagna, ma spesso ci si rimette pure. La cosa sorprendente è che questa affermazione non spaventa affatto”. Ci si trova quasi impreparati di fronte a queste parole che aprono alla speranza in un’epoca, l’attuale, caratterizzata da indifferenza, assuefazione all’altrui sofferenza se non, addirittura, dal razzismo sensu lato e ci mostra come effettivamente il male faccia più notizia del bene…
E ci parla, l’Autore, con semplicità, con garbo, senza enfasi, senza retorica del piccolo “Salimu Mtembe, nove anni, HIV positivo… lo sguardo sempre esageratamente sorridente”, di Lazzaro, con la febbre altissima, che non piange, non si lamenta perché se non c’è nessuno che ti ascolta non ha senso lamentarsi, se nessuno ti può aiutare non serve a niente piangere. E da padre, questa volta, non da medico, non può non pensare alle attenzioni di cui gode, al contrario, il suo figlioletto. E ci mostra bambini di strada abituati all’indifferenza di molti, allontanati, esposti alla violenza, agli abusi, all’illegalità che “lavorano” nelle discariche, proteggendosi per quanto possibile da tagli e abrasioni con lunghe calze, che timidamente chiedono per la loro scuola quaderni, libri, matite e pennarelli. E istintivamente, prevenendo quasi il lettore, pensa a quali sarebbero le richieste dei coetanei italiani, mostrando la distanza non solo geografica che c’è.
Lo scopo di Michelangelo non è quello di suscitare nel lettore sensi di colpa (che pure sarebbero più che motivati!) ma di presentargli una realtà che ignora e sulla quale non si sofferma, anche se i mass media di tanto in tanto la portano alla sua attenzione.
C’è leggerezza, appunto, nel suo narrare mai superficialità (ricordiamo l’affermazione di Italo Calvino), dacché l’Autore quelle esperienze le ha vissute in prima persona e non può non averle tatuate nell’animo. Quelle esperienze che gli hanno permesso di capire che troppo spesso si fanno facili semplificazioni cercando subito di etichettare e dividere i buoni dai cattivi e che la guerra è sempre la madre di tutte le povertà, miserie, sofferenze, e da medico, precisa, anche di molte malattie. E bonariamente ci ammonisce perché dovremmo ringraziare di essere nati dalla parte “giusta” del pianeta, così come ha avuto modo di realizzare egli stesso osservando la discarica dall’alto del monterozzo di immondizia.
Eppure non manca di considerare e di portare all’attenzione del lettore la spiritualità autentica nella quale trasporta la polifonia dei canti africani, intonati durante la messa dai detenuti il cui sorriso è autentico. E si chiede e ci chiede: Forse si può essere felici con niente? Interrogativo al quale noi occidentali non dovremmo sottrarci!
E’ un libro “leggero” si è detto non “superficiale”, come ha anche evidenziato Andrea Camilleri nella sua profonda nota. Infatti, l’Autore sottolinea come ci sia bisogno di artigiani della pace e come in realtà essi esistano quando ci parla della Piattaforma interreligiosa della pace fondata nella repubblica centrafricana da un cardinale cattolico, dal presidente dell’alleanza evangelica e dal presidente del consiglio islamico centrafricano per limitare le atrocità della guerra civile. L’Autore ci mostra, quindi, un’altra realtà a cui non pensiamo, abituati come siamo a identificare le religioni con gli attentati, i genocidi, la morte…
Ci svela, Michelangelo, come il suo coinvolgimento con la repubblica centrafricana sia nato dall’incontro con due persone deboli e avanti negli anni, e considera che nessuno è così debole, malato, malandato da non poter collaborare in modo diverso… e che anche un piccolo aiuto, inutile dirlo, fa la differenza.
E da “angiologo pentito”, come scherzando si definisce, esprime concetti degni del più grande dei pensatori, del più fervente dei religiosi: “Mi piace pensare che i gesti di attenzione che Lazzaro ha ricevuto, in vario modo e da diverse persone, ora li restituisca ad altri piccoli attraverso il suo impegno. Altro non è che una trasmissione del bene che si contagia e trasmette in modo misterioso di mano in mano, di volto in volto, di sorriso in sorriso”. Ci mette in guardia, Michelangelo, dal “peccato di omissione”, diffuso, tipico del nostro tempo, ben più pesante di molte altre colpe che qualcuno ritiene gravissime. Non fare quel poco di bene che si potrebbe fare.
Elogia internet, che permette di creare una breccia nei muri, costruire ponti, superare le frontiere. “Non ci si salva da soli e tanto meno alzando muri, barriere e divisioni” afferma, in netta e decisa antitesi con la politica attuale del nostro paese nei riguardi dei migranti. Non si tratta, tuttavia, di un castigat ridendo mores, ché l’Autore non intende rimproverare nessuno, semmai raccogliere proseliti.
Un libro che tutti dovrebbero leggere, giovani e meno giovani, perché fa riflettere divertendo, provoca intrattenendo.
Non si pensi, tuttavia, che Michelangelo, che vuole essere chiamato Michele poiché ritiene il suo vero nome tropo impegnativo, sia serioso, poco incline allo scherzo, dacché di sé scrive: “…Tra qualche informatore farmaceutico sul mio cognome ha iniziato a girare una battuta che, se da una parte esaltava la professionalità di mio padre, dall’altra non faceva esattamente lo stesso con la mia: si dice che mio padre abbia fondato l’angiologia in Italia e che io l’abbia affondata. Tutta invidia”. Torna la leggerezza, caratterizzata da simpaticissima autoironia. 
Desidero concludere con le sue parole: “Grazie a quello sguardo provocante (di Salimu) e a quell’idea di realizzare una cosa impossibile, oggi migliaia di donne, uomini e bambini usufruiscono del servizio di telemedicina… Bisogna solo avere la pazienza o forse… quel pizzico di pazzia, per mettere insieme persone che, anche se non s’incontreranno mai, potranno compiere, anche a distanza, magari con un teleconsulto grandi opere”.
Del resto, il filoso Bertrand Russel, insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1950affermava “Gli ingenui non sapevano che l’impresa era impossibile, dunque la fecero”.

ESTER CECERE INTERVISTA:

http://www.fattitaliani.it/2019/04/ester-cecere-scrittrice-poetessa-e.html?fbclid=IwAR3IxIUwX5sB-KG5t-3ArP-OS1K4GR0Oaky5yHy4tljvtQ3tJDaF9ObjqiE


6 commenti:

  1. Questa tua è una bella presentazione, cara Ester, e non solo dal punto di vista letterario, ma soprattutto per quanto "racconta" e commenta, di un libro che si intuisce di notevole interesse, per il messaggio di profonda umanità che trasmette ,come dici tu, in modo leggero.
    Leggo qualche espressione che mi colpisce: " una trasmissione del bene che ci contagia..." e "Non ci si salva da soli e tanto meno alzando muri, barriere e divisioni." Sono parole su cui è bene per tutti meditare . Grazie e complimenti per te e per l'Autore.
    Edda Conte.

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  2. Carissima Edda, grazie per l'attenzione che riservi sempre a quanto scrivo. Il libro, per i messaggi che trasmette, merita di essere letto. L'Autore, nella sua semplicità, è una persona eccezionale. Colgo l'occasione per ringraziare il carissimo Nazario che mi "ospita sulla sua isola" sempre con grande affetto.
    Ester Cecere

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  3. Cara Ester, mi avevi pre-annunciato che avresti fatto una recensione del mio libro ma hai fatto un'analisi del testo e dei contenuti che mi fanno quasi arrossire. Grazie per la passione e per le citazioni quasi esagerate che, tra l'altro, aiutano anche me a comprendere meglio ciò che ho scritto. Raccontare ciò che si è vissuto, cercare di spiegare, comprendere la complessità del mondo, insinuare qualche dubbio in chi ha facili giudizi e sa sempre da che parte sono i buoni, di chi è la colpa ecc ecc, è forse uno dei motivi per il quale mi diletto a scrivere. Federico Rampini, giornalista e saggista, in un suo libro "Il tradimento" afferma (cito a memoria): "Le società che sono in ascesa costruiscono strade, quelle in declino costruiscono muri". Mi chiedo se con tutti questi muri che si stanno moltiplicando stiamo anche noi iniziando il nostro declino. Grazie Ester dei tuoi commenti. Michelangelo Bartolo

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  4. Grazie Rita delle tue parole. In verità, desidero precisare che il commento critico è fluito con rapidità e spontaneità, poiché il libro mi è piaciuto davvero e merita! A Michelangelo rispondo che le citazioni non sono esagerate; avvalorano la mia recensione e le sue testimonianze.
    Ester Cecere

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  5. Naturalmente non posso commentare il libro, anche se l'ho avuto fra le mani, essendo Michelangelo Bartolo uno degli autori che ha partecipato e vinto al Premio "La girandola delle parole", concorso da me ideato e organizzato dalla Pro Loco Limbiate. Ho tenuto il libro per me perchè voglio leggerlo, anche se mi ero già accorta della sua preziosità. Sottolineo invece il "commento" alla recensione dello stesso di Ester Cecere, che non solo ha letto minuziosamente il libro, ma ha valorizzato le parole e le emozioni in esso contenute. Un grande elogio va sicuramente a Michelangelo Bartolo, ma Ester bravissima, ha saputo cogliere il senso profondo e il grande valore del tema trattato nel romanzo.
    Rita Iacomino

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  6. Bella recensione che evidenzia come peccare di omissioni possa impedire la trasmissione del bene. Grazie Ester per averci fatto scoprire che esistono persone come Michelangelo Bartolo che sono portatori sani di speranza per un mondo più solidale

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